The Legend of Zelda - Ocarina of Time (Nintendo 64, 1998) L'unico altro Zelda che può ambire al titolo di migliore della saga per la maggioranza dei giocatori. Uscito ben 5 anni dopo l'episodio precedente, primo Zelda poligonale, atteso come nessun altro gioco dell'epoca,
Ocarina of Time è stato un vero terremoto nel mondo dei videogiochi. La sua influenza è tuttora ben visibile in innumerevoli giochi.
OoT riprende a grandi linee la struttura di LttP, ma la porta in tre dimensioni e vi aggiunge una regia e una narrazione non possibili fino ad allora. La storia di Link, Ganon e Zelda trova qui la sua espressione più nota e apprezzata, grazie a un'interazione molto complessa e affascinante tra i personaggi; tanto più efficace, in quanto resa con scene realizzate con lo stesso motore grafico del gioco, senza voci registrate (solo testo) e con intermezzi brevi ma incisivi. Negli episodi successivi si rimpiangerà molto questa essenzialità narrativa.
Così come si rimpiangerà la fase tutorial: necessaria per introdurre i giocatori ad un mondo 3D così ampio e sofisticato, eppure breve ed efficacissima, gestita dal giocatore con i suoi ritmi, piuttosto che imposta dal gioco stesso.
Ocarina of Time illustra le sue meccaniche al giocatore con il vecchio sistema: mostrando e facendo sperimentare, e non spiegando tutto per iscritto. Certo, per la prima volta Link si ritrova affiancato un personaggio-guida, ma ricorrervi non è mai necessario, e non è così invadente come accadrà in episodi futuri.
OoT, come LttP, è ambientato in due mondi quasi speculari fisicamente, ma diversissimi come contenuti. Il giocatore deve scoprirne tutte le subdole connessioni per superare gli ostacoli: un oggetto nascosto nel passato può rivelarsi la chiave per sbloccare un passaggio nel futuro; Link bambino, parlando con dei personaggi, può modificarne il comportamento per il Link adulto. Il culmine di questa interconnessione tra le due epoche si ha nel dungeon che va affrontato per metà da bambino, per l'altra metà da adulto. Alla base del gameplay c'è l'ocarina del titolo: imparando e suonando una decina di melodie diverse, Link può viaggiare da un luogo all'altro, passare dalla notte al giorno, modificare l'atteggiamento di persone e animali, e molto altro ancora.
Ciò che rende unico OoT è la coerenza della trama e del mondo di gioco, è l'attenzione per il più piccolo dettaglio. Niente sembra fuori posto, tutto ha un senso, non c'è niente di troppo. Le subquest e i mini-giochi abbondano, ma non sono ipertrofici e gratuiti, non sembrano mai buttati lì di malavoglia per soddisfare le compulsioni dei cacciatori di achievement. Non c'è un filo di ridondanza, anzi: talvolta si desidererebbe perfino qualche spiegazione, qualche suggerimento in più. Il giocatore è affidato alla propria curiosità e intelligenza; per i meno dotati, c'è giusto l'indicazione della prossima meta, ma nulla è regalato.
I dungeon sono formidabili. Caratterizzati come non mai, offrono sfide sempre nuove, nemici sempre diversi, twist incredibili, sorprese dietro ogni porta. Il sistema di targeting dei nemici, novità introdotta in OoT e mai abbastanza copiata, porta ordine nel caos delle tre dimensioni, permette combattimenti frenetici ma ragionati, al contrario di quelli soporiferi di LttP. I boss, poi, non hanno paragoni. Sempre bilanciati, mai ingiusti, riescono a conciliare coreografia e giocabilità in modo perfetto. C'è lo spettacolo, ma la leggibilità dell'azione non viene mai sacrificata in favore della scena. Infliggere il colpo di grazia ad ogni boss è un momento di rara esaltazione.
Si potrebbero scrivere libri interi su OoT, ma la cosa migliore da fare è giocarci. L'edizione 3D pubblicata su 3DS migliora grafica, inventario e frame rate, ma l'originale su grande schermo ha ancora il suo fascino. Qualunque versione si scelga, non giocarci è ingiustificabile. Serio candidato a miglior videogioco di tutti i tempi.
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The Legend of Zelda - Majora's Mask (Nintendo 64, 2000) Più spin-off che seguito di
Ocarina of Time,
Majora's Mask si può forse meglio descrivere come il
Link's Awakening tridimensionale. Un episodio atipico per trama, atmosfere, gameplay, in un mondo diverso da quello di Hyrule, con regole tutte sue e un'enfasi sull'interazione con gli NPC.
