Naturalmente su
Raiplay ci sono anche i documentari, e che documentari!
Per esempio c’é quel capolavoro (si, qui non é una parola sprecata) di
Bob Dylan - Dont Look Back (1967, sceneggiato e diretto dal documentarista statunitense D. A. Pennebaker).
Il succo del film é semplice: seguire passo passo il Nostro e il suo entourage (tra cui Joan Baez, per dire) nel tour del ‘65 in Inghilterra per 2 settimane.
E quello che filma Pennebaker sono veramente pillole di eternità: vedere Dylan che ride con Alan Price (che aveva appena lasciato il gruppo musicale The Animals), litiga con uno studente di scienze, Terry Ellis, futuro manager e cofondatore della casa discografica Chrysalis Records, si incazza con un giornalista del Time, urla, suona, legge i giornali in giro per il Regno Unito é capire veramente che cosa stava succedendo dal ‘64 al ‘69.
Dylan e i suoi, dall’America, si confrontavano e a volte scontravano con un mondo ancora ancorato ad un certo passato (l’incontro con la "moglie dell'alto ufficiale, futura sindaco di Londra, con i figli che si chiamano David, Stephen e Stephen" ha dello straordinario), essendo visibilmente almeno 10 anni avanti.
Oppure vedere che alla fine già esistevano certi atti di fanatismo delle fan verso l'artista (quello che subisce Bieber oggi però è sicuramente moltiplicato al 200%), il gesto di aggiustarsi i capelli da parte di una fan appena avvistato l'idolo Dylan spiega tutto.
Altra figura che ho adorato é Albert Grossman, il manager di dylan, ai tempi già 40enne. Figura micidiale la sua, faccia pacciccona ma che ostinata a far valorizzare il suo pupillo Dylan, e unica persona che puó stare con lui nel camerino prima che inizia un concerto.
Questo non è un documentario da consigliare, ma da prescrivere tipo ricetta il medico.
