Leggendo il numero 3 della rivista mi chiedo: la critica e la stampa italiana dei videogiochi, si libereranno mai dello stile e del modo di pensare bittantesco-cangialosiano?
A fine anni Novanta-primi anni Duemila avevo sui vent'anni; la società mi faceva sentire un immaturo sfigato perché mi piacevano i videogiochi. In quel contesto, le riviste che trattavano i VG come un medium "maturo", e i primi Game Studies accademici, mi facevano sentire bene. Erano una cosa bellissima.
Sono passati quasi vent'anni. In retrospettiva, tutti quei paroloni erano il wishful thinking di ventenni innamorati del loro vocabolario superiore e smaniosi di riscattare un passatempo che, in fondo lo sapevano anche loro, per la maggioranza sarebbe sempre restato un passatempo, un giochino. Cercavano di dargli più dignità passandogli sopra molte, e abbondanti, mani di vernice "accademica". A rileggerli oggi, i fitti articoli di Super Console sembrano una parodia, e i volumi delle varie collane Ludologica e Videoludica mi fanno pensare che se per esprimersi ci vuole un simile linguaggio, ci siamo meritati gli SMS e Twitter.
(e poi, davvero: se per parlare di Silent Hill 2 devi passare mezza trattazione ad esaminarlo con il linguaggio del cinema, non stai proprio dimostrando la tesi per cui il videogioco è una cosa a sé, e non un subordinato di altri medium).
È mai possibile, perciò, che in Italia siano ancora così tanti a pensare che un simile linguaggio sia non solo adeguato, ma addirittura necessario, parlando di videogiochi (ma anche di molte altre cose, eh)?
L'articolo di Lucio Campani sui platform, è pieno di paroloni evidentissimamente fini a sé stessi.
Ma poi, almeno questa affettata verbosità accompagnasse una ricchezza di contenuti.
Macché.
Cioè, l'articolo di 4 pagine scritto da Michele Iurlaro (che qui dentro conosciamo bene) e che mette "a confronto" Final Fantasy 6 e 7... non dice essenzialmente un cazzo.
"Final Fantasy 6 è bellissimo. Final Fantasy 7 pure. Tutti e due hanno grafica sbalorditiva per i tempi, musiche capolavoro, gameplay vecchiotto ma ci piaceva così perché all'epoca non c'era di meglio, FF era l'ultima fantasia di una Squaresoft prossima al fallimento, Squaresoft ha paccato Nintendo segnando la storia del videogioco. Doveva essere un confronto ma alla fine ci piacciono tutti e due i giochi, nessuno è migliore dell'altro, ché se non scrivevo questo articolo mica lo sapevamo, eh?".
Poi vai a leggerti siti in inglese, gratuiti, tipo Hardcore Gaming 101 e molti altri, e lì si parla... dei giochi. Diffusamente. Con parole semplici. Senza smazzarsela con quel tono costante da "io c'ero e ne so troppissimo, e guarda come sono cresciuto bene e con che linguaggio ricercato te lo so raccontare".
OK, bravo.
Adesso levati dall'inquadratura e parlami dei giochi, sì?
Che poi ho comprato Retro Gamer nella speranza che almeno avesse immagini fighe, ma per la maggior parte non lo sono affatto.
Insomma, nel 2016 mi sbalordisce come riviste del genere sembrino sempre "la mia prima rivista di videogiochi", e come gli stessi autori siano fermi alle riviste che leggevano loro nel 1999.
Ma in generale direi che è un problema di ogni genere di rivista, il che spiega come mai l'Internet le abbia surclassate al 99%.