Publisher: Capcom *** Developer: Interno *** System: Playstation 2
DEVIL MAY CRYInterpretazione Yin Talvolta, neologismi e forzate catalogazioni, possono distogliere lo sguardo dell’utente da ciò che di più riuscito un videogioco possiede:
Devil May Cry (DMC) non è solo “stilysh-game”, è anche (soprattutto?) un ottimo esempio di come strutture ludiche bidimensionali possano essere efficacemente trasportate nella terza dimensione. In particolare Capcom, è stata in grado di tradurre in termini “poligonali” le meccaniche di gioco e le atmosfere del
Dracula di Konami.
Alastor: lame e sangueNato come spawn-off della struttura di
Resident Evil (RE),
DMC è un arcade-adventure interamente poligonale, incentrato più sull’azione che sugli enigmi. Probabilmente nell’intento di sfuggire alle accuse di “riciclo di idee”, Capcom ha autodefinito la sua creazione “stylish-game”, facendo perno sulla caratterizzazione del protagonista, Dante, e del suo stile di combattimento. Dante è un cacciatore di demoni, metà uomo e metà diavolo egli stesso, dall’aspetto e dai modi “cool”, che viene ingaggiato dalla misteriosa Trish per indagare sugli inquietanti eventi accaduti nell’isola di Mallet. Tale missione si risolve in game, nel vagare per i gotici manieri dell’isola, infestati da creature demoniache, raccogliendo occasionalmente gli oggetti necessari a rendere accessibili determinate aree di gioco. Il tutto si svolge in una vasta mappa “unica”, il cui attraversamento è però guidato dalla ripartizione dell’azione in brevi missioni da completare in rigorosa sequenza, rendendo così meno dispersivi ed impegnativi gli enigmi, e concentrando più l’attenzione sugli spettacolari combattimenti. Un funzionale alternarsi automatico dei controlli tra screen e character relative, unito a l’enviroment completamente poligonale, rendono possibile utilizzare con immediatezza ed efficacia le innumerevoli risorse offensive di Dante. Il protagonista ha infatti a disposizione un discreto arsenale (da ampliare nel corso del gioco), costituito sia di armi da fuoco che da taglio. Queste ultime sono in grado di conferire a Dante poteri speciali come attacchi a base elemntale o la possibilità di trasformarsi temporaneamente in un devastante demone. Tali poteri possono essere potenziati in appositi “negozi” in cambio di orbs, dei globi di energia lasciati dai nemici uccisi. La spettacolarità del come si combatte per portare alla morte i mostri è direttamente proporzionale alla quantità di orbs successivamente rilasciati. Ciò incentiva il giocatore all’uso delle tecniche più “cool”, dando così una valenza ludica allo “stilsh-game”. Quello che invece segna un significativo cambiamento dall’impostazione alla
RE, è il ruolo centrale del salto, il cui uso intensivo è necessario non solo durante i combattimenti, ma anche per gli spostamenti stessi nell’area di gioco. Tale scelta arricchisce la struttura di una squisita componente platform, che è anche l’ultima “variabile” per far tornare l’equazione “
DMC =
Dracula in 3d”.
“Devil May Cry, we are closed tonight”“Dejavù”, inteso freudianamente come accostamento degli stessi archetipi in contesti diversi, è il modo migliore per descrivere la sensazione che prova, di fronte a
DMC, chi ha giocato a
Dracula, in particolar modo
Dracula X (DX). Sia dal punto di vista ludico che estetico-stilisitco, sono infatti molti gli elementi che il prodotto Capcom riprende e ricontestualizza in 3d dal titolo Konami.
Le locations: in
DMC si và dallo stile medieval-rinascimentale del castello, che ricorda non poco le “Marble Halls” di
DX, sino a quello romanico del “Colosseum” (volutamente?) ispirato all’omonimo livello del gioco Konami.
Gli stages dal punto di vista ludico: sia Dante che Alucard iniziano l’avventura con una breve “passeggiata” introduttiva sino al castello, per poi trovarsi entranbi, a vagare in una mappa di gioco vasta e unica, da esplorare gradualmente tramite il ritrovamento di oggetti atti ad aprire alcune aree prima inaccessibili.
Il protagonista e il suo game-play: sia Dante che Alucard hanno tratti efebici, lievemente androgini, una chioma argentea ed abiti che, con il loro ondeggiare, ne sottolineano le eleganti movenze. Ambedue sono figli “bastardi” di un padre non umano, da cui ne ereditano i poteri di metamorfosi (Dante in demone, Alucard in lupo, pipistrello ecc.), e di agilità (doppio salto), ambedue hanno un arsenale a lungo raggio ma poco efficace, atto principalmente a “tener a bada” i nemici, (in
DMC le pistole, in
DX coltelli, asce ecc.) da combinare con vari tipi di spade, ciascuna con precisi poteri speciali.
Le creature: l’overall-design dei mostri nei due prodotti, è simile e spesso spiccano casi di evidente analogia, sia nell’aspetto che nei pattern d’attacco (gli uomini lucertola in grado di combattere anche in acqua ricordano da vicino i rossi tritoni di
DX).
DMC è quindi un prodotto poco originale? No tutt’altro, è riuscito nel difficile compito di sviluppare un concept bidimensionale in 3d, mantenendone inalterate immediatezza e “feeling”.
Compito che Konami stessa aveva fallito su N64 e che ora, con la soluzione di Capcom in tasca, cercerà di raggiungere su PS2.
NOTA IMPORTANTEPer una migliore fruizione di questo scritto e del successivo, leggere cortesemente la mia nota introduttiva postata su
http://www.thefirstplace.it/forum/viewtopic.php?t=1210&start=200