Gli invisible walls erano insopportabili già ai tempi di Ridge Racer, figuriamoci nell'era 128bit, specie poi in un titolo che doveva offrire un villaggio virtuale da vivere liberamente. E ripeto, è solo colpa di Suzuki. All'epoca non avevo certo la pretesa di entrare in ogni stanza, ma un muro invisibile elimina il sense of wonder. Bastava mettere dei lavori in corso per sbarrare la strada e la continuità sarebbe stata preservata.[...]
Ma sì, d’accordo, però ripeto queste imperfezioni IMO sono scaturite da una semplice questione d’inesperienza verso quel tipo di linguaggio, che
Shenmue ha di fatto introdotto.
Porti come esempio
Metal Gear Solid, ma lo stesso si può dire di centinaia di altri titoli che hanno efficacemente contestualizzato il gameplay all’interno del level design, regalando un senso di libertà apparente ma credibile, pur confinando il giocatore all’interno di uno schema ludico e concettuale preciso. La differenza a monte è che
Shenmue (come quasi tutti i titoli open world successivi) si esprimeva attraverso un gameplay de facto privo di un suo focus specifico, risultava perciò più difficile disegnare efficacemente l’ambiente attorno a meccaniche di gioco che barattavano la complessità tecnica con una grande versatilità e ampie possibilità d'interazione, facendo apparire il tutto credibile, non so se mi spiego.
Di fronte a questa sfida, l’esperimento di Suzuki si è ragionevolmente orientato verso il realismo e, passami il termine, ‘l’evocatività’, ma i tempi, a mio avviso, non erano ancora maturi a livello di ‘mentalità’ di game development per tradurre tale visione open world in un prodotto scevro da 'nonsense', come gli invisible wall. Questi ultimi, peraltro, erano delle ‘soluzioni’ di design ancora molto diffuse ai tempi e ampiamente tollerate, sia dall’utenza che dalla critica, anche quando utilizzate in prodotti assai meno articolati.
In sintesi, non dico che non siano un difetto, ma non li posso inquadrare come limite concettuale vero e proprio, in quanto trovo ragionevole (se visto in ottica ‘storica’) che Suzuki non si sia posto proprio il problema, davanti a un progetto di quella portata, complessità e, in fondo, privo di precedenti a livello di game design.
I QTE falliti erano un altro fail. Bastava fare aver loro esiti diversi. Fallisci l'inseguimento? Non devi rifare tutto da capo, semplicemente ci sarà un'altra occasione di incontrare il nostro bersaglio, che magari ci schernirà per il nostro fallimento.
Ciò è vero solo in parte, dato che fallire o meno alcuni quick time event in
Shenmue 2 portava al dipanarsi della trama in direzioni differenti. Quello che mi ha fatto storcere il naso in
Shenmue 2, piuttosto, è stato l’aumento di QTE rispetto alle fasi di combattimento libero, che rappresentavano un bel punto messo a segno dal prequel.