Eccallà!
130 ore.
Metà dei chip li ho presi con la guida sottomano perché li ho ignorati per gran parte del gioco e non avevo voglia di spendere decine di ore nel postgame, che già ho dato con la costruzione dell'autostrada (assurdo che non porti a niente
).
Alla fine penso che di questo titolo serberò principalmente la sontuosa alzata di capo di Hideo Kojima che con questo titolo si affranca dalla terribile gabbia dorata di MGS/Konami e si appresta a spiccare il volo.
Death Stranding non è un opera perfetta ma brilla di una luce rara, di cui il suo director è fonte prevalente.
Ludicamente il gioco sorprende per la sua spinta assuefacente, fatta di continue ricompense e continue scoperte. Gli spazi conquistati, le vette raggiunte, le difficoltà superate sono impresse in maniera indelebile nella mia mente e tutto questo è impagabile.
Kojima non ha creato un nuovo genere, questo no, ma ha creato un titolo nuovo e originale, che vive della sua unicità. Ripenso al mondo vuoto e brullo che ho trovato e ora guardo quello denso di strutture - molte messe a caso, molte provvidenziali fonte di salvezza - ed è a loro che riservo il mio ultimo pensiero. Uno sguardo struggente verso quelle appendici digitali dei giocatori, che rimarranno in uno spazio binario per aiutare altri corrieri e, infine, moriranno. Relitti inutilizzati in un territorio che nemmeno i giocatori calcheranno più. Una fine inevitabile ma a suo modo poetica e allineata allo spirito del gioco.
Grazie Kojima: mi aspettavo molto e, sotto certi aspetti, mi hai dato ancor più di quanto avrei mai creduto possibile.