Autore Topic: Il documentario che sto vedendo  (Letto 61663 volte)

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Offline rule_z

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #15 il: 02 Mag 2018, 13:34 »
E' diviso in tre parti (corrispondenti a nord / centro / sud) del jap, è un documentario prettamente naturalistico quindi tanti animali (ed il loro rapporto con gli essere umani) e tanti bei posti.

Offline Dr. Benway

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #16 il: 02 Mag 2018, 13:46 »
Lo consiglio anche io.

Il commento audio è veramente inconsistente: solo banalità e frasi fatte a ripetizione, e poche poche informazioni interessanti (almeno in inglese). Però la fotografia è fantastica e le immagini sono meravigliose.
"Eheu fugaces labuntur anni" Orazio

Offline Ivan F.

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #17 il: 27 Giu 2018, 16:53 »
Winning (2017) di Jacqueline Joseph
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Diversamente da quanto suggerisce il nome, Winning è un documentario sportivo che perde. Ah!
Eppure, il format sembrava vincente (o almeno pareggiante): cinque atleti che hanno fatto la storia (e che atleti!) raccontano cosa significhi per loro il concetto di vittoria (e beccatevi anche la rima!).
Cinque interviste da salotto che si alternano con la palese intenzione di non rompere le palle. Ma ci riescono? Questo ve lo spiego dopo. Prima voglio elencare gli atleti, nel mio personalissimo ordine di preferenza...

Edwin Moses, ostacolista. Uno degli uomini più eleganti che abbiano calcato le piste. Che ci racconta com’è stato difficile iniziare da diversamente bianco e come ancora oggi gli roda il culo per Mosca 1980.
Nadia Comaneci, ginnasta. Una delle bambine che è stata di più in TV prima di Non è la Rai. Che ci racconta cosa vuol dire prendere 10 alle Olimpiadi quando l’amiche sua manco pijavano 7 in condotta.
Martina Navratilova, tennista. Una delle donne più diversamente attraenti ad aver calcato i campi. Che ci racconta come si scappa dalla Cecoslovacchia, cosa significa essere lesbiche negli Stati Uniti e ora abbassa lo sguardo, ciccio, o ti smonto quella testa fottuta.
Jack Nicklaus, golfista. Dev’essere capitato negli studi per sbaglio. Il golf è uno sport? No. Di lui possiamo dire che è grasso. E che, nonostante tirasse palline in una buca, ci crede ancora oggi durissimo. Ma vai a cagare, Nicklaus.
Esther Vergeer, tennista su sedia a rotelle. Che avrà anche vinto qualcosa come un mijardo di partite di fila, ma non mi toglierete dalla testa che il politicamente corretto ha scassato la uallera. Con tutto il rispetto.

E quindi? Quindi il documentario, nonostante tre atleti di interesse, non funziona. Non funziona perché qualsiasi narrazione non fa in tempo a “entrare”, che inizia lo spezzone con un altro atleta. Non funziona perché chi fa le domande è ispirato come un poeta belga. Non funziona perché, anche se la Comaneci e la Navratilova ci provano, a far capire cosa significa “vincere” per una persona che è nata per vincere, il regista non riesce a dare forza a nulla. A questo punto, tanto vale guardare Nicklaus che si scappera.

Bottom line: A volte non è facile nemmeno vincere facile.

Voto: due palle (corte) su cinque
« Ultima modifica: 29 Giu 2018, 17:28 da Ivan F. »
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Offline Ivan F.

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #18 il: 29 Giu 2018, 17:24 »
Mission Control: The Unsung Heroes of Apollo (2017) di David Fairhead
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La storia vera dei tecnici della NASA, ovvero quei nerd che indossano grosse cuffie finte nella sala di controllo mentre l’astronauta sta lì fuori a prendersi i riflettori. O esplodere. Sottotitolo: come ti mando un SUV spaziale sulla Luna con qualche litro di petrolio e un Commodore 64. Sotto-sottotitolo: MacGyver, top that, motherfucker!

Forse non molti riflettono sul fatto che, il giorno che l’uomo arrivò per la prima volta sulla Luna, era il 1969. Il 1969, accidenti! In TV c’era ancora la prima serie di Star Trek, i Led Zeppelin pubblicavano il loro primo album e non si era ancora giocata Italia-Germania 4-3. Solo Freedom era già nato, s’intende, che lui è vecchio.

