No, fulgenzio, non è proprio così. Cerco di spiegarmi.
Quello che un tempo veniva fatto in fase di sviluppo è ora sostituito dalla fase di post-produzione dell'immagine scattata con la fotocamera.
Pensa che, se ti limiti ad un semplice sviluppo senza altri interventi, potresti ottenere diversi risultati a seconda del software che utilizzi. Il software può essere infatti paragonato agli strumenti di un tempo come pellicola, acidi, e così via.
Inoltre anche la fase di sviluppo classico di una fotografia scattata su pellicola richiede non pochi e difficilissimi bilanciamenti: a seconda del materiale usato e della loro quantità, potevi ottenere fotografie più o meno contrastate o dai colori più o meno saturi.
Ecco, tutto questo oggi lo fai con photoshop.
Il problema è che oggi con photoshop puoi fare anche miriadi di altre cose che prima potevi fare, ma con difficoltà decisamente superiori. O cose che prima ti erano assolutamente escluse.
Questo è quindi il punto della questione: quanto è corretto eticamente modificare la foto e fino a che punto ci si può spingere? Beh, secondo me non esiste una risposta che rappresenti la verità assoluta. Per quanto mi riguarda io ritengo accettabile una post-produzione non eccessivamente invasiva, cioè che non "trucchi" lo scatto originario al punto da snaturarlo.
Ma modifiche su saturazione, contrasto, esposizione, crop, virate a toni monocromatici (sì, anche il bianco e nero o il seppia è da considerare post-produzione) per me sono più che lecite e rientrano nel percorso che dallo scatto porta alla fotografia finale.
Per farti comprendere l'importanza dello sviluppo (analogico e digitale) pensa che fino a qualche anno fa, quando si usava la pellicola, era più importante avere un buono sviluppatore che un buon fotografo: senza il giusto passaggio corretto da pellicola a stampa, anche la foto più bella poteva essere rovinata.