Come dicevo, l’ho finito con tutti i finali che contano.
Premetto subito che il gioco mi è piaciuto alquanto e certamente mi ha lasciato qualcosa. E non poteva essere altrimenti dato che ho amato il
precedente Nier e che Taro e colleghi hanno questa capacità di creare mondi particolarmente affascinanti per tematiche, direzione artistica, scrittura, personaggi ecc. ecc.
Al tempo stesso, però, il gioco mi ha in parte deluso, per vari motivi di minore o maggiore importanza.
Ho anche fatto un po' di retro reading e, come è ovvio, ho visto che molte delle perplessità che ho avuto con questo titolo sono già state sottolineate da altri utenti negli anni passati.
Cominciamo con un problema, per me, di carattere minore:
Mi aspettavo un gioco più rifinito. Probabilmente è un problema derivato dalle mie aspettative, ma in questi anni, visto il plauso unanime ricevuto dal gioco e dato il coinvolgimento di Platinum, mi aspettavo un gioco di maggiore pulizia formale. Appena cominciato, invece, mi è tornata in mente la mia altrettanto problematica esperienza col
primo Nier e mi sono reso conto che anche questo
Automata è per diversi aspetti un "giocaccio". I problemi sono noti: dalle quest "Bartolini", al combat poco profondo (questo in realtà per me è un plus!
), passando per i muri invisibili, i problemi di camera, la rozzezza delle sezioni a prospettiva bidimensionale ecc ecc.
Ci tengo a sottolineare che nulla di tutto ciò è per me un vero “deal breaker”, ma comunque mi aspettavo di più.
Ma veniamo a problemi che per me hanno maggior peso.
Come nel
primo Nier, ci sono stati momenti in cui volevo mollare, soprattutto nelle prime due run. In parte per il problema relativo alle quest, in parte per il fatto che la seconda run secondo me non offre tali stravolgimenti narrativi e ludici da tenere il giocatore davvero incollato. E questo si lega al problema, condiviso col prequel, del ritmo “disequilibrato” della narrazione. Come nel primo Nier, la narrazione è "statica": i presupposti narrativi ci sono e sono ganzi e gli spunti interessanti si vanno via via a sommare, solo che lo fanno solo in alcuni momenti chiave e l'avanzamento vero e proprio della vicenda è relegato perlopiù a "spiegoni" che generalmente si collocano verso la fine dell'esperienza. I giochi di Taro sono così, ma personalmente preferisco quando le vicende dei jrpg progrediscono con costanza, da una parte alimentando progressivamente la mia comprensione del mondo di gioco, dall'altra fornendo altri misteri da comprendere.
Ma, di nuovo, anche questi non sono problemi che condizionano pesantemente il mio giudizio.
E allora veniamo al vero problema che ho con questo gioco.
Per me,
Automata è stato in tutto meno memorabile del predecessore. Non solo, le tematiche affrontate dall’autore e la sua poetica sono più o meno una riproposizione di quelle del gioco precedente e questo causa due effetti negativi. Il primo è che il gioco risulta meno sorprendente (molti aspetti sono in una qualche misura già visti) e l’altro è la preoccupazione che Taro, come altri autori (penso a Suda51), abbia quelle tematiche a lui care che ripropone ad ogni gioco, risultando quindi non del tutto capace di rinnovarsi. L’ironia della sorte è che un sacco di gente ha giocato solo Automata, ritenendolo quindi incredibilmente fresco e interessante…
A corollario di tutto questo, aggiungo anche che ho trovato i finali di Automata (parlo del C, D e E) abbastanza deludenti (meno toccanti e rivelatori di quelli di Nier). Personalmente, ritengo che il primo Nier vinca anche alle voci “colonna sonora” e “ambientazione generale” (ho trovato quella “fantascienza travestita da fantasy” più potente dell’ambientazione post apocalittica di Automata).
Alla fine, dopo la lettura di questo post, può sembrare che il gioco non mi sia piaciuto. Ci tengo a sottolineare che non è assolutamente così. La sinergia di suoni, immagini, parole e interazione nei giochi di Taro è sempre talmente potente da lasciare un segno profondo sul giocatore. Anche se forse non posso dirmi un assoluto fan di questo autore, ci vado pericolosamente vicino. E quindi mi annovero tra chi aspetta con interesse la sua prossima opera.