The Martian spielberghizza Scott fino a ridurlo un narratore ordinario, inappuntabile e buonista nell’esecuzione di una sceneggiatura già ampiamente digerita altrove. Trattasi dello sforzo di un intero pianeta, al netto dei costi inimmaginabili (parametro quasi totalmente ignorato nei vari discorsi all’interno del film) per salvare la vita di un singolo uomo, del resto “chi salva una vita salva il mondo intero.” La catena di personaggi deputati a che ciò avvenga pesca nell’immaginario nerdistico e nella letteratura di riferimento con sconcertante puntualità che può essere un pregio o un difetto a seconda dello spettatore. Certo, si tratta indubbiamente di un film di cliché…Oppure di classicismo, chissà. Appurato ciò, molte delle critiche che ho letto qui e altrove hanno poco senso e riscontro nei fatti, il film procede nel solco di una fantascienza di stampo romanzesco senza particolari sbavature e difetti. Abbiamo un protagonista che sembra l’evoluzione di Mac Gyver e, soprattutto nella seconda parte, alcuni passaggi della trama sono un po’ troppo disinvolti e legati a un sensazionalismo superficiale. Credo si tratti di un effetto involontario generato dalla sua matrice letteraria, capita spesso, in opere tratte da un libro, che il progressivo avvicendarsi degli eventi sia condensato nel giro di poche decine di minuti, là dove nell’opera originale il tutto avviene con maggior lentezza e gradualità. Tuttavia il film emoziona ma si tratta di un tipologia di emotività trattenuta e controllata senza sconfinare nella pacchianità di un Emmerich oppure nello scoppiettismo di un Bay.
La domanda: "è un film degno di Ridley Scott?" D’istinto verrebbe da rispondere che si tratta di un film ben illustrato da un regista che morde il freno imposto da altri e questo determina, come conseguenza più immediata, una certa innocuità di fondo che non si addice a cotanta firma. Nessun dialogo memorabile da ricordare, nessuna immagine da conservare nella retina e portarsi a casa, un film che chiunque, dotato di un minimo di talento, avrebbe potuto girare portando a casa il medesimo risultato. Per l’appunto, visto il grado di scetticismo che l’ultimo Scott porta con sé, tutto questo potrebbe anche essere considerato come positivo.
Dicevo, la questione sta tutta nello stabilire se si tratti di un film di Scott, ossia quel regista che ha fatto della radicalità estetica il suo marchio di fabbrica. La risposta secondo me è negativa e questo costituisce un difetto sul quale è assai difficile per me passare. Faccio un esempio con il suo recentissimo passato: Prometheus, The Counselor e Exodus. Ecco, per motivi diversi queste 3 pellicole sono tutt’altro che impeccabili ma sono indubbiamente 3 film di Scott. Film in cui si trovano ricercatezza visiva e rielaborazione stilistica, trascurando sovente la qualità della sceneggiatura. Che non è mai stata una peculiarità di questo regista, più a suo agio con la sofisticazione dell’immagine, con il racconto per istantanee senza l’assillo di grandi intrecci che possano entrare in 120 minuti. Il cinema non è e non sarà mai il luogo della narrazione distesa e approfondita.
Credo si possa convenire sul buon risultato ottenuto grazie ad elevati livelli produttivi e un cast che fa benissimo il proprio lavoro. Da queste parti però si preferisce il colore che deborda dai contorni e quella forza immaginifica e visiva che, per rimanere nel genere e nel medesimo regista, un film come Prometheus elargisce a piene mani, convivendo con errori noti e risaputi. Di registi narrativi Hollywood ne è piena, di grandi affreschi su epoche e personaggi pure, il grande problema di The Martian è che offre ricreazione e spasso per 2 ore e passa, tempo che bisogna concedere al cinema e a certi autori con la speranza che qualcosa possa cambiare dentro di noi ed emozionare. Non è questo il caso.