SYRIANA di Stephen Gaghan
“La corruzione è la ragione della nostra vittoria”
Crash in Medioriente.
Syriana racconta cinque storie che, fatalmente, si intrecciano: un agente Cia alle prese con un’ultima pericolosa missione, un procuratore di Washington pagato per mandare in porto una fusione industriale sospetta, l’erede al trono di un paese arabo diviso tra tradizione e riforme, un esperto in problemi energetici annientato da un drammatico lutto familiare e un giovane immigrato che perde il lavoro. Ricchi e poveri, patrizi e plebei, tutte pedine di un gioco immensamente più grande di loro.
La vicinanza tra il film-rivelazione di Haggis (Crash) e questo di Stephen Gaghan (Traffic), è più stretta di quanto si possa pensare. Entrambi sono puzzle disordinati solo in apparenza, e dotati di un finale risolutivo e magnifico, entrambi propongono personaggi credibili e lontani dagli archetipi tradizionali, pongono domande e raccontano storie che racchiudono piccole lezioni di vita, entrambi distruggono lentamente ma sistematicamente l’America ed i valori che essa rappresenta.
Passato il periodo dell’ostentato patriottismo e dei film-tributo agli eroi dell’11 settembre, il cinema a stelle e strisce comincia ad interrogarsi sulle ragioni che hanno portato a quella tragedia e osserva con preoccupazione l’evolversi della situazione nella zona mediorientale, una polveriera a cielo aperto.
Syriana, film denso e pastoso, a volte di difficile lettura ed interpretazione, anche a causa della quantità industriale di input lanciati al pubblico, conferma che questa stagione è davvero fortunata per gli amanti del grande cinema di impegno civile.
Gaghan, che, scrivendo Traffic aveva rappresentato un realistico e severo ritratto della connivenza tra potere politico e narcotraffico, volge lo sguardo ai rapporti che legano l’America al Medioriente, tutti volti alla gestione del prezioso bene ivi presente in grandi quantità: il petrolio. Con una regia asciutta e priva di fronzoli ed una forma impeccabile, Syriana dipinge uno scenario a fosche tinte, lanciando credibili provocazioni (la gestione del prezzo del petrolio permette all’America di esercitare la propria superiorità sfruttando risorse che si trovano ben lontane dai propri confini), muovendo i fantasmi che preoccupano l’impero americano (il risveglio del gigante cinese) , affrontando con pudore e chiarezza cristallina la questione dei kamikaze e del perché lo si diventa (forse la più drammatica e lancinante tra tutte le innumerevoli ed interessanti sottotrame proposte dal film). Ricco di battute fulminanti (il monologo di Tim Blake Nelson sulle “ragioni” del successo americano) , Syriana conferma il talento di Gaghan come narratore e regista, anche se è ogni comparto della pellicola a risultare eccellente, dalla colonna sonora (di Alexander Desplat, eccezionale) , al montaggio, dalla fotografia ai costumi.
Il cast è semplicemente strepitoso a cominciare da George Clooney, ingrassato e bolso, che dà un plus di carisma e fascino decadente all’agente Cia che si ritrova , dopo aver servito il suo paese per anni, tradito e cacciato dalle stesse persone con le quali divideva rischi e pericoli ai tempi della guerra fredda: un eroe decadente che il divo rappresenta alla perfezione. Detto del buon George, la lista degli elogi al resto della truppa sarebbe infinita: intenso Matt Damon, che scarica sul lavoro il peso di una insostenibile tragedia familiare, rischiando di perdere la bella e assorta moglie, Amanda Peet, carismatico Alexander Siddig , principe arabo liberale e riformista, cinico e spietato Chris Cooper, la cui piccola impresa petrolifera avanza a colpi di tangenti, e si potrebbe continuare. Sopra tutto svetta la magnifica coralità di un gruppo affiatato e convinto della bontà dell’opera. Pessimista e laconico, Syriana pesca il meglio dai generi di appartenenza (spionaggio, thriller politico, dramma sociale) per riproporli in un mix irresistibile.Da vedere.
In sala dal 24 febbraio