Un bel segno di maturità sarebbe quello di sporcarsi le mani e tentare di tirar fuori una o due riforme prima delle prossime elezioni, tentando anche di dare un minimo di credibilità che possa alleviare il pestaggio finanziario che un'Italia instabile attirerà.
Ma infatti, hanno a portata di mano la possibilità di varare legge antitrust, incandidabilità dei condannati e di chi è sotto processo, riduzione dei parlamentari e riforma elettorale, manovre su cui FORMALMENTE sono entrambi d’accordo. In questo modo le prossime elezioni porterebbero comunque a un risultato più limpido e anche l’economia respirerebbe, ché spread e credibilità internazionale non si migliorano solo spremendo sangue dai contribuenti, ma anche (soprattutto?) creando un Paese più civile dal punto di vista sociopolitico.
Il problema è che da una parte c’è Bersani e la frangia del PD da rottamare che continua a non vedere le necessità del Paese per inseguire quell’approccio spocchioso, anzi “choosy” [cit.], alla politica, tipico dello stile dalemiano (che per inciso ha consentito a PDL di prosperare per vent’anni).
Dall’altra, c’è il Grillo demagogo e protagonista, che, nel suo momento di massimo splendore, non riesce proprio a fare il promesso passo indietro, continuando a limitare al minimo lo spazio di manovra dei suoi, per rimanere in primo piano e anteporre la propria immagine a quelle proposte invero interessanti (direi necessarie) di cui si è fatto portavoce con il Movimento.
Se da una parte ci fosse stato Renzi e dall’altra Grillo avesse dato spazio ai suoi, una volta terminate le elezioni, ci sarebbero stati accordi da fusione di livello Super Sayan 1000
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