Io venni introdotto ai videogiochi, credo, dal computer di un'amica dei miei genitori. Potevo avere 4 anni. Mi folgorò talmente che lo ebbi in prestito per qualche giorno, credo ci girasse Pac-Man o qualcosa di simile. Mi ricordo di uno di quei giorni che ero talmente intrippato nel gioco che, quando i miei decisero che la famiglia doveva uscire di casa, urlai e strepitai e mi aggrappai da qualche parte pur di non farmi staccare dal gioco. E ripeto, se non avevo 4 anni, ne avevo 5. Mio padre mi sputtanò abbondantemente in giro raccontando quella scena, e il computer fu restituito il giorno dopo, o quello successivo.
Poi alle elementari molti compagni avevano almeno un GIG Tiger, e ne provai molti. Poi ne volevo uno, ma costavano tanto, e dovetti chiedere e limitarmi ad aspettare, e intanto giocavo con quelli degli amici. Poi su Topolino comparve un concorso di qualche marca di dolciumi, per cui se spedivi gli incarti potevi vincere una valanga di giochi Mattel; in foreground, sotto quella montagna di giochi, c'erano una bimba con la bambola e un bambino in ginocchio davanti a un NES, che si girava raggiante verso l'obiettivo. Lo proposi ai miei genitori, che però, in quell'occasione saggi, pensarono che tanti dolci per un possibile Nintendo (che, anche quello, ce l'avevano i miei amici dei Tiger) non erano un buon affare. Perciò mio padre, al primo viaggio negli USA, ebbe la balzana idea di comprarmi un NES Action Set. 100 dollari, mi ricordo il prezzo sulla confezione, che ho ancora. Non aveva considerato, buon'anima, che sul televisore PAL si sarebbe visto in bianco e nero. Ebbene, sapete un po'? Me ne fottei totalmente, passai la mia prima ora su Super Mario Bros., e il giorno dopo quella prima partita col mio NES americano avevo la famigerata Nintendinite: un dolore allucinante ai polpastrelli dei pollici. Ma ci si abitua in fretta, oh sì...