Sto giocando The Phantom Pain, che trovo meraviglioso, probabilmente il titolo che amerò di più quest'anno, e che andrò a inserire più avanti nel corso delle giornate.
Ma ora voglio citare Demon's Souls, (PS3, 2010) che sull'ondata dei commenti entusiasti di chi lo aveva giocato al lancio e da quel per me famoso 9 di Eurogamer.net, avevo comprato praticamente all'uscita nella limited edition.
Erano anni che volevo giocare un titolo dall'aria medievale, fatto di armature, spade, draghi e magie. Ma qualcosa mi ha sempre frenato, vuoi per la durata, vuoi per la difficoltà.
Mi credevo un videogiocatore arrugginito, appiattito da questi videogame tutta quantità e poca qualità privi di sfida, che non voleva scontrarsi contro questo cazzotto sul naso dall'aspetto ormai vetusto che tutti decantavano per la sua difficoltà.
Quest'anno, ho deciso di farmi coraggio e iniziare questa avventura incredibile: Boletaria è un posto che nel mio immaginario videoludico avrà sempre un posto speciale, che rimarrà nel mio cuore insieme a luoghi leggendari come Shadow Moses, Midgar, la landa di Ocarina of Time; Demon's Souls mi ha fatto sentire un videogiocatore appagato, mi ha fatto ricordare quale sia il divertimento originario di un videogame: mettersi alla prova e cercare sempre di migliorare sé stessi.
Sono state 50/60 ore appassionanti, fatte di fatica, rabbia, nervi, esultanze a squarcia gola, tensione.
È stata dura, ma arrivare al fondo è stato un grande orgoglio, perdersi in questo oblio fatto di mistero qualcosa di memorabile.
Mi ha riconciliato con una parte di me videogiocatore che credevo si fosse persa, e che invece, per magia, ho abbracciato e rifatto mia.