Copio-incollo il papiretto che avevo già postato su faccialibro!
Visti i primi 4 episodi di Twin Peaks: The Return.
Una premessa è necessaria: la forza della serie originale risiedeva nel prendere alcuni dei generi maggiormente in voga fino a quel momento della storia della TV (soap opera, mystery, il poliziesco/giallo deduttivo, comedy ed una spruzzata di horror), per destrutturarli ed amalgamarli secondo la visione creativa del duo Lynch-Frost.
Tale serie, inoltre, vide David Lynch direttamente alla regia di alcuni episodi, dimostratisi nel tempo tra i migliori sia della serie che della storia della TV tutta, insediando pericolosamente i terreni cari a certo cinema surrealista d'autore.
Oggi, ad oltre 25 anni da quell'evento, sarebbe stato irragionevole pretendere un Twin Peaks ancorato a quelle "ricetta" figlia del suo tempo. Ancor di più, sarebbe stato irragionevole pretendere che Lynch, avuta carta bianca dalla produzione e al timone della regia per tutti e 18 gli episodi che comporranno “Twin Peaks: The Return”, avrebbe girato materiale inedito con la sua maturità di allora (quella del post Velluto Blu), ignorando quella decade di percorso artistico che lo ha visto sperimentare ed alzare l'asticella con la cosiddetta "trilogia del sogno".
Non dico che non sarebbe stata una via praticabile, ma in quanti ne saremmo stati davvero soddisfatti? Credo la maggior parte di noi avrebbe accolto un Twin Peaks fatto in quel modo con un "bello, ma ancorato al passato, non in grado di ripetere l'impatto di ciò che fu nel 1990".
Fortunatamente, il duo Lynch-Frost ha rimesso in discussione sé stesso, Twin Peaks e il concetto di "serie TV" modernamente intesa.
The Return è ancora Twin Peaks, ma è un Twin Peaks che riprende elementi narrativi, strutturali e stilistici del film prequel del 1992 "Fuoco cammina con me". E’ un Twin Peaks che si spoglia completamente degli elementi soap opera, riduce i tratti comedy (comunque ben presenti, specie nell'episodio 4), schiaffa dentro una cruda e viscerale dimensione hard-boiled (conseguenza del "nuovo" carismatico villain) ed intensifica da subito la dimensione orrorifica, grottesca e surreale.
Ma soprattutto, come anticipavo, questo è un Twin Peaks girato interamente da un Lynch ormai allo zenith del suo percorso artistico. E SI VEDE!
Il surrealismo più spinto di Lynch, quello senza compromessi, quello disinteressato al consenso di critica e grande pubblico si è letteralmente "impossessato del corpo" dell'originale Twin Peaks per rileggerlo alla luce delle sperimentazioni intraprese con Strade Perdute, portate avanti con Mulholland Drive e concettualmente compiutesi con Inland Empire, recuperando altresì alcune intuizioni ed il gusto per il grottesco di Eraserhead.
Il risultato è qualcosa che ha ancora la forma della serie TV ma ha la sostanza del grande, grandissimo cinema d'autore. E se questa sensazione dovesse risultare "appena palpabile" nell'episodio 1, diverrà dirompente nell'episodio 2, per culminare, nei primi 20 minuti dell'episodio 3, in alcune delle sequenze più assurde di sempre, che stressano il linguaggio cinematografico in una maniera radicale e capillare, non adeguatamente descrivibile senza scendere in spoilers.
Davvero, è molto più di quanto osassi sperare. Non credevo che Lynch e Frost potessero fare ancora così tanto per nobilitare questo medium e non credevo che una qualche emittente (la statunitense Showtime) sarebbe stata così folle e disinteressata al profitto da credere nel progetto e finanziarlo.
Poi, ecco, vedere che, al Festival di Cannes, la proiezione con la media voti più alta ricevuta dalla critica è stata proprio la première di “Twin Peaks: The Return” e non un prodotto per il grande schermo, mi conforta circa la "non assurdità" di questo post e direi che è in qualche modo emblematico del momento storico-artistico che il mondo sta attraversando.
Grazie Lynch, te la sei davvero meritata
questa standing ovation dopo anni di sacrifici, sottovalutazioni e pugnalate alle spalle dagli alti vertici di Hollywood. Tutti i nodi vengono al pettine, pare.