Questo documentario, da par suo, riesce a trasmettere perfettamente quella sensazione. E raccontando la storia della NASA, dall’Apollo 1 alle missioni più recenti, racconta le storie di gente normale. Vecchietti con due palle di marmo che ora si godono la pensione, ma che un giorno di 60 anni fa ricevettero una telefonata, magari appena usciti dall’Università: “Dobbiamo mandare un uomo sulla Luna, John”. E si sono chiesti: “Ok, come si fa?”.

Esatto, come si fa? Come si raggiunge un traguardo senza precedenti nella storia, pur sospinti da una nazione intera? Non esistono tecnici specializzati in questo campo. Non esistono docenti universitari della materia. Non ci sono libri. Nessuno l’ha mai fatto. Ma tutto il mondo ci crede. Ditemi se non è questa la materia di cui sono fatti i sogni.

Alla fine, tutto il documentario scorre via come una irripetibile epopea, sempre in perfetto equilibrio tra suggestioni spaziali, dettagli tecnici, storia dell’Uomo e storie di uomini. A quale miglior traguardo puoi ambire, da regista? Nessuno. E quindi, promosso.

Bottom line: Top that, 2001!

Voto: quattro palle (spaziali) su cinque
« Ultima modifica: 05 Lug 2018, 11:26 da Ivan F. »
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #19 il: 02 Lug 2018, 00:42 »
NOVA: Inside Einstein's Mind

Sono rimasto folgorato quanfo hanno risposto ad uno dei miei interrogativi di sempre: se il sole sparisse istantaneamente quanto ci metterebbe la terra ad accorgersene.

Poi finalmente ho capito cos'è l'orizzonte degli eventi. Non è un perimetro fisico. Cioè i buchi neri appaiono più grandi di quanto sono in realtá. Il nero parte dall'orizzonte degli eventi.

Altre cose che giá sapevo tipo che il tempo scorre più velicemente in prossimitá della massa.

Cose che non sapevo. Probabilmente Einstein ha avuto i semi della relativitá in quanto all'ufficio brevetti dove lavorava esaminava sistemi per la sincronizzazione degli orologi per i fusi orari appena introdotti.
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #20 il: 02 Lug 2018, 06:51 »
Grazie, messo in elenco di visione.

Questi documentari mi interessano, ma temo sempre possano essere una perdita di tempo perché mal scritti.

Se vedi American Experience: Tesla, mi risolvi il dubbio anche su quello  :whistle:
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #21 il: 02 Lug 2018, 09:38 »
L'ho visto quello su Tesla. Più incentrato sua sua biografia. L'arrivo negli usa, prima la  collaborazuone con Edison poi la concorrenza per l'appalto sull'illuminazione pubblica infine la lunga decadenza fino alla comparsa di un certo Marconi.

Ne avevo visto un altro in precedenza che entrava più nel dettaglio sulla concorrenza tra corrente continua e alternata.

Da vedere anche questo
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #22 il: 08 Lug 2018, 21:44 »
I doc di nova sono proprio belli.

Ho visto quello sulle batterie mi si è aperto un mondo.
Ora ho capito il perchè del litio e le strade che si stanno percorrendo per svilupparne di più potenti e soprattutto di più sicure (bucando una batteria a litio esplode ma spiega perchè a volte esplodono di loro sponte)
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #23 il: 09 Lug 2018, 10:30 »
How the Beatles Changed the World (2017) di Tom O'Dell
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Cosa dobbiamo farcene di un altro documentario sui Beatles, Paul? La domanda è lecita, considerato che, negli ultimi trent’anni, hanno girato documentari persino sui peli del culo di Ringo Starr. Eppure, questo ha sicuramente senso di esistere. Perché?

Perché How the Beatles Changed the World non parla dei Beatles, ma del fenomeno Beatles. E quindi non racconta (solo) di ragazzine che si strappano i capelli, ma esplora tutto il retroterra socio-culturale che ha permesso ai Beatles di imporsi. E che successivamente hanno contribuito a plasmare, con la loro musica e la loro immagine. Una gran rottura di palle, penserete.

