Ho finalmente ottenuto la tecnologia che mi permetterà di raggiungere velocità FTL, la cosidetta velocità curvatura. Mi tuffo fra le pieghe dello spaziotempo e resto abbagliato dalle infinite sfumature dimensionali che i miei sensori registrano. La mappa stellare mi ha però indicato il luogo che intendo raggiungere, un Buco Nero situato a milioni di anni luce da dove sono ora. È una distanza enorme, per un essere insignificante quale sono io, ma è meno di niente di fronte all'infinità del Cosmo.
Non sarà facile raggiungere quel luogo e l'Atlante mi spinge in direzione opposta ma non ho mai osservato un Buco Nero e decido che vale la pena seguire il mio... cuore?
Raggiungo un sistema stellare che non appare sulla mia mappa. Chissà quali misteri sta celando per me? Vorrei esistesse una guida, un qualcosa che muovesse o ispirasse le mie azioni, ma sono solo, privo di una missione che non sia l'esplorazione e la raccolta di dati. Anche l'Atlante ha smesso di parlarmi...
Per praticità, mi dirigo verso il pianeta più vicino a me. Attivo i motori a impulso e le stelle guizzano impazzite, incorniciando l'Universo.
Lancio uno scan orbitale e il computer di bordo mi segnala una stazione sul pianeta. Forse un messaggio d'aiuto. Una direzione vale l'altra, decido di indagare.. Il globo planetario si fa sempre più vicino e infine non vedo che quello, il contatto con l'atmosfera avvolge la mia navetta con fiamme ruggenti e poi sono subito sulla superficie di un mondo nuovo. Appare ruvido, aspro, un mondo poco incline alla vita. Mi domando cosa mai potrò trovare su questa palla di roccia.
Raggiungo la stazione. Il segnale di soccorso è stato lanciato secoli fa... chi domandava aiuto è forse già stato recuperato? Ha mai riabbracciato i propri cari? Oppure il suo cadavere giace steso fra i sassi, a chilometri di distanza? Recupero quanto di utile è rimasto in questo posto: qualche risorsa, un progetto tecnologico. Forse questo è solo un luogo di morte, un pianeta tombale, sul quale non esiste alcuna vita. Che senso può avere, nell'ordine cosmico, un simile luogo? In quale disegno questo arido globo assume un significato? Decido di abbandonare il pianeta e mentre lo faccio capisco che anche qui, perso nell'immensità del vuoto e dell'assenza, trova posto una grande bellezza.
Raggiungo uno degli altri pianeti di questo sistema. L'analisi preliminare mi rivela che si tratta di un altro luogo astioso, avverso alla vita. L'estrema tossicità ha impedito la creazione di forme di vita superiore eppure, anche qui, la vita ha trovato un modo di esprimersi sotto forma di una vegetazione fungiforme che accoglie e ricambia l'abbraccio venefico dell'intero pianeta.
Cerco tracce di vita evoluta: un rifugio, un avamposto. Per quanto immenso sia l'universo, le civiltà aliene hanno saputo prosperare e diffondersi ovunque, nel corso degli eoni. Il mio segnalatore rileva una struttura tecnologicamente avanzata e attiva. Confido di trovare qualcuno in vita... non solo un terminale acceso. Nel mio tragitto vengo colto da una tempesta velenosa, che rovescia le sue mortifere lacrime su di me. L'indicatore mi avverte dell'estrema tossicità dell'aria ma ciò nonostante permetto che quelle gocce acide corrodano parte del mio corpo meccanico. Vedo la corrosione delle mie parti... eppure non sento niente. Vorrei poter provare dolore.
Raggiungo l'avamposto. Mi accoglie un Gek, una creatura amichevole e deliziosa. I Gek sono uno dei principali imperi galattici, esploratori e commercianti. Sono un popolo pieno di risorse, disponibile e generoso con gli amici, implacabili e vendicativi con i nemici. Abbozzo alcune delle parole che ho appresso durante i miei viaggi. Non credo di dire nulla di senso compiuto, ma il Gek apprezza lo sforzo ed emette una nube di gas in segno di apprezzamento.
I Gek. Che creature meravigliose. Mi domando da dove provengano, quale sia il loro mondo natale e cosa li abbia portati ad essere ciò che sono. Io sono stato costruito, programmato. Loro sono... nati. O forse qualcosa che mi sfugge ha costruito loro, così come io sono stato costruito? Dovrei fare aggiungere un modulo filosofico alla mia matrice neurale. Forse così avrei delle risposte. O Forse otterrei solo nuove domande...
Abbandono il rifugio del Gek. Guardo il cielo che schiarisce e vedo la mia prossima destinazione.
Il mondo che raggiungo ha un cielo verde, così come verdi sono le sue immense distese erbose. Non credevo potesse esistere un mondo tanto bello. E tanto vivo. Decine e decine di creature saltellano vicino a me, solo parzialmente spaventate. Non credo abbiano mai incontrato un sintetico come me. Poi alzo lo sguardo e vedo il mondo da cui provengo, un mondo velenoso che da qui sembra tanto tranquillo. Le pene e i patimenti degli uomini sembrano così poca cosa raffrontati alla pace che regna sovrana nel Cosmo.
