Lo avevo iniziato mesi fa,
Tunic (grazie, Game Pass), incuriosito dalla recensione di Nintendo Life.
E quasi subito mi aveva intrigato, più di tutto, il suo linguaggio cifrato. Tanto che, dopo qualche ora di gioco, non riuscendo a raccapezzarmi troppo su alcuni punti e faticando ad andare avanti, avevo preso carta e penna e mi ero messo, novello Champollion, a decifrare il tutto. E dopo due o tre giorni di tentativi, errori e conferme, ho avuto il mio personale momento "Je tiens l'affaire!", quando parole in inglese hanno cominciato ad affiorare da quei simboli.
Salvo poi, poco dopo, crollare di fronte alla spietata complessità del codice, ben più articolato di quanto sperassi dopo l'entusiasmo dei primi successi. È venuto il fatidico momento "Ma chi me lo fa fare?" e ho cercato una traduzione delle pagine di manuale fin lì trovate, scoprendo che... in realtà decifrarle non era così utile.
E allora, per chi fosse caduto nell'equivoco, è bene chiarire che no, i designer non hanno affatto sbagliato nell'inserire alcune frasi in lingua comprensibile in mezzo alle tante righe in codice. Non è affatto un compromesso a cui sono scesi per codardia, per paura che il giocatore medio (?) non capisse niente. Non è una scelta incoerente. Dovete capire che tutto, tutto, nel manuale di
Tunic, è frutto di una scelta lucida e coerente. Che le frasi in inglese sono il vostro fondamentale appiglio per capire come muovervi e l'indispensabile stele di Rosetta per chi volesse cimentarsi nella decifrazione del codice, ma che tutto il resto è spiegato per immagini e non ha bisogno delle parole. C'è un motivo preciso e facilmente intuibile se la spada è rappresentata col disegno di una spada e non con delle sillabe come tutto il resto. Ed è solo uno dei tantissimi esempi di come il gioco trasmetta informazioni in modo comprensibile senza usare le parole.
Ma torniamo al gioco. Me lo sono reso più difficile del necessario. La prima volta ho girato a vuoto per ore senza scudo perché, chissà come, non avevo visto una chiave che era lì in bella vista. Poi ho trovato lo scudo. E sono andato avanti, apprendendo un pezzetto per volta, con i tempi e i modi che il ritrovamento delle pagine del manuale scandisce in modo abbastanza omogeneo per ogni giocatore. Se non che, a un certo punto sono stato ovunque, arrivando persino in fondo alla cava con la forza della pura ostinazione, ma proprio non ho trovato il rampino. E non so dove sbattere la testa, e mi arrendo.
Passano dei mesi. Una sera sono con mio cugino, che ha finito
Tunic, e un nostro amico. Vogliamo mostrare
Tunic all'amico. Dico a mio cugino che non ho trovato il rampino e lui, in pochi minuti, mi fa vedere come raggiungere il luogo dov'è nascosto. Lancio un "oooooooohhhhhhh!!" disperato e maledico il vizio che
Tunic ha di nascondere le cose sfruttando la sua prospettiva isometrica. Ma ho l'indizio-chiave. Je tiens l'affaire, di nuovo. E così, pochi giorni fa, mi decido a ricominciare. E stavolta l'ho finito.
Comprendo i commenti di alcuni di voi. Il fatto è che
Tunic ha due anime, e benché una delle due sia preponderante, il gioco cerca di mantenere l'equilibrio tra il braccio e la mente in modo encomiabile, almeno fino a un certo punto ben preciso. È un action e un puzzle. Un vecchio Zelda legnoso ed elementare nella parte action, che naturalmente può non piacere (a me è piaciuta abbastanza, ma quella parry che cazpita voleva essere? Se uno si incaponisce a volerla davvero implementare nel suo combat, a quel punto tanto vale che si dedichi a giochi più action). La parte puzzle ha un'accessibilità non comune, merito di quanto detto prima: non essendo necessarie tante parole, gli enigmi può risolverli anche chi non ha mai saputo masticare roba come le avventure Sierra, o Myst.
Eppure, dopo quel certo punto, è innegabile che la componente d'azione passi in secondo piano. Anzi, a quel punto il gioco ti pone davanti a un bivio: lasci stare tutti gli enigmi rimasti e concludi come se fosse un action, ritrovandoti contro un boss finale severissimo di pura pattern recognition; oppure riponi la spada e lavori solo di cervello, rivedendo tutto quanto visto finora con un'ottica radicalmente nuova. La prima volta, avendo capito la scelta, ho optato per l'azione. E, non trovando il modo di recuperare uno dei miei power-up, ho provato il boss finale tra le 20 e le 30 volte, riuscendo anche a metterlo in ginocchio (ma poi... lol). Poi ho sbirciato come recuperare il potere mancante (come sempre, bastava guardare bene il manuale) e ho vinto.
