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Tra l'altro i sacrifici umani erano parte di una strategia di controllo delle masse,
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Non sono d'accordo, o meglio, va bene per le religioni cosiddette, ma non per i culti pagani, per i quali la connessione col sacro era parte integrante della vita, come la superstizione, che non deve essere imposta da nessuno, è insita in ognuno di noi pressochè dalla nascita.
Nel caso specifico parliamo di un popolo in cui i vincitori dei giochi sportivi venivano sacrificati, non i perdenti, perchè l'atto del sacrificio era considerato un privilegio e soprattutto un qualcosa a cui darsi consapevolmente e volontariamente, tanto che spesso i giovani venivano preparati sin da piccoli ad una vita di eccellenza, per poi darsi alla divinità salendo le scale del patibolo suonando un flauto che poi veniva spezzato e gettato a terra, ricordando in questo, per esempio, il famoso passo dell'Hagakure ove si citano le gite primaverili nei boschi a raccogliere fiori, per poi al rientro schiacciare i cestini sotto il piede, poichè "In tutte le cose, importante è la Fine", a simboleggiare quindi la consapevolezza di come la morte sia parte integrante della vita e non qualcosa di oscuro e terribile da fuggire e di cui il sacrificio rappresenti l'esecuzione più brutale, ma al contrario la giusta conclusione.
Questo ovviamente non esclude che nel periodo di massima decadenza, coincidente spesso con quello di carestia, e nel caso degli aztechi sempre, il senso dei sacrifici si sia perso per assumere connotati più "terra terra" come quelli che hai descritto.