Ho visto
Naomi Osaka, una miniserie in tre episodi su una tennista afro-giapponese di cui, al momento, non mi sovviene il nome.
Come saprà chi ha seguito le vicende della Osaka* all'ultimo Roland Garros, non si può dire che sia la tennista più estroversa del pianeta, diciamo. E infatti, la serie verte molto sulla sua personalità, e sulla sua vita fuori dal campo, oltre che sulle prestazioni in campo vere e proprie.
*Ok, per linguaggio inclusivo non si deve usare "la", ma non rompete i coglioni, inclusivamente parlando.
Ora, devo dire che questa personaggia** mi piace molto. È una ragazzotta candida, sincera, che ci tiene, che non ti sorride manco per il cazzo, ma una birra te la berresti con lei. Inoltre, gli eventi si svolgono più o meno a cavallo tra due sue importanti vittorie, in cui nel resto del mondo succede all'incirca di tutto: l'incidente di Kobe, George Floyd, la sparatoria della sinagoga di Pittsburgh, gli incendi in Australia, la pandemia. Insomma, per scrutare nella vita di una ventiduenne materiale ce n'è, e pure parecchio.
**"Personaggia" è inclusivo, no? Oh, ma chi se ne frega...
In conclusione, il doc mi è piuttostamente piaciuto. Non è il classico documentario sportivo, s'intende, ma in una scala da "
Sono Cristiano Ronaldo e ti mostro il mio grosso pisello" a "
Sono Mario Balotelli e la mia carriera non è andata proprio proprio come doveva", si attesta all'incirca su "
Tra un dritto e un rovescio ho una mezza voglia di piangere". Ci sta.
Anche questo, direi che
#vedevatevelo.
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