Final Fantasy VII.
C’è un motivo se questo è un gioco seminale.
Anzi, di motivi ce ne sono molti.
Dopo non so quanti anni che non ci rigiocavo, be’, rivisitandolo non posso che confermare un’opinione che in tutti questi anni avevo sempre conservato: è il migliore dei tre FF per PS1 e, francamente, un titolo così avanti per il 1997 che qualcosa del genere non si è effettivamente più visto.
Rivisitare FF7 oggi è l’ennesima conferma che l’art direction, col senno di poi, vince sempre e comunque sul “realismo” che “sembra vero!” oggi e l’anno prossimo ci chiederemo come facesse a sembrarci vero.
Questi piccoli pugni di poligoni col gouraud shading e le facce in 2D fanno ancor oggi la loro splendida figura, perché ciò che conta non è quanto sembrano realistici (per niente), ma quanto sembrano veri. Creature vere, che potrebbero farsi la loro vita quando spegni la console e smetti di dirgli cosa fare. Quando Tifa si passa la “mano” tra i capelli mentre parla con Cloud fuori dal Cratere del Nord - una mano che farebbe ridere persino gli omini Lego - e chiude quegli occhi-decalcomania che ha appiccicati alla “faccia”, la mia mente vede una persona più reale di tutti i “realistici” manichini di Naughty Dog. L’espressività di questi burattini dei primordi del 3D è impressionante.
E le ambientazioni prerenderizzate, santo cielo. Ma che dettagli assurdi hanno? Ma quanta roba c’è nelle case? Ma quante stanze da letto diverse ci sono? Ma quale altro gioco si è mai preoccupato di mettere un cesso praticamente in ogni casa? Persino FF9, il culmine dei fondali prerendered di Square, non ha questa solidità, questa credibilità; si concentra su altri dettagli, ma non gli stessi dettagli di cui vivono le ambientazioni di FF7.
Anche la commistione di figure poligonali e FMV è nonpareil. Il nostro team tra le gambe della Weapon che batte in ritirata; la squadra al completo che si lancia col paracadute su Midgar per il confronto finale con la Shinra. Pazzesco. Ineguagliato.
Perfino i FMV non sfigurano più di tanto al giorno d’oggi, anzi. Weapon è sempre terrificante. Le prospettive di Midgar sono sempre spettacolari. Sephiroth tra le fiamme è sempre cazzutissimo.
E poi be’, la storia e i personaggi. Mamma mia. Non ricordavo Aeris così presente, così tosta, così sfacciata. Nella scena del travestimento fa letteralmente tutto lei. E poi a un certo punto piglia, se ne va e salva tutti senza spiegare nulla. Non spreca parole, Aeris. E quante cose anticipa senza che ce ne rendiamo conto! Non avevo mai notato che menziona la sua Materia “che non fa niente” fin dalla prima scena in cui la incontriamo. E poi, proprio alla fine del gioco...
E Tifa, che nel momento di crisi di Cloud prende le redini del party e alla fine salva Cloud quando tutto sembra perduto. Ma quand’è che è nata ‘sta leggenda internettiana che i VG giapponesi sono misogini? Ma non lo vedono che le donne dei giochi Square calciavano i culi prima ancora che il videogioco fosse davvero mainstream?
E Cid e Barrett, i due duri che si fanno le loro cappellate e le loro figure di merda da perfetti egoisti.
Perfino Caith Sith ho rivalutato, un personaggio ludicamente squallido, ma quelle volte che va in scena, non si fa problemi a dire le cose come stanno.
Anche tra i comprimari si fa fatica a trovarne uno a cui non ci si affeziona. I Turks sono magnifici. I cattivi di Shinra, dal presidente in giù, ti ritrovi a odiarli con piacere. Don Corneo è il giusto mix di viscido e di macchietta. Shera, Bugenhagen, Dio, Dyne: piccole parti, ma grandi ruoli.
La storia è fantastica, senza essere esagerata. Ci sono ancora due o tre cose che secondo me non sono spiegate troppo bene (ma se Cloud non è una creazione artificiale, perché Hojo insiste fino alla fine che lo sia? Perché si dice che Sephiroth è stato creato, se Vincent ha conosciuto sua madre?), ma è quasi tutto alla luce del sole. Alcune scene sono da vivere e rivivere (anche quelle meno topiche: la subquest di Yuffie a Wutai, la sfida tutta femminile tra Tifa e Scarlet). E i dialoghi sono tutti TOP. Ma veramente tutti.
Della musica inutile parlarne. Mi sono svegliato per tre giorni di fila col tema dell’Highwind in testa. Mentre scrivo queste parole ho musica di FF7 che gira su alcuni neuroni in sottofondo, a random.
Il gameplay? Ma cavolo, il Materia System è ancora il sistema più flessibile di tutto il FF classico. Vero, col senno di poi, un sacco di Materia non la usi praticamente mai. Una buona metà delle Magic Materia serve a pochissimo e le summon sono belle da guardare, ma difficilmente ne fai davvero uso. Sono le Support e le Command Materia che, usate come si deve, fanno la differenza. E il gioco è più difficile di quanto ricordassi. I miei Game Over me li sono mangiati, eccome. E c’è un beeeeel po’ di grinding da fare se si vuole veramente potenziare le Materia. Gloria gloria gloria (cit.) alla funzione di “acceleratore” e agli altri cheat offerti dalla nuova versione dei vecchi FF. Ore, ore risparmiate. Si resta di stucco a vedere, puramente e semplicemente, quanto diversa fosse la concezione del tempo nei giochi dell’epoca. Scene in cui si resta per infiniti secondi a guardare un elicottero che va da una parte all’altra dello schermo, prendendosi tutto il tempo del mondo. Scale di lunghezza ridicola, che il nostro personaggio sale e scende come se fosse in gita di piacere. Fondali da percorrere per tutta la loro lunghezza, vedendo il nostro personaggio prima enorme farsi piccolo piccolo mentre si allontana sempre più dal foreground. I tempi di caricamento delle battaglie. È. Tutto. Decisamente. Lento. E allora viva l’acceleratore. Perché, se non ho mai rigiocato questi giochi per quasi 20 anni, era anche e soprattutto per il tempo spropositato che richiedevano per fare qualsiasi cosa. Anche per caricare una Limit Break dal livello 3 in poi.
FF7 è ancora un gioco maledettamente bello. Uno di quei classici di quell’era pioneristica dei VG che si rivisitano con il piacere che solo un classico può dare. Uno di quelli che in tanti hanno provato a imitare, ma che fondamentalmente sono impossibili da ripetere perché troppo figli di un tempo che non è più, di uno zeitgeist che chi è arrivato dopo non potrà mai comprendere, dell’entusiasmo di un’epoca in cui ci si avventurava in terre tutte da esplorare, di un team di creativi in stato di grazia che al primo tentativo ha centrato praticamente tutti i bersagli.
La parola capolavoro si usa per queste opere qui.
(E sì, anche qui, grazie Game Pass ma fanculo, questa è roba che si compra su tutto quello che hai in casa per farla girare, perché i soldi e il tempo vanno spesi bene)