Drammaticamente platinato...
Il problema più rilevante di FF7RI consiste nel volete tenere i piedi su due staffe, quella del passato e quella della modernità. La scelta di consegnare le peregrinazioni a questa forma lineare, a corridoio, di vari ambienti richiama subito alla memoria la gestione di altrettanti spazi aperti e di forme camuffate di open world declinati secondo la sensibilità giapponese. Per cui non ambienti aperti ma una ragnatela strade, stradine e disimpegni che non possono far altro che riportare la mente a tanti, tantissimi anni fa, praticamente agli esordi del tridimensionale. Oppure, per far comprendere appieno la filosofia o, a voler essere maligni, lo shock culturale di determinate software house con l’organizzazione di mondi complessi ci porta a prodotti come Shenmue e il filone di Yakuza. Leggi: il mondo vuole universi ampi, smisurati e percorribili ma noi siamo giapponesi e dobbiamo tener conto di un titolo che ha 23-24 anni sul groppone e no, non è un open world. Anche giustamente.
Ma come si dilata la longevità di una sezione, quella di Midgar, che nel gioco originale durava 6-7 ore? Semplice, da una parte si rende la scala degli ambienti 1:1, in modo tale da giustificare/aumentare la percorribilità pedestre da una parte all’altra con un cospicuo incremento delle ore (e a rigiocare i capitoli si sente…); dall’altra si parte dalle suggestioni del gioco originale per sostanziare quei mondi con la forza computazionale della modernità. Quindi non più schermate fisse a riassumere in un’immagine un microcosmo ma spazi, altezze e distese adatte a rendere il tutto credibile. Infine, un ultimo aspetto controverso, vale a dire l’introduzione di nuove ambientazioni e sezioni inedite che, appunto, mutano per sempre la forma di Final Fantasy VII nella mente degli appassionati e la riscrive totalmente.
Funziona? Sì e no.
Sì perché FFVIIR è un gioco molto intelligente nello svincolarsi dai condizionamenti atavici del gioco di ruolo giapponese. In altri termini, in modo molto “adulto” e moderno, il gioco, attraversato linearmente in tutta la sua durata, fornisce naturalmente gli strumenti per venirne a capo e vincerne le sfide, lasciando eventualmente al giocatore il desiderio di attardarsi e di approfondire volontariamente. Con una durata di 30-40 ore e un impegno abbastanza blando chiunque può finire e apprezzare il gioco in tutta la sua interezza concettuale e comprenderne appieno la riflessione metastorica e metaculturale.
L’aspetto in cui FFVIIR diventa un interessante oggetto di studio e un caso singolare all’interno delle dinamiche conoscitive e culturali del videogioco consiste nella sua ibridazione tra vissuto esperienziale del giocatore, quello che si trovava a Midgar nel 1997 e il fruitore del remake del 2020. “Remake”, parola che in questo caso specifico assurge a più alte vette di senso ulteriore, poiché travalica dalla materia del giocato e pesca nella psicodinamica dei processi culturali. FFVIIR propone uno spostamento della cronistoria dei fatti (la vicende dei protagonisti note e mitizzate del gioco del 1997) alla storia degli effetti di quel glorioso movimento immaginifico che fu il gioco Square per una generazione di inconsapevoli giocatori. Si tratta di una manipolazione del ricordo che rifugge dal pericolo di un’archeologia emotiva in quanto se ne fa beffe, la elude, la aggira per lasciarla agli irriducibili della memoria come arcadia dorata della nostra giovinezza, dove tutto è immobile, statico e cristallizzato, anche la felicità.
Si parlava poco sopra del target. Beh, un quattordicenne si trova a suo agio con tenore recitativo e narrativa giapponese di un certo genere, in fondo FF7 è sempre stato culturalmente questo. Ma un quattordicenne non potrebbe mai capire il senso generale dell'opera, la cui dimensione filosofica consiste nell'essere una riflessione sulla portata di FF7 all'interno dell'industria videoludica. Quindi questo remake non potrebbe mai parlare a un adolescente, parla a chi c'era nel 1997 o, al massimo, a chi conosca bene l'opera originale in tutte le sue conseguenze.
E chiede: "Cosa vuole un appassionato da un remake (seguito?) di un gioco così epocale? Attento a cosa desideri, non si avvera e ti mette di fronte ai tuoi limiti..."
In questo senso FF7R è paradigmatico, un gioco realmente concettuale che sfonda la quarta parete e interroga il giocatore e la mancanza di contegno. Incredibile.
Per il resto è quanto detto sopra: sistema di combattimento dinamico e interessante (da rivedere l'ingaggio dei personaggi non controllati direttamente dal giocatore), struttura della mappa consapevolmente conservatrice ma discutibile, parti aggiuntive altamente tossiche e inutili, rivisitazione estetica dei personaggi meravigliosa, una sostanziale e mortale perdita di atmosfera (sì, la Midgar del 1997 era un luogo depresso e malinconico, questa non ci riesce...) e l'idea che niente sarà più come prima.
Facevo bene a non volerci giocare? No, mi sarei perso una delle poche applicazioni filosofiche dell'altrimenti stentato e commerciale mondo dei vg.
Facevo bene a non volerci giocare? Sì, è un titolo che non restituisce la grandezza e la passione del gioco originale che, in quanto "classico" è di per sé irriproducibile, anche da se stesso.
Temo non comprerò Pt. 2, quello che volevo sapere l'ho scoperto, il resto è una storia che ha già messo in riga il ventunenne che ha giocato la versione NTSC USA a settembre 1997.