Io nella guerra dei primati a tutti i costi, ci andrei molto cauto sulla questione degli agenti/reagenti.
Sono esempi che restituiscono la mancanza, di fondo, di una visione organica e sistemica di agenti/reagenti.
Tutto vero e anche molto riscontrabile nel gioco con decine di esempi.
Più che altro, a ben pensarci, si potrebbe comunque parlare di agenti e reagenti formidabili se assumiamo lo scambio di questi elementi tra giocatore e gioco. Il contesto stimola il giocatore con una miriade di input che implicano una risposta attenta e continua. E poi di conseguenza il gioco risponde a sua volta.
In questo è paradigmatico, però in effetti bisognerebbe circoscrivere con una duplice chiave di lettura:
- la scelta di R* è primariamente quella di coinvolgere il giocatore in una rete di rapporti sociali virtuali che aprono ad un'innovativa meccanica di (cor)rispondenze. E' l'environment a cercare e giocandoci il titolo si specializza oltre ogni rosea previsione.
- questo modello è tuttavia limitato a sistemi chiusi e circolari, per cui è un guadagno importante e contenuto. Teorizzando, si può affrontare una side in cui si deve uccidere il figlio di un commerciante di una città. E all'interno di una simile situazione le scelte e le possibilità sono inedite. Eppure, una volta conclusasi la situazione (magari con la morte del figlio) si può andare tranquillamente nel negozio del tipo che ci accoglierà con tutte le cortesie del caso. Come se nulla fosse accaduto.
Ecco, nel rapporto tra micro e macro, RDR2 mostra diverse incertezze, ma non solo rispetto all'utopica richiesta di "simulazione globale di realtà", ma anche rispetto ad opere come TW3.