In effetti, quest’ora e cinquanta di sociologi, psicologi e musicologi, non è una visione leggera. A metterla su carta, ne uscirebbe un libro degno di un esame universitario. Ma la narrazione è sempre dettata da immagini e musica che non si dimenticano, e sopratutto i concetti non sono mai banali o ridondanti. E alla fine, questo fa la differenza.

Per capire l’approccio, c’è un passaggio molto significativo, già nella prima parte. Un’esibizione dei Beatles davanti alla Regina d’Inghilterra. In quell’occasione, John Lennon aveva promesso ai suoi che avrebbe inveito al cospetto della regina, come per una forma di affermazione generazionale. Alla fine non lo fece, ma prima di un brano si rivolse al pubblico: "Ora vorrei chiedere a tutti voi di partecipare. Quelli seduti nei posti più economici, per favore, battano le mani. Tutti gli altri, possono agitare i gioelli". A quel punto, si ritrasse dal microfono con l’espressione di chi aveva disobbedito alla mamma. Su questa espressione si sofferma una delle analisi. Erano nati i Beatles. O meglio, il fenomeno Beatles.

Bottom line: It's been a hard doc's night.

Voto: tre palle e mezza (ma fabulous) su cinque
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #24 il: 15 Lug 2018, 15:23 »
La voce di Fantozzi (2017) di Mario Sesti
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Non è la storia di Fantozzi. E nemmeno di Paolo Villaggio. È un elogio del fantozzismo. Ovvero, un racconto dell’effetto dirompente che ha avuto la figura del ragioniere nel mondo dello spettacolo (e non solo) italiano.

Il documentario è quasi interamente basato su interviste, mai banali. Da Arbore a Banfi, Benigni, Costanzo, Fo, Parenti e Salce (figlio). Poi gli attori della serie, che raccontano Fantozzi ciascuno dagli occhi del proprio personaggio. Persino Cannavacciolo o lo stuntman storico di Paolo Villaggio. Ma soprattutto le interviste a Villaggio stesso, alcune struggenti, con lui che in vari momenti esce persino dal personaggio.

Notevoli gli spezzoni con lui che recita Fantozzi in sala di registrazione. Notevole l’aneddoto di Benigni con protagonista Alda Merini. Notevoli i racconti dei registi, o comunque dei tecnici, sulla genesi dei film. Valgono il prezzo del biglietto.

Il ritmo è compassato, soprattutto quando c’è la celebrazione del personaggio/persona piuttosto che l’approfondimento. Ma alla fine ti racconta un pezzo di storia con rispetto e competenza, e non è poco.

Bottom line: NON è una cagata pazzesca!

Voto: tre palle e qualcosa (ma clamorose) su cinque
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #25 il: 20 Lug 2018, 11:45 »
The China Hustle (2017) di Jed Rothstein
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Dopo la crisi dei subprime del 2006, Wall Street ha un problema: come si inventa un’altra truffa di alto profilo al sistema? Risposta: Beh, la Cina NON è vicina.

Molto brevemente. L’economia cinese mostra una (presunta) crescita a doppia cifra. Il paese è costellato di (presunte) società in espansione. Quotiamo queste società a Wall Street e convinciamo gli investitori a seguirci. Tutti vorranno salire sul carrozzone, no?

E funziona. Fin quando, ovviamente, qualcuno non decide di investigare e comincia a scoperchiare il pentolone cinese. Dietro le insegne, ci sono capannoni vuoti. Dietro i bilanci, ci sono le fiabe. Ma ormai è tardi. Tra i 20 e i 50 miliardi di dollari di investitori di strada evaporano. Ma nessuno, o quasi, pagherà.

The China Hustle spiega com’è potuto accadere. Racconta perché la Cina è il nuovo Far West. Ma soprattutto com’è stato possibile far funzionare tutto negli Stati Uniti. Cosa significano reverse merger e short selling. Perché gli organi di controllo non hanno potuto/voluto far nulla. È un “thriller”, come The Wolf of Wall Street, ma con la gente vera, molta con il fegato di fuori.

