le millemila pagine di questo topic confermano l'identità tra la console e il gioco: è piaciuto tantissimo a pochissime persone.
E' vero: perchè Shenmue è intimamente connesso a certe poetiche e fascinazioni orientali che non sono colte dalla maggioranza delle persone. E non voglio farne un discorso snobistico o d'elite. E' puramente una constatazione.
Quando parlo di empatia, intendo proprio questo. Shenmue è un titolo che fonda il suo fascino sulla capacità del giocatore di "vivere" la storia che ti sta raccontando. L'ho già detto, ma lo ripeto. Una volta che sei "dentro" al gioco, i muri invisibili, i controlli legnosi, le persone che ripetono le stesse tre frasi perdono di significato, perchè è come lamentarsi del tratto infantile in un'opera come Guernica.
Suzuki ha saputo infondere al suo gioco degli ideali e una cultura come nessun'altro ha fatto: quando il maestro ti ripropone per tre volte di prendere i petali del ciliegio in fiore per imparare una tecnica, entrano in gioco moltissimi fattori emotivi, grazie ai quali Shenmue schiude tutta la sua più intima essenza. Quella di essere zen ancor prima di essere giapponese.
Probabilmente chi non coglie (e non è una colpa, intendiamoci) queste emozioni profonde, troverà ridicole queste parole, o addirittura paracule, e continuerà a vedere in Shenmue un gioco lento e noioso. Lo capisco. D'altronde quando un'opera è così volutamente ermetica, quando per essere fruita necessita della giusta dose di empatia, che non è né quantificabile scientificamente né presente in uguale misura in ogni giocatore, ci si troverà sempre di fronte a questo bivio: i giocatori meno smaliziati e coinvolti ricorderanno i limiti e le magagne, quelli invece che sono intimamente rimasti affascinati dal gioco, porteranno nel cuore l'esperienza nella sua forma più pura e positiva, alla luce della quale ogni difetto (pur presente) perderà di importanza.
Scusate il pistolotto pseudo-filosofico, ma mi andava di scriverlo