Pensavo ne avresti apprezzato i molteplici livelli di lettura e il modo in cui gioco gestisce il dialogo con il giocatore. Mi sbagliavo.
Capito
Tra ieri e oggi mi sono preso del tempo per fare retro-reading, recuperarmi audiolog e videolog, rivedermi la video-analisi che avevi postato. Credo di poter immaginare che ciò che avviene nel post-game mi avrebbe potuto piacevolmente stupire. Forse. Ma pur ammettendo che Blow sia un game designer estremamente brillante (anche i livelli di Braid erano eccezionali) e che abbia un intelletto e una cultura non comune, non posso dire che il modo che ha di dialogare con il giocatore sia nelle mie corde.
Blow vuole essere ascoltato, fondamentalmente. Non è un vero e proprio dialogo. Il suo modo di strutturare i giochi e inserire dei messaggi è più una selezione all'ingresso, che un tentativo di rendere il giocatore partecipe di qualcosa, sia pure se stesso. L'assunto da cui parte in The Witness è che il giocatore continuerà a risolvere un serie infinita di puzzle pur di arrivare a sbrogliare la verità che si cela dietro l'isola. Dà per scontato che il giocatore sia naturalmente portato a essere interessato a quello che ha creato. Ma non è così. Non solo: ignora totalmente chi pur di finirlo lo trasforma in un'esperienza condivisa, sia pure con una persona affianco o con una guida online, quando il fulcro stesso dell'esperienza che vuole tracciare è fortemente individuale.
In questo senso, mi viene da dire che l'unico che abbia esperito The Witness così come l'autore avrebbe voluto è stato Kiavik, che in tre giorni senza sonno ha finito tutti i puzzle da solo.
Anche il modo in cui Blow usa il mezzo non è proprio vicino ai miei gusti. Il fatto che qui si appoggi a mezzi passivi con citazioni audiovisive non originali (nel senso di prese da altri autori), me lo fa apprezzare meno di chi fornisce significati o chiavi di lettura principalmente dall'esperienza interattiva e da contenuti propri.
Dato che non ti ha fatto nemmeno impazzire Talos, potrebbe essere che il genere puzzle non ti appassiona?
Portal è nella mia Top10 di tutti i tempi, quindi no, non credo sia legato al genere
Talos mi era piaciuto abbastanza come puzzle game, le mie critiche erano più che altro mirate all'aspetto narrativo, che mi era stato descritto come nuovo/innovativo/degno di attenzione.
Quello che non mi piace in un videogioco puzzle è se il ragionamento e la risoluzione di un enigma passa attraverso un mezzo esterno al mondo di gioco stesso. È un medium interattivo che ti porta dentro in uno spazio altro, quindi voglio poter agire e manipolare quel mondo, non trascriverlo su un pezzo di carta e ragionare su quello.
Se The Witness fosse stato privo dei suoi panelli di logica pura, proponendo solo ed esclusivamente i puzzle ambientali, quasi certamente lo avrei portato a termine