Link bambino viene assalito, derubato e trasformato in un Deku (una creaturina silvestre pressoché inerme) dal misterioso Skullkid. Inseguendo il ladro, attraversa un varco dimensionale e finisce sul mondo di Termina, su cui incombe una tremenda apocalisse: entro 72 ore, la luna si schianterà sulla terra, distruggendo tutto. L'artefice di questa catastrofe è proprio Skullkid, che sta attirando la luna grazie ai poteri della Maschera di Majora.
Il ciclo di 72 ore è il cuore di tutto il gioco. Durante ciascuno dei tre giorni, alcuni eventi si verificheranno solo in ben determinati momenti, che una volta scoperti vengono automaticamente segnati su un taccuino. La subquest principale prevede di interagire con un gran numero di personaggi, ciascuno con la sua storia personale, al fine di ottenere oggetti, in particolar modo le 24 maschere disponibili nel gioco. L'obiettivo, comunque, non è tanto la ricompensa, quanto ricostruire le vicende di ogni personaggio, perché in MM il bello è scoprire come ogni individuo trascorre le sue ultime 72 ore di vita. La subquest più lunga, con protagonisti i giovani promessi sposi Anju e Kafei, è una delle storie più belle, più commoventi e meglio raccontate di tutta la storia dei videogiochi.
Oltre alle subquest, naturalmente, c'è la quest principale: fermare Skullkid. Per farlo bisogna completare 4 dungeon, tra i migliori di tutta la saga: l'ultimo è poderoso, forse il migliore che Zelda abbia mai offerto, per lunghezza, qualità degli enigmi, ambientazione, coerenza e complessità.
Chiaramente, le 72 ore a disposizione non bastano per fare tutto, ma Link ha ancora l'Ocarina del Tempo. Con essa può accelerare o rallentare lo scorrere delle ore, e soprattutto, in qualsiasi momento, può tornare all'alba del primo dei 3 giorni, resettando tutti gli eventi (ma non gli oggetti ottenuti, che restano in suo possesso). Questo è anche l'unico modo per salvare la partita, il che ha infastidito e allontanato innumerevoli giocatori.
L'altro caposaldo del gioco sono, appunto, le maschere. Tre di queste permettono a Link di trasformarsi in Deku, Goron o Zora, assumendo le caratteristiche fisiche e le abilità di ciascuna razza e potendo interagire con altri membri di essa. Le altre maschere conferiscono abilità speciali ma non essenziali, utili nelle varie subquest, o in alcuni casi per sbloccarne altre.
Majora's Mask è uno Zelda particolarissimo, un esperimento riuscitissimo ma mai ripetuto, probabilmente irripetibile perché caratterizzato da ritmi non più accettabili per gli standard attuali. Unisce il gameplay di
Ocarina of Time ad un'atmosfera cupa e onirica, racconta tante piccole storie con una delicatezza e uno stile che la saga dovrebbe recuperare, propone sfide ed enigmi ai massimi livelli della serie. Un gioco bellissimo, per diversi aspetti anche meglio di OoT, ma più esclusivo ed esigente. Non è per tutti.
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The Legend of Zelda - Oracle of Ages/Oracle of Seasons (Game Boy Color, 2001) Sviluppati da Capcom, questi due episodi portatili di Zelda risalgono alla prima era Pokémon, e sfruttano in modo analogo l'interazione tra due "versioni alternative" dello stesso gioco.
I due
Oracle riprendono in toto l'impostazione di
Link's Awakening, sviluppando in modo differente una trama molto simile. In entrambi i giochi Link si ritrova in un regno alternativo: Labrynna (OoA) e Holodrum (OoS) e deve salvare una fata/dea di Hyrule: Nayru nella "versione blu", e Din nella "versione rossa".
Ages propone due mondi speculari, passato e presente, in una sorta di mix tra LttP e OoT;
Seasons, invece, dà a Link una bacchetta con cui cambiare la stagione nell'area attualmente visitata, aprendo nuovi passaggi grazie ai cambiamenti climatici (in estate crescono le liane, in autunno cadono le foglie, in inverno si ghiaccia l'acqua...).
Entrambi i giochi sono solidissimi e propongono perfettamente le dinamiche zeldiane.
Ages è un po' più cervellotico e contiene innumerevoli citazioni dagli Zelda per N64, mentre
Seasons è leggermente più improntato all'azione e omaggia ripetutamente l'originale LoZ per NES. L'atmosfera si rifà a quella delirante di
Link's Awakening, con molti momenti umoristici.
La genialata è che si può sfruttare la funzione di link tra due Game Boy Color per scambiarsi oggetti e, una volta finita l'avventura, per sbloccare nuovi oggetti e il vero finale. Per fortuna, a differenza di Pokémon, non è necessario avere due Game Boy: i due giochi permettono di sbloccare questi segreti anche con un sistema di password, da ottenere in un episodio e da inserire nell'altro.