A quel punto ho ricominciato tutto e ho deciso di provare l'altra strada. E, dopo alcune sconvolgenti intuizioni, ho capito che
Tunic è un po' come
Toki Tori 2: potresti fare tutto fin dall'inizio...
se solo sapessi come. In realtà non è proprio come
TT2, perché in
Tunic qualche power-up è indispensabile per fare alcune cose; ma la meccanica principale del gioco è lì da subito, solo che non sai che ce l'hai. E quando la capisci, è la cosa più soddisfacente del gioco intero. Da lì, è solo questione di scoprire dove applicarla. E come sempre, è tutto lì su quel bellissimo manuale.
L'enigma della grande porta? Un certo indizio mi aveva messo sulla strada giusta, ma avevo frainteso che cosa cercare. Poi ho deciso di guardare la pagina da cui suggerisce di iniziare. Ed ero lì che dicevo "Ma che cazzo vuol dire, ma qui non c'è nient..."
TFP Link :: https://tenor.com/vxWT.gifE in dieci minuti ho capito tutto, tranne il penultimo indizio che è una genialata, ma mi ha creato un grosso problema.
È l'indizio di pagina 9, la pagina che parla dei dati di salvataggio. Come saprà chi ha risolto l'enigma,
bisogna tornare al menù principale e accedere alla pagina dei file di salvataggio: se ne troverà uno che non ci appartiene e, aprendolo, ci ritroveremo in una stanza altrimenti inaccessibile, dove si scopre l'ultimo pezzo del sentiero segreto.
Qual è stato il problema? Che, benché io avessi salvato prima di tornare al menù principale, per qualche motivo i dati non sono stati registrati. Così mi sono ritrovato a un salvataggio di 40 minuti prima. Per fortuna, sapendo già tutto, ci ho messo molto meno a recuperare gli oggetti persi.
A dirla tutta, non è stato l'enigma più difficile del gioco (benché sia nettamente il più bello). Due o tre non li avrei mai risolti senza aiuti:
1) Per la fatina del wind chime non sarei mai risalito alla sequenza di tasti, anche capendo l'enigma.
2) L'indizio che si ottiene bagnando la pagina 1 del manuale (omaggio a Star Tropics) non solo richiede di aver decifrato il linguaggio del gioco, ma anche una volta tradotto non ho assolutamente capito cosa voglia dire.
3) Benché non fosse così difficile, ho dovuto guardare come tornare alla Cattedrale di giorno.
L'enigmone finale-finale, per fortuna del tutto fine a sé stesso e ininfluente per il gioco, è fuori di capoccia e quando ho visto che cosa implicava, ho fatto dietrofront senza rimpianti. Ecco, è quel genere di roba per cui dobbiamo essere felici che i programmatori di
Tunic si occupino di giochi e non di governo.
Nonostante alcune cose troppo criptiche,
Tunic è un action-puzzle decisamente più accessibile di, che so,
La-Mulana. È interessante che non pochi di voi lo abbiano abbandonato per la rigidità e la scarsa varietà della componente action, prima ancora che per gli enigmi. Anche io mi sono un po' incacchiato in alcune battaglie, ma poi, sfruttando bene le armi secondarie, sono uscito anche dalle situazioni che sembravano più ostiche (il gauntlet della Cattedrale...
).
L'unica cosa non proprio riuscita, secondo me, è la lore: va bene che il gioco vuole evitare il più possibile le spiegazioni verbali, ma si intuisce poco e da quel poco non si ricava nulla di davvero comprensibile o soddisfacente.
L'appeal di un gioco simile si basa quasi tutto sulle continue epifanie che si hanno scoprendo i segreti racchiusi nel manuale. Una volta capito tutto, a livello puramente ludico è quasi deludente come, in ogni nuova partita, nulla ci impedisca di fare subito tutto ciò che abbiamo scoperto di poter fare solo dopo parecchie ore. A differenza di altri giochi affini, la componente action non è abbastanza soddisfacente da rendere altrettanto entusiasmanti le eventuali partite successive; il New Game+ aggiunge qualche nemico, ma non li potenzia (alleluia! Impara, Miyazaki), e in sostanza tanto vale ricominciare da zero.
Ma soggettivamente mi è piaciuto? Be', per tre o quattro giorni ho fatto le ore piccole e ho trascurato qualsiasi altra cosa che non fosse il lavoro. Come troppo spesso mi accade con giochi del genere, che sanno centellinare i piccoli successi in modo da invogliarmi a fare ancora un passetto più in là. E un altro... e un altro ancora.
Voto: ma lo sa che lei è proprio un bel volpino? / 10