Giocare a Starfield be like: essere nel cuore di una missione di quelle avventurose e cariche di ignoto, ma interromperla perché hai finito i digipick. Non servono per proseguire, ma sei preso così bene dalla situazione che vuoi andare in fondo a ogni possibilità offerta.
Dopo aver fatto praticamente pixel hunting della location, anche piuttosto ampia e articolata, senza che la cosa ti pesasse minimamente, perché sei preso bene e nel pieno della fotta, al punto che manco si è palesata, nemmeno per mezzo secondo, una vocina che prova a dirti "ma sì, fottitene, concludi lo stesso la missione che va benone anche così", accetti di buon grado di tornare alla prima cittadina che ti viene in mente per andarteli comprare.
E allora finisci su X.
Vai a colpo sicuro da un commerciante, ma non ne ha.
Pensi di rivolegerti a un altro, ma a differenza del primo non ti ricordi dov'è e nel tuo cominciare a perderti per le strade non lo stai incrociando e sulla mappa non è indicato, anche se eri già stato pure da lui. È un aspetto che sento maledire, ma che per cui io invece ringrazio. Sense of place +10 XP.
Allora parti per Y, dove c'è un centro urbano che conosci anche meglio.
Al momento di attraccare noti che la mappa interstellare ti dice che lì hai N quest in sospeso da ore*. Ne leggi la descrizione: un paio sembrerebbero robe di parlare e cavarsela velocemente. E allora why not? Affronti e porti a termine la prima, piuttosto ampress' ampress'. Vai a comprarti i benedetti digipick. Cominci l'altra secondaria, che ti apre una fetta inedita ed enorme dalla città.
SBAM! E mentre la affronti indugi, combini, esplori, fai pratica coi digipick [perché il mini-gioco a livello avanzato non è banalissimo] e ti ritrovi invischiato in una piccola ma succosissima vicenda personale di speranza e squallore, di quelle che "vedi come fa le cose CD Projekt?". In mezzo a due chiacchiere da bar, quattro cristiani che voglio affidarti altre missioni e un po' ti stanno tentando, 15 foto, 6 edifici che ti incuriosiscono e di cui magari in un paio di casi interrompi l'esplorazione perché sono più articolati e latori di cose da fare di quel che immaginavi.
Senza contare che nel frattempo hai livellato, sei stato lì a soppesare dove spendere il nuovo punto esperienza, mentre ti sei già messo in moto per farmare i requisiti per il prossimo.
Riesci comunque a trattenerti, tirando tutto sommato abbastanza dritto per la quest. La completi e scopri che la persona che ti ha dato un incarico estremamente accessorio, scollato da tutto e apparentemente autoconclusivo in realtà è un nuovo committente, pronto a chiederti se vuoi occuparti di altre faccende e approfondire certe nicchie dell'universo di gioco.
A quel punto era arrivato il momento di staccare, quindi lì per lì "no, grazie, fai come se avessi accettato, saluti a casa, sì certo, anche a te e famiglia".
Ma non ho la più pallida idea di cosa succederà la prossima volta che rimetterò su il gioco. Non do affatto per scontato che mi fionderò, finalmente, a proseguire la missione avventurosa e carica di ignoto che avevo lasciato là, anziché farmi trascinare da questa nuovo torrente di robe da fare. O Todd Howard solo sa cos'altro.
Suppongo che non ci sia nulla di davvero nuovo in tutto questo, che un esatto effetto del genere li facciano tutti gli open world Bethesda. Ma è la prima volta che un suo titolo non mi fa rimpiangere il tempo che gli sto dedicando quando non addirittura sentirmi insultato nella mia dignità di giocatore a causa della per me insostenibile sciatteria/rottezza di certe caratteristiche.
Peraltro stilisticamente non vede col binocolo Mass Effect e nemmeno Cyperpunk.
Ma riflettendoci un attimo la trovo una maniera incorretta di descrivere le cose.
Diciamo che non può vantare un appeal estetico capace di corrispondere così immediatamente al mio gusto, ma in realtà di cartucce in questo senso ne tira fuori parecchie. Inserite in una varietà senza pari, in cui nel mezzo, per carità, c'è anche tanto di brutto e tanto di mediocre.
Dove mi sta dicendo poco è sul fronte musicale.
È un lavoro sicuramente di alto profilo, e ci sono brani che ti entrano sottopelle e continuano a lavorare dentro di te, ma nel complesso lo trovo un comparto eccessivamente safe ed underwelming.
In un'annata in cui abbiamo avuto tanti begli exploit in questo ambito per me non ha proprio speranza di farsi ricordare.
Ho dimenticato di riportare che parte del mio tempo, ultimamente, lo sto buttando appresso al fattore fashion, che insomma oltre alle scontate tute spaziali rivela parecchia cura anche riguardo i vestitini, alcuni dei quali proprio irresistibili.
Toh, va che roba, i Don Johnson e Philip Michael Thomas del 24esimo secolo:
Ed era esteticamente figo pure il nemico che stavamo affrontando, ma in quel vicoletto non c'era assolutamente spazio di manovra per una foto a tre. O noi o lui.
*sicuramente più utile del questlog per capire a quale cazzo di pianeti corrisponderebbero missioni e incarichi