A un certo punto, un intervistato spiega: ora vi elenco le banche/società che fin qui sono state multate per condotta inappropriata. Questa, questa e quest’altra. Quanti sono andati in galera? Nessuno. E allora, chi se ne frega? Paghi e via verso la prossima “operazione”. La frode è solo una voce di budget.

Il resto lo lascio a voi. Non è sempre semplice stargli dietro, ma il ritmo è eccellente, gli intervistati fenomenali, e quando serve sa fermarsi per spiegarti cosa sta succedendo. E chissà cosa potrebbe aggiungere sull’argomento @Seppia ;)

Bottom line: Qualcuno ha detto Alibaba?

Voto: quattro palle (girate) su cinque
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Offline MaxxLegend

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #26 il: 20 Lug 2018, 12:10 »
Voto: quattro palle (girate) su cinque
:D :D
E pensa quelli che davvero c'hanno investito..  :no:
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #27 il: 20 Lug 2018, 12:43 »
Voto: quattro palle (girate) su cinque
:D :D
E pensa quelli che davvero c'hanno investito..  :no:
Quelli che ci hanno investito li tiene per le interviste finali.

Gente comune, che si è anche affidata ai consigli delle banche e ha perso i risparmi di una vita.
Anche colpa loro, intendiamoci, perché @Seppia ci insegna che ci sono dei criteri minimi per investire, ma brutte storie ugualmente.

Per varie volte, durante il documentario, il narratore rammenta comunque che la frode cinese non ha riguardato i massimi sistemi, ma i mom-and-pop investor. E alla fine fa vedere di chi sta parlando.

È un discorso complicato, perché l'intero apparato cinese ne esce con le ossa rotte, e non posso credere che tutto il Sistema Cina sia marcio a quel modo. Ma per la storia che deve raccontare, per quanto riguarda quel pezzo di mondo, non posso dire che il documentario sia sbilanciatissimo.
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Offline Dr. Benway

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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #28 il: 20 Lug 2018, 13:21 »
Wild Wild Country (6 puntate): all'inizio degli anni '80 Osho e i suoi seguaci (sannyasin) comprano un ranch di 64.000 acri vicino ad Antelope, una piccola cittadina dell'Oregon, con lo scopo di fondare la loro nuova comune. Gli abitanti del posto, però, non vedono di buon occhio questi nuovi vicini imbevuti di ideali new age e sostenitori del sesso libero, e cercano in tutti i modi di ostacolarne i progetti. I sannyasin a loro volta si difendono usando qualsiasi mezzo, legale o illegale che sia, scatenando una faida che durerà diversi anni.

La vicenda è appassionante e ricca di colpi di scena, e le sei puntate che formano il documentario sono ricche di interviste con i protagonisti e di filmati dell'epoca. La quantità di materiale video, in particolare, lascia a bocca aperta: si ha l'impressione che i creatori abbiano avuto a disposizione una riserva enorme a cui attingere, tanto che praticamene ogni fatto narrato è corredato da documentazione video.

È un peccato che la serie è si concentri sui rapporti tra le redneck e sannyasin senza soffermarsi particolarmente su quello che succede nella comune; sarebbe stato interessante sapere più nel dettaglio la vita quotidiana dei seguaci di Osho. Ma forse non era possibile dilungarsi ulteriormente, visto che già così il documentario dura quasi sei ore.

Un'altra cosa che mi ha lasciato perplesso è la decisione di non torchiare un po' di più certi intervistati, considerando la gravità delle azioni di cui sono colpevoli.

Tutto sommato, comunque, il documentario rimane caldamente consigliato.
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Re: Il documentario che sto vedendo
« Risposta #29 il: 20 Lug 2018, 13:29 »
Grazie, @Dr. Benway!

Mi sembra che @Giobbi abbia parlato di questo documentario in chat, ma non so se l’aveva visto interamente.

Personalmente l’avevo già inquadrato, ma tendo a evitare i documentari a puntate, considerato lo scarso tempo a disposizione. Peccato che Netflix, ultimamente, si stia buttando a pesce su questo genere, immagino per massimizzare le ore di contenuto prodotto in rapporto al tempo di riprese.

Tra i documentari a stagioni credo di aver visto solo Making a Murderer, che peraltro consiglio.
Una storia surreale, che magari si trascina sul finale, ma che ha un paio di colpi di scena notevoli.
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