L'Illusionista: E' tornato Sylvain Chomet. Sono passati più disei anni da quando Appuntamento a Belleville (Les Triplettes de Belleville, Premio Oscar nel 2004) aveva fatto scoprire al mondo il talento del regista/factotum (qui firma anche l'adattamento della sceneggiatura e la splendida partitura musicale). Il tempo non è passato invano perché L'Illusionista è un assoluto capolavoro, che supera persino Belleville e si propone come uno dei migliori film di animazione degli ultimi anni. L'origine è nobile: Chomet ha infatti recuperato uno script di Jacques Tati che "Mounsieur Hulot" non aveva avuto modo di interpretare. Il personaggio principale (che è di fatto una versione animata di Tati, con le stesse movenze e la stessa parlata incomprensibile) è un anziano illusionista che sbarca il lunario con i suoi spettacoli, oramai passati di moda (il film è ambientato negli anni '50). Durante le sue peregrinazioni arriva in Scozia dove, nella più classica tradizione chapliniana, incontra una giovane sguattera rapita dalla sua magia, cui si affeziona. La strana coppia si trasferisce ad Edimburgo e mentre lei si trasforma in ragazza elegante, lui si barcamena tra spettacoli e altri lavoretti con esiti disastrosi. La magia però non esiste per davvero e la vita ha scelto per loro strade diverse...
Come successo per Belleville, Chomet riesce a dare vita ad una serie infinita di personaggi curiosi, grotteschi, paradossali. Il bestiario umano ospitato nell'hotel in cui soggiornano i due ne è un chiaro esempio: dal clown con manie suicide al terzetto di frateli acrobati ipercinetici, dall'impresario visionario al ventriloquo alcolizzato, Chomet racconta la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra non necessariamente migliore. Buffo e divertente, amaro e malinconico, L'illusionista è un omaggio ad un genio del cinema (che si può ammirare "live" in una delle più riuscite sequenze del film), alla Scozia, rappresentata con un stile iperrealistico e convincente ed ad un modo di fare animazione oramai passato di moda.Visivamente meraviglioso e ottimamente musicato (non ci sono dialoghi se non quelli "intuibili" dalla incomprensibile parlata anglo francese dei personaggi) il film conferma il talento narrativo di Chomet e la sua incredibile capacità di trasportare lo spettatore in una fiaba triste che ammalia e soprende. In tempi in cui l'inutile 3D impera dilagante, è bello bearsi di fronte ai meravigliosi scenari bidimensionali, agli acquerelli animati che Chomet realizza con un estro e una creatività senza pari. Solo in due occasioni, perlatro perfette, si cede il campo al digitale, ma per il resto è tutta vecchia scuola. Da vedere e ri-vedere.
In sala dal 29 ottobre.