Approfondisco il concetto.
Quando gioco ai giochini, da un po' di anni, mi faccio questa domanda praticamente in automatico: mi sta drogando, o mi sta emozionando?
Più l'uno o più l'altro?
Assunto che la componente drogante è intrinseca nel medium, quanto sta pesando in questa esperienza specifica? Si prende quasi tutto, anche il caffè (cit.) o lascia spazio a sensazioni più complesse oltre a quelle riconducibili alla dipendenza?
Adrenalina, premio-punizione, gratificazione sono di default. Va bene, accordato.
Ma cè anche partecipazione emotiva, stimolo intellettuale, coinvolgimento estetico? Oltre all'ansia e alla tensione della sfida, mi produce anche gioia, tristezza, stupore, estasi, meditazione, riflessione?
Spesso i giochi molto celebrati, attesi, chiacchierati (e molto costosi) hanno in qualche misura queste componenti, ma sono secondarie rispetto all'effetto dipendenziale. Quasi degli orpelli per catturare l'attenzione sul prodotto, che poi però convince essenzialmente per le sue dinamiche dipendenziali. Perché, banalmente, sono quelle più universali, assolute. Quelle che fanno parlare del prodotto e fanno vendere. Soprattutto in modo incoscio. Dici "che figa la grafica, che figa la storia, che gameplay sopraffino", ma alla fine quello che ti sta pigliando volente o nolente è il livello di scimmia che riesce a produrti. Quanto stai in astinenza del suo modello specifico di premio-punizione.
Ecco, tornando a bomba, per me quella domanda dell'inizio è diventata fondamentale. Quanto pesa la rota rispetto agli stimoli di altra natura?
Fiatella Selvaggia imbandisce una tavola piuttosto colma di stimoli, di varia natura. Ma nessuno è davvero calamitante quanto le sue dinamiche premio-punizione. Complesse e raffinatissime. Nintendo è maestra, da mo'. E la mando volentierissimo affanculo per questo