Con una leggendaria live su Twitch durata sette ore e conclusasi alle quattro di mattina (no, non ho più l'età per certe cose), ho finito AI: The Somnium Files, figlio della stessa mente che ci ha donato la serie di Zero Escape, Kotaro Uchikoshi.
Complessivamente gli ho voluto bene, ma meno che alla serie summenzionata. Nonostante parta anche questo come una storia di omicidi efferati, l'atmosfera generale è meno malata e angosciosa. Ci sono diversi momenti surreali e demenziali, qualche rara incursione nel gore, ma il tono generale è più malinconico che ansiogeno. I personaggi nel complesso funzionano, chi più, chi meno (in live è stato divertente prendere per il culo costantemente Ota, il presunto 24enne scartato a una selezione di allenatori di Pokémon), e la trama riesce comunque a tenerti incuriosito fino alla fine. Da questo punto di vista, Uchikoshi si conferma abile a gestire le linee temporali alternative.
Da "giocare", però, preferisco sicuramente Zero Escape con le sue stanze da risolvere. Qui gli enigmi sono più spesso che no difficili da intuire logicamente, obbligando il giocatore ad andare a tentativi in troppe occasioni. La meccanica di gestione del tempo a disposizione nei Somnium (costrutti onirici legati alla mente di un personaggio) mi è piaciuta, perché aggiunge quasi un elemento "strategico", ma l'eccesso di trial and error obbliga quasi sicuramente a rigiocare qualche situazione più di una volta. Le restanti meccaniche di "gameplay" (degli interrogatori vagamente - molto vagamente - alla Phoenix Wright e delle scene d'azione risolvibili con QTE) non si disdegnano per spezzare la costante lettura di testi, ma non è che aggiungano troppo. Per fortuna, le scene d'azione sono solitamente divertenti.