Conduco alcune ricerche, analizzo animali e piante. Poi vengo assalito da una Sentinella. Non ho fatto alcunché, non ho recato danno a questo mondo: non ho ucciso una bestia, né infranto un cristallo o colto un fiore. I laser della Sentinella scalfiscono il mio chassis. Rispondo al fuoco. La Sentinella esplode spaventando gli animali. Chissà per quale ragione mi ha assalito? In quel momento inizia a scendere una pioggia leggera, amante di un tramonto che avvolge il pianeta in una fioca sfumatura calda. Tuttavia, mi accorgo solo ora, la temperatura è estremamente bassa eppure questo mondo l'ha fatta propria. Ciò che in un mondo è morte, su un altro può essere vita.
Ho esplorato ancora questo luogo soave e ancora sono stato assalito dalle Sentinelle. Le ho abbattute poiché non sembravano voler ascoltare ciò che avevo da dire. Non ho commesso alcun atto vile contro questo mondo. Non ho ancora modificato alcuno dei suoi aspetti, seppure in modo infinitesimale. Sono solamente qui. Poi capisco. La mia stessa presenza è una minaccia per questo mondo. Sono un elemento ignoto, una variabile all'interno di un sistema perfettamente equilibrato. Capisco che è giusto che vada. Saluto questo mondo e sorrido all'indirizzo di quello verso cui sto andando.
Il nuovo mondo è ricco di vita e placido. Non ha terreni brulli, non ha rocce acute né guardiani adirati. Inizio a catalogare le numerose specie, abbondanti su questo pianeta. Ne trovo una, due, cinque, otto, poi scopro un avamposto, dove rintraccio la posizione di un monolito alieno. Decido di raggiungere quella destinazione a piedi e di raccogliere dati durante il tragitto, dati sufficienti per ottenere il bonus di unità offerto dall'Enciclopedia Galattica. Mi manca una sola creatura per ottenerlo!
Il compito è molto meno semplice di quanto non avessi creduto. Giro in lungo e in largo, utilizzando lo scanner insistentemente, nella speranza di intravedere quel puntino rosso che indica la specie mancante. Spendo ore nella ricerca disperata. Sono sempre più distante dalla nave... infine sento un muggito alle spalle, mi giro e la vedo. Ammiro la creatura che pascola tranquilla, prima di imbracciare lo scanner e raccogliere l'ultimo dato che mi serve.
Preseguo alla ricerca del monolito di cui ho trovato indicazioni all'avamposto. Durante la mia cerca dell'ultima creatura mi sono molto allontanato sia dalla nave che dal punto segnato dal monolito. Fabbrico un upgrade che mi permette di aumentare la resistenza della corsa e uno che prolunga l'effetto del jet pack. Ora posso correre più a lungo e valicare le pareti più scoscese. Oltre una collina, intravedo le forme squadrate del monolito. Lo attivo e ottengo nuova conoscenza Gek.
Sono perduto. La nave è ormai troppo distante, impiegherei molto tempo per raggiungerla. Decido di tentare la sorte, nella speranza di raggiungere una colonna di segnalazione oppure un avamposto coloniale da cui richiamare la mia navetta. Non vorrei dovermene comprare un'altra... vago per ora e infine lo trovo: uno spazioporto. Lo raggiungo con passi pesanti. Attivo il jet pack per accedere alle piattaforme e infine inserisco il chip di bypass. Dopo un attimo la mia navetta è lì. Non è mai stata tanto bella.
Riscatto i crediti ottenuti dal bonus dell'Enciclopedia, vendo tutte le merci in surplus presso il terminale intergalattico e poi riprendo posto nell'abitacolo. Dovrei riprendere la strada segnata dall'Atlante per tornare a sentirne la voce ma il richiamo della singolarità è troppo forte. Curiosità. Decido di raggiungere la stazione spaziale che certamente orbita in questo sistema, in modo da cercare nuove informazioni e nuove tecnologie che possano aiutarmi a coronare il mio scopo. Appena fuori dall'atmosfera, lo spettacolo è incredibile...
Raggiungo la stazione spaziale dove mi accoglie un Korvax, una razza di entità digitali che utilizzano dei corpi sintetici simili al mio. La mia conoscenza della loro lingua è davvero scarsa, probabilmente dico qualcosa di sbagliato e l'essere esegue un reboot. La nuova entità che prende il suo posto deve essere stata informata della mia insubordinazione e non mi rivolge la parola. Strane creature, ma non posso biasimarle. Devo migliorare il mio linguaggio. Non sarà facile.
Grazie al terminale di scambio vendo tutte le mie merci e creo diverse celle energetiche, indispensabili per alimentare la deformazione spaziotemporale che mi condurrà nel sistema dove si trova il Buco Nero. Nell'hangar della stazione atterrano diverse navette. Infine ne vedo una bellissima. Non so come, la sola vista della sua linea e il suo colore sgargiante mi colpiscono in modo inatteso. Cosa può aver fatto l'Atlante, ai miei circuiti, per scuotermi fino a questo punto? La nave è leggermente meno capiente della mia ma decido di contrattare con il proprietario. Il costo è abbordabile. Trasferisco le mie celle energetiche su di essa e la compro.
Lancio la nave a velocità FTL verso il sistema che accoglie il Buco Nero. Questo sistema è già stato scoperto da un altro viaggiatore. Peccato, avrei tanto voluto essere io a battezzarlo... Lo spettacolo che mi si para davanti è impressionante: uno strappo nel tessuto dimensionale che vortica sospeso nel vuoto. So che dovrei andarmene, che dovrei tornare sui miei passi e calcare nuovamente la rotta indicata dall'Atlante. Ma qualcosa in me è cambiato, forse i parametri stessi della mia missione sono cambiati.
Aziono i propulsori e affondo in quel vortice, senza sapere dove esso condurrà la mia anima elettrica.