Autore Topic: EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0  (Letto 2267 volte)

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Offline Isil

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EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0
« il: 12 Lug 2013, 21:29 »
Nella mia vetusta carriera ludica ho sentito chiamare i giocatori con una varietà di nomi estremamente ampia, alcuni a mi avviso belli, Hardcore Gamer solo per citarne uno, altri degni di merito (almeno per la fantasia)  per esempio Noob o la sua italianizzazione Nabbo o Niubbo ed altri decisamente orribili e senza senso tipo Conscious Gamer ( Conscius di cosa? Forse del fatto che ormai siamo in balio ad un industria che produce nel 99%dei casi giochi clone o  che la verve creativa di molti sviluppatori e piegata a i dogmi del motto “vendere a tutti costi”) e certamente non possiamo dimenticare Nerd un must che sembra ormai tornato di moda, anche se con un significato completamente apparentemente stravolto ed ultimo ma primo  come importanza, il nome che ha un in buona parte caratterizzato questa generazione di giocatori, Casual Gamer .
Fra tutti questi nomignoli credo ne manchi all’appello uno che non e mai stato coniato, (penso) ma che secondo il mio (più che modesto) parere rappresenta la descrizione perfetta di questa nuova  generazione di videogiochi è di video giocatori, il nome è EGO Gamer.
Ora molti di voi ora si staranno chiedendo Ego perché?
Per rispondere a questa domanda vorrei fare il punto su due dei fattori che hanno condizionato in modo particolare questa (ormai al tramonto) generazione di Console . Qui le migliaia di  giocatori affezionati al PC probabilmente penseranno che e un discorso che non lo comprende, ma non si può negare l’evidenza,  mai come ora gli scambi di titoli tra queste due piattaforme, (che solo fino a pochi anni fa sembravano cosi distanti) siano floridi e vivi.
Ora per riprendere il filo di questo prolisso discorso vorrei parlavi solo per un attimo di Bio shock infinite, certamente un capolavoro, che racchiude dentro di se qualcosa di molto particolare, ora non voglio assolutamente entrare nei soliti discorsi pseudo recensivi, dei suoi meriti e difetti sene parlò  a suo tempo accuratamente in praticamente ogni angolo della rete,  in questa sede voglio parlarvi della modalità 1999.
Si tratta di un livello di difficoltà aggiuntivo che mette il giocatore difronte a una sfida di molto superiore a quella del gioco nelle sue modalità classiche, i nemici sono molto ma molto più reattivi, le munizioni scarseggiano ed senza entrare ulteriormente nel particolare, si può affermare che tutto l’impianto di gioco abbia un impennata sostanziale nella difficolta, rivoluzionando drasticamente l’approccio che il giocatore e obbligato ad utilizzare per riuscire a raggiungere l’agognato finale.

Ed e qui che  finalmente il mio pensiero viene scosso, girovagando per la rete leggo la che la motivazione vera del nome di questa modalità (1999 appunto) è dovuto al fatto che nella stessa si sia utilizzato un livello di difficolta paragonabile ai videogames  anni novanta (da cui il nome della medesima), cioè la oggi modalità ultra difficile di Bio Shock non e nient’altro che la modalità normal di Sistem shock 2 (proprio per citare Levine ) e della media dei videogiochi di quell’anno.

Sistem shock 2 resta ancora saldo nei miei ricordi, sarà per la sua meravigliosa atmosfera o il suo game play mai noioso,  vi posso dire che difficile era difficile… decisamente difficile (ok ora basta usare la parola difficile) ma non impossibile magari Levine esagera, la modalita’ 1999 di Bio Shock un filino troppo cattiva, ma di fatto e innegabile che  la difficolta generale della quasi totalità de videogiochi, di questa generazione, sia tarata verso il basso se confrontata con quella degli anni passati, il grado di sfida e stato mano a mano addolcito per andare a favore dei gusti dei giocatori (casual e non) di oggi, in modo da poter raggiungere quel bacino d’utenza che ne permetta di massimizzare la vendita.
L’altro fattore che nel bene e nel mane caratterizza questa generazione di videogiochi è la spettacolarizzazione  delle situazioni che il giocatore si trova a vivere, grazie ad hardware decisamente perforanti, mai come ora si e riuscito a creare un grado di immedesimazione cosi alto, capace di rapire il povero gamer, (povero fino ad un certo punto visti i prezzi, ma questo e un altro discorso) riempiendo la sua sessione con momenti epici a non finire: corse all’ultimo secondo per salvarsi la vita,  battaglie vissute a suon di rocambolesche  esplosioni ,degne dei miglior action movie anni 80, situazioni al cardio palma in ogni dove , momenti epici che ormai di continuo ne sollazzano lo spirito riempiendolo fino a straripare, dandogli la sensazione di essere il miglior giocatore sulla faccia del nostro piccolo globo blu.
Questi due punti che vi ho elencato hanno contribuito a creare una nuova  generazione di videogiocatori, che affacciandosi solo recentemente al mondo videoludico (perciò indipendentemente dall’anno di nascita)è avvezza soltanto allo spettacolo senza compromessi.

