Diventa arduo staccarsi da Vanquish, anche quando il titolo non ha più nessun risultato da ottenere che non sia il puro soddisfacimento della voglia di giocarci. Il gioco per il gioco è un’arte assai mortificata di questi poiché si richiede, all’esperienza video ludica in genere, di coprire efficacemente tutta una serie di istanze che non le spetterebbero ma che qualificano agli occhi dei profani quell’evoluzione del medium che tanto si anela e poco si comprende.
Volete l’evoluzione del medium? Eccola, è Vanquish.
La prossemica è la dimensione vera di questo gioco, il punto d’incontro tra il recupero della spazialità come luogo di interazione pragmatica e la comprensione della distanza personale che qualifica il giocatore quale parte attiva di un giocattolo altrimenti inerte.
Il profilo di Vanquish è volutamente basso, laddove per bassezza non s’intenda una qualifica morale o un giudizio qualitativo ma solo una dichiarazione d’intenti che pone al centro della specifica esperienza di gioco l’estrema liquidità procedurale.
Cos’è la liquidità in ambito ricreativo? Semplice, è il successivo passo da compiere dopo che il relativismo (capacità del giocatore di distinguere il genere di esperienza che più lo contraddistingua) lascia spazio ad una forma più sfuggente e malleabile di divertimento, una sostanza che, per l’appunto, prende la forma di colui che la ospita, come avviene per l’acqua con il suo contenitore.
Vanquish è un gioco liquido, in quanto la somma delle sue componenti si mescola con il tipo di sollecitazione che il giocatore vuole dare e che non si cristallizza in azioni sempre uguali o ugualmente replicabili. Tutto si richiama ad un nesso, l’unica richiesta dal parte del programma è quella di comprendere le esili meccaniche attraverso cui si esplica un’offerta di condivisione.
Adesione ad un concento di potenza, in quanto il protagonista è uno strumento di ricezione emotiva attraverso il joypad, si scatena un potere che non sia solo illustrato ma esercitato.
Adesione ad un concetto di identità, poiché l’estetica è incentrata sulla meraviglia provocata dalle superfici e dai volumi, opportunamente offesi da quella potenza che riporta tutto all’unica identità fattuale del giocatore, Sam, la cui armatura e figura catalizzano l’attenzione.
Adesione ad una geometria superna fatta di armonia, che è equilibrio delle parti, che a sua volta diventa un ordine da comprendere. E l’ordine subordina l’idea di bellezza, percepita anche quando, entrando in lotta, all’ordine si sostituisce il caos. In quanto opposti quindi, intrinsecamente simili.
Non sottovalutate Vanquish, qui c’è roba da basarci un corso di laurea.