L'unico difetto dei due
Oracle è che sono così simili a LA, che se si è giocato LA non sono così sorprendenti. Per il resto, si possono tranquillamente definire imperdibili.
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The Legend of Zelda - The Wind Waker (Gamecube, 2002) L'annuncio di uno Zelda in cel-shading scosse l'E3 e provocò uno scandalo... e dopo dieci anni, ancora non si è visto niente di più bello.
The Wind Waker è sicuramente lo Zelda più bello da vedere, un vero cartone animato, con animazioni, espressioni facciali, effetti di luce degni della migliore Disney.
Il gameplay è largamente derivato da
Ocarina of Time, ma con molte differenze strutturali. L'overworld è costituito da un grande oceano, diviso in 49 settori, ognuno occupato da un'isola. Link si sposta tra un'isola e l'altra grazie ad una barca parlante, che gli dona anche la Bacchetta dei Venti, grazie alla quale si può cambiare la direzione del vento per navigare. La Bacchetta può anche suonare altre melodie, esattamente come l'Ocarina del Tempo. Una di queste melodie serve per assumere il controllo di due compagni d'avventura, ognuno dei quali affiancherà Link nell'esplorazione di due precisi dungeon.
Purtroppo WW è uno Zelda incompleto. Se grafica e regia sono eccezionali (il finale è probabilmente il migliore di tutta la saga), molti aspetti non sono stati curati a dovere. I dungeon non sono niente di memorabile, e ciascuno richiede essenzialmente di ripetere lo stesso enigma diverse volte, soprattutto nelle parti più avanzate del gioco. Il mare è una bella idea, ma diluisce all'infinito i tempi di spostamento tra una zona e l'altra, e dover cambiare continuamente la direzione del vento è molto fastidioso. Inoltre, il gioco è molto, molto facile. Infine, e questo ad alcuni non sembrerà un difetto, WW è il primo Zelda ad introdurre subquest eccessivamente lunghe e ridondanti, che non offrono alcuna vera ricompensa se non l'achievement di averle completate. In particolare, quella in cui bisogna scattare fotografie per sbloccare le figurine di personaggi ed oggetti del gioco.
Fino ad oggi, è l'unico Zelda che sia riuscito ad annoiarmi.
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The Legend of Zelda - The Minish Cap (Game Boy Advance, 2004) In questo episodio portatile, Zelda è stata pietrificata dal malvagio Vaati e Link deve cercare l'aiuto dei Picori, una popolazione di gnometti microscopici. Grazie all'aiuto di Ezlo, uno strano cappello parlante, Link è in grado di ridursi alle dimensioni dei Picori e di esplorare i loro ambienti. Anche in questo Zelda c'è dunque un elemento di dualismo, in questo caso il mondo normale e il mondo microscopico, con le ovvie interazioni tra i due.
The Minish Cap offre alcuni nuovi oggetti, tra cui una giara-aspirapolvere che rivedremo in 3D in
Skyward Sword. La più grande subquest del gioco include lo scambio di frammenti di Kinstone: la maggior parte degli NPC possiede mezza Kinstone, e Link deve fornire loro la metà combaciante. I frammenti di Kinstone si trovano dappertutto a Hyrule: nei bauli, sotto le pietre, scavando, in mezzo all'erba, risolvendo mini-giochi di varia natura. In tutto il gioco ci sono varie decine di scambi effettuabili, e le ricompense variano da denaro, a Frammenti di Cuore, a nuove tecniche di combattimento.
Come nei precedenti episodi portatili, Link può acquisire la capacità di saltare e fluttuare con uno speciale mantello. Come negli episodi 3D, può rotolare e schiantarsi contro alberi, pareti e oggetti per ottenere diversi effetti. Essendo un'avventura single-player derivata dal multiplayer
Four Swords, MC riprende lo stile grafico introdotto in
The Wind Waker, e al tempo stesso anticipa alcuni elementi di trama e ambientazione che si rivedranno poi in
Twilight Princess. Si tratta di uno Zelda molto particolare, ibrido tra diversi altri episodi, poco pubblicizzato, poco trama e tutto gameplay, quasi un "di più" pubblicato in un periodo e su una console per cui Nintendo promuoveva preferenzialmente il multiplayer. Come i due Oracle, è stato sviluppato da Capcom. Un piccolo classico misconosciuto, molto criticato all'epoca per la sua brevità e facilità e per il non essere rivoluzionario "come Zelda dovrebbe essere", ma molto divertente.