My opinion:
Concordo su tutto della tua lettura, il fatto che personalmente accetti di buon grado questo scenario è un altro paio di maniche, però .
Volevo chiudere il post dicendo "non che io sia entusiasta di questo scenario, solo, mi sembra possibile".
Non l'ho fatto.
E subito qualcuno pensa che io sia contento così. Lo sapevo
Non lo accetto di buon grado, ma avrò scelta?
Fare terra bruciata attorno all’utente per concentrarlo sul presente e legare a doppio filo la fruibilità e l’esistenza stessa del prodotto videoludico a un hardware a ‘scadenza’ (mi riferisco anche alla prospettiva dell’always online) profila la volontà di trasformare il videogioco da opera a bene effimero. Allora il videogioco non sarà più un medium simile a musica, cinema, letteratura, ma diventerà una parentesi ricreativa al pari della permanenza in villaggio vacanze o di una cena al ristorante. Un’esperienza da godere al volo, in un arco di tempo limitato, che non lascia pressoché nessuna testimonianza nel futuro. Questo volevo dire con bene di consumo volatile, per inciso.
Il VG è talmente legato al momento tecnologico, che la maggior parte degli utenti lo vede esattamente così.
Possiamo menarcela finché vogliamo, ma l'opinione sul VG resterà sempre che si tratta del medium degli sfigati, dei non acculturati, degli asociali, dei fancazzisti, dei subumani, dei sessuofobici. Per lo meno, se praticato in dosi di più di mezz'ora al giorno. È socialmente accettabile solo laddove sei disposto a mollare immediatamente il pad all'arrivo della birra o al passaggio di una donna.
Perché è effimero per natura. Nessuno pensava che Pong fosse per sempre. Nessun programmatore pensa di restare fermo al momento tecnologico attuale. Mentre programma Pong, pensa che sta programmando Pong perché la tecnologia non gli permette niente di più. Ma lui sta già sognando il futuro. E così gli utenti. Tutti smascellati di fronte a Virtua Fighter, ma il commento è sempre: "pensa cosa riusciranno a fare tra 10 anni!".
Dieci anni fa, Ring tentava di sdoganare il termine "videoesperienza". È l'unica cosa che salvo di Ring, 10 anni dopo (trololol!!!
) Ma era una battaglia persa. Il videogioco resta intensamente personale. Non è condivisibile allo stesso modo dei film, dei libri, degli sport. La videoesperienza non si può trasmettere, non si può comunicare, non si può spiegare. E non potrai mai spiegare perché, nel 2013, rimpiangi e parli ancora di Final Fantasy VI.
Attenzione, libri e film sono ugualmente figli del loro tempo. Ma parlano un linguaggio diverso. Molti film sono effimeri quanto l'episodio X di una serie di videogiochi. Ma intorno c'è una critica, un substrato, un aspetto sociale e culturale che il videogioco non ha. Tra 10 anni,
50 sfumature di grigio non sarà più un fenomeno e chi lo esalta oggi negherà di averlo mai esaltato. Ma i curiosi potranno recuperarlo facilmente. Coi videogiochi non è altrettanto immediato. È più facile lasciar perdere. E non neghiamolo, l'impatto tecnologico è importante. Non tutti riescono a tollerare 10 minuti col SNES, se hanno cominciato a giocare con PS360.
E per chi li vende, i VG, è molto più comodo così. Il VG guadagna oggi. Tra un mese, sei mesi, un anno, c'è roba nuova. Devi vendere subito. Il concetto di "recuperare" un VG non è lo stesso di "recuperare" un film o un libro. Non si torna indietro, non si guarda indietro. Il pubblico delle ultime due generazioni è stato abituato così, e non si preoccuperà di non poter giocare i giochi vecchi sulla console nuova. Perfino Nintendo ha rimosso la retrocompatibilità da GBA, DS e Wii, nel tempo.
Con libri e film, ci sono associazioni internazionali e giri di denaro volti a recuperare, salvaguardare e restaurare l'antico.
Con i VG, soltanto i pirati hanno salvato dall'oblio una quantità enorme di titoli. Gran parte della "cultura" videoludica sarebbe perduta, senza di loro. Pensa l'ironia.
Sono giochi. Nessuno pensa che un gioco debba essere eterno.