Concordo su quanto detto dal buon Ferruccio, ma secondo me non si può non tenere in conto la circostanzialità dell’uso di una sostanza, oltre che la sostanza stessa. Mi spiego: diventare tabagista (tipo me, per esempio: fumo con regolarità svizzera un pacchetto di sigarette al giorno e se sono senza/non posso fumare sclero) non è più semplice che diventare alcolista perché il “potere schiavizzante” del fumo è superiore a quello dell’alcol. La differenza è che la sigaretta è un vizio sdoganato, accettato e di cui è possibile usufruire in qualsiasi istante senza alcuna conseguenza sul proprio operato “pratico” e, per estensione, sulla propria vita e quella degli altri. Nel senso che si può fumare tranquillamente mentre si lavora, si guida, si viaggia, etc.. Bere è un po’ più difficile, nonché largamente meno accettato a livello sociale.
Per i cannoni il discorso è simile (premettendo che, come noto, la dipendenza fisica da cannabinoidi ancora non è stata dimostrata), in quanto fattori come reperibilità e frequenza/possibilità di consumo non possono non essere considerati nell’equazione d’insieme.
In poche parole, di alcune sostanze è *più* difficile diventare dipendenti perché le possibilità di abuso sono, banalmente, ridotte. In quest’ottica diventa peraltro abbastanza semplice spiegare il recente exploit della cocaina.