Ah, ovviamente non poteva capirlo perchè parlavano napoletano. Che è una LINGUA.
Macchè, le vere LINGUE sono quelle nordiche e il sardo. Al sud non esistono dialetti, c'è il "terrone standard" a cui, a seconda della zona, si aggiungono leggerissime sfumature.
che "tadàn" è il napoletano, ovvero la lingua semiregularsortof ufficiale dell'ex regno delle due sicilie.
Regno che, prima della "spedizione di salvezza" di garibaldi aveva questa situazione:
Debito pubblico consolidato 441,225
Interessi annui 25,181
PIL 2.620.860.700
laddove il piemonte:
Debito pubblico consolidato 1.271,43
Interessi annui 75,474
PIL 1.610.322.220
Dati tratti da: “l’Italia economica nel 1873, Pubblicazione Ufficiale”, Roma, Barbera, 1874 (II
ed.riveduta) che ripercorre tutto il cammino del bilancio dello Stato dall’Unità in poi; riportata da Aldo Alessandro
Mola in “L’economia italiana dopo l’unità”, Paravia, Torino, 1971, pagg. 12 e segg.
“Ci fu un indebitamento colossale, coprire un debito con un altro debito, pagare una rata
d'interessi facendo ancora un debito era diventato il sistema di governo: tra il 1849 e il 1858 il
Piemonte contrasse all'estero, principalmente con il banchiere James Rothschild, debiti per 522
milioni - quattro annate di entrate fiscali. Si sostiene che lo Stato sabaudo si piegò alla necessità
della unità nazionale e si aggiunge che è doveroso essere grati ai Savoia; di certo - di storico -
c'è solo il fatto che il Regno di Sardegna se la cavò riversando i suoi debiti sul resto dell'Italia
autoannessasi.”
Nelle Due Sicilie, nel 1859, la tassazione complessiva era di 14 franchi o lire a testa, nel 1866, a
soli sei anni dall’annessione, era arrivata a 28, il doppio di quanto pagava l'“oppresso“ popolo
meridionale prima che i Savoia venissero a “liberarlo“ 443 . Furono introdotte molte nuove
imposte, in precedenza inesistenti al Sud.
Imposta personale
Tassa sulle successioni
Tassa sulle donazioni, mutui e doti; sull’emancipazione ed adozione
Tassa sulle pensioni
Tassa sanitaria
Tassa sulle fabbriche
Tassa sull’industria
Tassa sulle società industriali
Tassa per pesi e misure
Diritto d’insinuazione
Diritto di esportazione sulla paglia, fieno, ed avena
Sul consumo delle carni, pelli, acquavite e birra
Tassa sulle mani morte
Tassa per la caccia
Tassa sulle vetture*
*G. Savarese, " Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860", Cardamone, 1862, p.28.
Il governo unitario “estese il sistema fiscale piemontese a tutti i vecchi Stati che erano entrati
a far parte del nuovo regno. Avvenne così, per effetto del nuovo ordinamento che il regno delle
Due Sicilie si trovò, ad un tratto……..a passare dalla categoria dei paesi a imposte lievi in quella
dei paesi a imposte gravissime”445. Accorpando i dati complessivi sulle imposte, dividendoli per
categorie di entrate, notiamo che nel periodo 1861-1873 le imposte indirette erano
quantitativamente il doppio di quelle dirette (663.599.000 milioni contro 326.481.000446) le
prime, com’è noto, colpiscono i consumi (macinato, tabacchi, dazi di confine e di consumo,
gabelle varie, sale, lotto) e quindi gravano proporzionalmente di più sui redditi più bassi mentre
le seconde incidono sui redditi più alti. Ma non è tutto: le imposte dirette seguivano la
proporzionale secca, non erano progressive rispetto al reddito individuale per cui i cittadini con
poche sostanze e le classi agiate pagavano la stessa percentuale fissa di tasse; è noto come,
invece, sia molto più equa una imposta diretta che cresce percentualmente rispetto ai vari
scaglioni di reddito.
La politica fiscale perseguita dallo Stato unitario fu, poi, assolutamente ingiusta perchè non
omogenea dal Nord al Sud; il primo venne avvantaggiato, il secondo penalizzato.
Per quanto riguarda l’agricoltura mentre nelle Due Sicilie si pagano 40 milioni d’imposta
fondiaria, nel 1866 se ne pagheranno 70, contro i 52 del nord; la differenza è anche più evidente
se si considerano le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si pagano lire 9,6 per
ettaro contro la media nazionale di l. 3,33 447. “È pubblica ed ufficiale la dichiarazione del tempo
circa il fatto che, in attesa di completare la definitiva situazione dei valori catastali,
“provvisoriamente” si sarebbe proceduto nella “presunzione” che il nord fosse fiscalmente più
gravato del sud e quindi, provvisoriamente (una provvisorietà che durò 40 anni) si
“aggiornarono” i ruoli della fondiaria, con automatico aggiornamento anche di quelli di
sovrimposta comunale. L’aggiornamento produsse nuove equità che sono ben documentate da
amenità del genere: Lombardia e Veneto pagavano un’aliquota dell’ 8.8% mentre la Calabria
del 15%, la Sicilia del 20% … nel 1886 si decise di unificare in un unico catasto i 22 catasti
degli ex stati indipendenti … si fece di tutto per far durare il più a lungo possibile il regime
provvisorio (bastò un anno dal 1923 al 1924 per confezionare lo strumento)”448
Per quanto riguarda l’imposta sulla proprietà edilizia il Sud pagava molto più del Nord e
“questa chicca venne realizzata senza dover neppure ricorrere ad una norma speciale
(provvisoria o stabile) ma solo usufruendo della circostanza che la popolazione del nord
risiedeva in campagna (e dunque la casa diveniva pertinenza dei fondi rustici e rientrava
nell’imposta fondiaria) mentre al sud i contadini abitavano nei borghi rurali (e dunque
pagavano l’imposta sui fabbricati come se si trattasse di città)…furono necessarie due leggi
speciali - nel 1906 per il Mezzogiorno continentale e nel 1908 per la Sicilia- per prendere atto
che un borgo rurale era un borgo rurale nè più nè meno di tre case di campagna, e che, dunque,
a sud andava trattato come al nord: ma, ormai, nel primo decennio del ‘900 l’operazione di
drenaggio fiscale durata mezzo secolo nel sud era praticamente conclusa, nulla c’era più da
prelevare e si poteva fare ritorno alla logica elementare”