Mi chiedo dove ci porterà questa strada, forse verso l’agognato (non da me sia chiaro) film interattivo. Ma allora la distinzione fra il nostro media e il cinema ( il media sicuramente più vicino al nostro ) dove si trova? Un videogames per essere considerato tale dovrebbe aver bisogno di un egual bilanciamento fra game play, grado di immedesimazione e difficoltà?  Ecco la risposta alla domanda di prima, gli EGO Gamer sono tutti quei giocatori che ormai non sono più avvezzi alla sperimentazione sono una massa informe che abituata da questa industria a vivere esperienze spesso ridicolmente brevi senza poter gustare il minimo grado di sfida, ma la cosa decisamente più divertente e che a loro sta bene così, straripante com'è il loro ego di situazioni bellissime da vedere ma praticamente nulle sotto il profilo della difficoltà.
Non mi piacciono i giochi che si finiscono da soli senza la minima sfida, certo amo le esperienze visive, giochi come Journey o Flower solo per citarne due, sono dei piccoli grandi capolavori, che avvicinano sempre più questo media a quella linea che una volta infranta permetterà di intenderlo come forma artistica, ma se da un lato abbiamo questi titoli(purtroppo sempre troppo pochi)  dall'altro lato della bilancia abbiamo migliaia e migliaia di esperienze costruite solo in nome del dio denaro  osservare marche blasonate (Ativision ,Eletronic Arts ma anche Capcom  solo per citarne alcune ) che producono giochi incentrati  non sulla qualità ma sulla vendibilità.

Quello che voglio dire con questo mio lunghissimo sproloquio è che il nostro media e un media giovane, se confrontato con sua fratello maggiore il cinema, che grazie a questi tempi di comunicazione globale ed in buona parte alla rete, (infinita fonte di notizie e nozioni) può avere a disposizione un fruitore attento, capace di comprendere quello che il mondo ludico ha di meraviglioso da offrire, perciò dovremmo ribellarci a quelle software house che ci propinano il solito gioco clone e cercare di indirizzare il nostro interesse verso quelle perle (magari non raffinatissime nel game play e nella qualità audiovisiva) che ogni anno nascono dalla mente di persone che amano questo media.

Perciò non permettiamo alle major di plasmarci in EGO Gamer ma cerchiamo di obbligarle a produrre più titoli di qualità a discapito del dio denaro, basta con Call Of Duty e Battle Field  evviva l’arte videoludica di Ico  o Papo e Yo

Emanuele Fontana.

Vi lascio con la descrizione ad opera di Levine della modalità 1999 di Bio shock solo per farvi riflettere un po’.

“IL GIOCATORE MEDIO ODIERÀ A MORTE QUESTA MODALITÀ. MA È OKAY: MICA È STATA FATTA PER LUI!”                         
KEN LEVINE.

Offline EGO

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Re: EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0
« Risposta #1 il: 13 Lug 2013, 00:53 »
Sono lusingato, ma non ho mai sostenuto nulla di tutto questo.

Offline Isil

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Re: EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0
« Risposta #2 il: 13 Lug 2013, 01:00 »
Mio dolce e caro Ego non mi riferivo al tuo di Ego ma all'ego in generale  :D

Offline Nihilizem

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Re: EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0
« Risposta #3 il: 13 Lug 2013, 22:14 »
L'ho sempre sospettato che EGO è in fondo in fondo un casualone dedito al Fast-food gaming. Altro che Nintendo, Demon's Souls e compagnia cantante.

Rispondendo seriamente Isil, credo che la tua analisi poggi su due punti che onestamente ritengo erronei.

Prima di tutto l'idea che il videogioco sia per sua natura maggiormente vittima di un piattume generalizzato e di un livellamento verso il basso della qualità. Citi come esempio "virtuoso" il cinema, eppure è anch'essa una realtà in cui la fanno da padrone blockbuster hollywoodiani fracassoni alla Transformers et similia. La differenza è che l'utenza cinematografica è essa stessa abbastanza vasta da poter reggere e sostentare una maggiore varietà di generi e esperimenti. Ciò non significa che non vi siano flops anche nel cinema, ma che c'è maggiore coraggio nello sperimentare perché appunto si sa che c'è comunque un pubblico desideroso di tali esperimenti.

Ora, questo esiste anche nei videogiochi, con la differenza che nonostante si cianci tanto di massificazione, il pubblico che videogioca è tutto sommato abbastanza ridotto nel grande insieme delle cose, e vi è quindi una maggiore polarizzazione tra ciò che vende e ciò che non vende.
Se si allargasse il bacino dei giocatori, de facto ne verrebbe ampliato anche il mercato per i titolo più di nicchia.
Ma anche senza aspettare quel momento, è nostro dovere incoraggiare la varietà, magari senza fossilizzarci. Atteggiamento di cui sono onestamente colpevoli anche i sedicenti hardcore gamers. E abbiamo quindi di fatto lunghissime e sfibranti diatribe di sedicenti appassionati sul cosa sia o non sia videogioco. Heavy Rain non è un videogioco, Journey non è un videogioco, Proteus non è un videogioco, The Walking Dead non è un videogioco, i film interattivi alla Uncharted non sono videogioco ecc ecc ecc... E onestamente, questo atteggiamento non è per me diverso da chi rifiuta di uscire dalla sua "zona di comfort" costituita solo dal COD di turno, o simili ghetti videoludici.

