Il discorso è un po' più complesso. La lingua degli alieni è tale proprio perchè figlia di una comprensione differente delle leggi universali, il linguaggio nasce sempre dopo l'esperienza diretta del mondo, e ne diventa il mezzo di espressione e descrizione (la parola alfabeto in ebraico (AlephBeit) significa "Casa delle idee" (da Beit viene poi baita per esempio).
E' ovvio poi che nell'incontro tra due specie così differenti sia il linguaggio il primo mezzo di contatto possibile, e tramite esso avviene l'illuminazione sul reale significato di spazio-tempo.
Questo ha consentito inoltre agli sceneggiatori di inserire nel film ulteriori stratificazioni tematiche, come i conflitti tra nazioni generati proprio dalla diversità di linguaggio e dunque di concezione del mondo, e la necessità forse ventilata di un ritorno ad un linguaggio unico e circolare, rispetto all'unidirezionalità di quelli odierni (da destra a sinistra, da sinistra a destra, dall'alto in basso...) che suggerisce sempre una risoluzione tramite la contrapposizione di forze/direzioni.
"Il futuro è scritto nelle stelle" assume così pieno significato, ma è un discorso che altri hanno saputo sviluppare molto meglio di me, come scrivo in un mio precedente post che secondo me riassume la pellicola molto ben, pur non parlando, apparentemente e nello specifico, di essa: ""I nostri progenitori costruirono la loro idea del mondo partendo da un'idea che oggi definiremmo geocentrica, e arrivarono a conclusioni speculative circa il destino dell'anima in seno ad un cosmo in cui ancora oggi si trovano intrecciate l'attuale geografia e la scienza dei cieli.[...]Il loro edificio poggia su una concezione del tempo diversissima da quella moderna, che è metrica, lineare, monotona. L'universo di allora non poteva avere nulla in comune con il nostro, derivato com'era dalla rivoluzione apparente degli astri, dalla pura cinematica.[...]
Il Tempo Cosmologico, la "danza delle stelle", come lo chiamava Platone, non era semplice misura angolare, un ricettacolo vuoto, com'è diventato ora, per contenere la cosiddetta storia, cioè quelle soprese paurose e senza senso che la gente si è rassegnata a chiamare fait accompli, si pensava che esso fosse abbastanza possente da esercitare un controllo inflessibile sugli eventi, plasmandoli alle proprie sequenze in un sistema cosmico dove passato e futuro si chiamavano l'un l'altro, da profondità a profondità.
Maestosa e tremenda, la Misura ripeteva e rieccheggiava la struttura in molti modi, scandiva il Tempo, era fonte delle inesorabili decisioni che determinavano la "scadenza" di un dato istante[...] così che il Tempo tendeva ad essere essenzialmente oracolare: esso presentava, annunciava, per così dire, orientava gli uomini verso l'evento come più tardi doveva fare il Coro della tragedia greca.
Quale che fosse l'idea che l'uomo poteva formulare su se stesso, il dispiegarsi di fronte a lui dell'evento consacrato lo proteggeva dall'essere il "sogno di un'ombra"."
Ed è ciò che, in una misura più intima e personale, accade nel film, con lei che proprio a causa della comprensione del vero moto della vita, non si sottrae ad essa ma dimostra di averne appreso i fondamenti proprio abbandonandosi all'unica scelta possibile che il mezzo per comprenderla fornisca: accettarne il fondamentale mistero di eterna ciclicità e ripetizione, che l'uomo da sempre celebra con il rito in tutte le sue forme.