RACCONTO DI MEZZA ESTATE
Pochi ci riflettono oggi, ma tutti coloro che hanno avuto la possibilità di iniziare il loro percorso di vita e di gioco con macchine quali l'Atari 2600, l'Intellivision, lo Zx80 ed il Vic 20, sono persone fortunate. Assistere alla nascita del videogioco casalingo è stato uno dei più grandi privilegi della mia vita: è vero, ho battezzato anche internet e la telefonia cellulare ma la loro crescita è stata fin troppo repentina. Il videogioco invece, è cresciuto con me, accompagnandomi fino ad oggi che ho 37 anni. La grande botta di culo (possiamo anche chiamarla coincidenza fortunata) è stata che lui, il videogioco, ha iniziato a emettere i primi vagiti quando io, io, ero già abbastanza maturo per capire che quello sarebbe stato il fedele compagno di una vita. Console e computer sono sempre state compagni fidati e fedeli. Sempre pronti per alleviare lo scazzo di un pomeriggio d'estate troppo lungo, per consolarmi dopo un brutto voto, per traghettarmi da una scuola all'altra, da un'età a quella successiva. Cambiavano, vero, ma il pulsante start era ed è ancora il mio migliore amico.
Prima dei Mediaworld, dei Saturn, degli Unieuro, dei Gamestop, a Milano c'era Melchioni. Ora, francamente non saprei dire dove nemmeno bene ove fosse ubicato, ma ricordo bene che quasi ogni sabato, dopo aver finito di giocare a pallone con mio padre nel giardino antistante l'Abbazia di Chiaravalle, meta preferita delle nostre escursioni atte a liberare la casa dalla nostra ingombrante presenza affinchè mia madre potesse rassettare e fare i mestieri, una cappatina da Melchioni era un dovere morale. Non so cos'abbia provato Alice quando è arrivata nel paese delle meraviglie, ma credo proprio che abbia vissuto quel sentimento di allegro e confuso sgomento che io avevo ogni volta che varcavo la soglia di quel primitivo precursore degli odierni centri commerciali.
Tra le decine di console e computer rigorosamente incompatibili tra di loro, il più affascinante ai miei ingenui occhi, era l'SC 3000 di Sega, una sorta di prototipo con tastiera di quello che sarebbe di lì a poco diventato il Master System. In particolare ad attirare la mia attenzione e stimolare le papille gustative era Star Jacker, un curioso spara e fuggi nel quale la navicella spaziale era composta da quattro unità. Credo che molte di quelle macchine apparissero affascinanti perchè non era umanamente possibile comprarle tutte:c'erano l'Adam e l'Acquarius, i due computer che avrebbero dovuto fungere da espansioni delle rispettive Coleco e Intellivision, ma che sparirono senza lasciare traccia, il Ti 994A della Texas, il BBC Micro (quello con Elite). Per chi comprava il sistema sbagliato la fregatura era dietro l'angolo: a me capitò quando mio padre invece di prendermi il Commodore 64 come facevano tutti, si presentò a casa con un fiammante Sharp Mz-700, ovvero il computer meno indicato al mondo per giocare. Grafica inesistente (80x60...rendetevi conto), suoni cacofonici, disponibilità software pari a zero.
Ovviamente la sua presenza in casa nobilitava l'appartamento e almeno potevo mascherare la mia insofferenza spacciandolo per un supercomputer serissimo che “mi facilitava i compiti” e col quale “costruivo il mio futuro” (sì, avevo una buona favella anche da piccolo, per fortuna mi è rimasta). Ovviamente in realtà sbavavo sul Commodore 64 del mio dirimpettaio (psicopatico) con il quale strinsi una falsissima amicizia per poter giocare ai games della Epyx o umiliarlo al calcio, salvo poi dileguarmi come la notte al comparire del sole il giorno in cui finalmente, con due anni di vita ludica di ritardo che faticai parecchio a colmare, presi l'agognata macchina Commodore (che sbattei via giusto l'anno successivo per passare all'Amiga, ma questa è un'altra storia...). Certo, ogni tanto qualcuno capiva che, sotto sotto, quel computer era davvero un pacco senza pari (compreso l'amico delle medie che si bullava di aver a casa un Apple II con annesso Old Ironsides, pseudo-antesignano di Pirates, ma che in realtà nascondeva un umile, già a quei tempi, Atari 2600 con poche cartucce) , ma tant'è. Almeno posso ricordarmi di quella volta che mio padre scrisse una lettera al signor Sharp in persona, la fece tradurre in inglese da mia madre e la spedì...ricevendo pure risposta! No, non erano previste espansioni grafiche per quel computer, sarebbe sempre rimasto così. Da allora capiì una cosa: è sempre cosa buona giusta non seguire le masse, ma in certi casi il popolo bue ha ragione. Oh se ne ha.