Il secondo punto è il parallelo tra videogioco e difficoltà dello stesso. Ora se è vero che in passato il videogioco era mediamente più difficile, è anche vero che spesso lo era come sotterfugio per celarne la reale longevità, o comunque il sintomo di un game-design non sempre eccelso.
E in generale, non credo che la difficoltà sia un fattore nella qualità di un videogioco. Denunci ad esempio il videogioco alla COD o Battlefield, ma sono convinto che giocare il multiplayer di questi giochi ad alti livelli non sia affatto semplice o facile, e lo stesso dicasi per il single-player ai massimi livelli di difficoltà.

Personalmente sono per l'inclusione. Mi piace il fatto che Kamiya abbia incluso in Bayonetta la modalità Automatic-Easy. Non è certo un livello di "difficoltà" che personalmente sceglierei, ma è positivo nel senso che permette anche ai neofiti del genere di approcciarsi ad un titolo dalla qualità immensa, per poi magari farsi venire il desiderio di impararne le meccaniche.
E chi invece nasce già imparato, ha a sua disposizione il Non-stop Infinite Climax Mode.

Ergo, credo che gioverebbe l'accettare semplicemente che il nostro è per fortuna un medium ricco nel suo ventaglio di proposte, ed è nostro dovere accordare a tutte queste esperienze la stessa dignità, a prescindere dai nostri gusti.
Rinchiudersi in scompartimenti stagni fatti delle proprie personali attese sul cosa debba essere videogioco non credo sia di aiuto al medium. Porta semplicemente al problema che hai denunciato, ovvero una fetta più o meno estesa di giocatori che si dedica esclusivamente ad una determinata tipologia di videogiochi. E questo non è negativo solamente quando questa determinata tipologia di videogiochi non è di nostro gusto.
Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.

Offline Isil

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Re: EGO Gamer AKA Videogiocatori 3.0
« Risposta #4 il: 14 Lug 2013, 00:53 »
Ciao … Per prima cosa grazie per la risposta hai sollevato nella mia neuronicamente povera mente dilemma e dubbi ottimi per un prossima riflessione.
Permettimi di chiarire un paio di punti il parallelismo che ho creato con il cinema era un piccolo esempio per chiedere a me stesso a voi cosa distingue questo nostro media da quello cinematografico, vedere giochi come Enslaved che si finiscono da soli, oppure le campagne singol player di COD o Batlefield di una facilita esasperante, (fatte in questo modo (sempre secondo il mio modesto parere) solo per attrarre giocatori) credo porterà ad un appiattimento delle meccaniche nel game play che non può che nuocere a questo media, che ci siano esperienze visive tipo Journey o Havy rain non possono che farmi felice, ma che generi video ludici diventino un piattume abbassando la difficoltà e estremizzando la spettacolarità solo per vendere milioni di copie è ridicolo, (il discorso multi player e diverso i giocatori accrescono la difficoltà con le loro strategie, questo non ha nulla a spartire con le idee della casa madre o dello sviluppatore).
Vedi per chiarire meglio il mio punto vorrei spiegarti cosa mi ha portato a questa intuizione: non troppo tempo fa stavo parlando con il fratellino della mia dolce metà, un giocatore di 14 anni che considera epoca arcaica anche l’era ps2 (per ovvie ragioni di età) per lui i videogiochi “antichi” sono troppo difficile e in giocabili , troppo cervellotici perché non gli permettono di finire la campagna in poche ore. Per ribadire la mia tesi credo che molte case (fortunatamente non tutte) addolciscano i giochi solo per massimare le vendite e creino giochi clone su giochi clone per risparmiare tanto COD vende lo stesso .
Per concludere vorrei solo dire che se da una parte ci sono i giochi “indie” nel versante opposto le major EA in testa stanno creando a suon di giochi spettacolari sul piano audiovisivo ma poverissimi di contenuti un esercito di giocatori (nuove leve al 99%) che inconsci del media nella sua interezza ,che vide la sua esperienza senza poter fruire di alternative, ma contento di quello che ha.
Il mio discorso voleva attaccare la difficoltà ridotta e la spettacolarizzazione (che serve appunto a pompare l’ego del povero giocatore) perché questa e fine solo ad aumentare le vendite mentre la sperimentazione vera forza motrice di questo nostro amato mondo video ludico  (questo e un fatto su cui nessuno con un minimo di amore per il videogames può obbiettare) rimanga in un piano puramente accessorio.