Discreto, a tratti esaltante ma minato da alcuni difetti oggettivi che non gli permettono di essere convincente a tutto tondo.
La ragione è tristemente nota, le pellicole del DC Universe pagano l’affanno della rincorsa e del recupero sfrenato rispetto all’attenta pianificazione Marvel, per cui anche in questo film si percepisce la mancanza di una forte componente scritturistica che giustifichi il tutto. In altre parole, si lascia alla conta dei personaggi e al conflitto di personalità il procedere degli eventi, ora affidandosi al siparietto, poi cullandosi nel flashback onirico o del racconto di terzi. Ma, al contrario di Batman v Superman Dawn of Justice (azzoppato nelle sale rispetto alla sua forma piena e compiuta), in questo caso specifico sono noti i problemi di produzione, montaggio e pianificazione stessa, per cui il progetto è stato pensato e ripensato più volte in forma diversa. Per quanto la noia sia inevitabilmente scongiurata, si procede per strappi e accelerazioni, lasciando che la (quasi sempre) eccellente estetica faccia da collante ma sotto si avverte in vuoto di un’idea forte che non sia il semplice accumulo. Sul modello de “I Guardiani della Galassia” senza tuttavia poter vantare la compattezza e la coerenza del film di Gunn.
Le note negative arrivano specificamente sul fronte dell’”antagonista” che, sul serio, fa compiere al genere un balzo indietro di oltre 20 anni, commisurandosi, per idiozia e squallida resa finale, all’ Apocalisse dell’ultimo Xmen. Anzi, pure peggio se prendiamo come riferimento gli ultimi 20 minuti di film, un guazzabuglio di azioni insensate, cromatismi criminali e quella sensazione di puerile rissa di spintoni e cazzottoni che mette sullo stesso piano un gruppo di strampalati criminali e il manifestarsi del divino. Davvero, insopportabilmente, brutto.
Poi c’è la parte che funziona, quella più fumettistica tout court. Vitale, allegra, detonante, narrativamente efficace nel raccontare attraverso i corpi e gli attori la personificazione di anime di carta. Will Smith/Dead Shot è un eroe tragico incastrato nell’ineluttabilità della vita criminale alle prese con gli affetti più cari; Margot Robbie/ Harley Queen è forse la figura più riuscita del gruppo, una maschera tragica che a dispetto della sua abbacinante bellezza è consumata da un nichilismo romantico dolce e letale. Il suo personaggio si riassume tutto nel cambio di espressione che infligge a se stessa nella scena in cui si trova seduta sul tetto dell’auto e si ricongiunge agli altri. Il Joker di Leto è solo l’ennesima sfaccettatura di questa figura (il gusto irresistibile per gli spiriti unici, vedi la sua fissazione per Harley), si recupera un po’ di tradizione (il gangsterismo) alla luce dell’esteriorità moderna fatta di pellicciotti e anelli ma il personaggio è lì che cova, pronto ad esprimersi più compiutamente in pellicole future. L’Incantatrice e El Diablo sono action figures di particolarità certosina. La stessa Viola Davis/Amanda Waller (non somiglia all’ex ministro Kyenge?) è un concentrato di opportunismo e mente meccanica che fa da ottima sponda ad un gruppo di emotivi disadattati con l’arma del calcolo di perdite e guadagni. E via via tutti gli altri, forse leggermente penalizzati da poche linee di dialogo, purtroppo inevitabile vista la dimensione corale del film. Significativi i rimandi alle altre pellicole, presenti e future, con una scena post crediti piuttosto efficace nell’illustrare il dissidio concettuale tra una Suicide Squad e chi si sbatte per portare dentro i criminali…
Pirotecnico e sconclusionato, gioioso e bizzarro, imperfetto ma scintillante, contraddittorio come i suoi protagonisti. Tutto qui.