la laurea non e' mica una pietra tombale o un razzo nel culo: viene tendenzialmente vista come un "termometro" di come siete
poi entrano in gioco altre 100000 variabili
una laurea buona e rapida in una materia intelligente aiuta ad avere il colloquio, poi basta. una volta che si e' al colloquio tutto cio' che si e' fatto decade o quasi, li entrate in gioco "voi"
quindi e' chiaro che se poi uno parla "ehhhhh cioeeeeeeeee hmmmmmmmmmmm" sudando e con multipli tic nervosi e' difficile lo assumano a fare vendite nonostante un 110 e lode pompinante all'MIT di Boston
quello che si cerca di dire e' che, tendenzialmente, ha piu' chances di trovare lavoro uno laureato bene, in fretta, in una materia intelligente piuttosto che non uno laureato male, in lungo tempo, in scienza dell'ortofrutta
Però Seppia, insomma, un po' quello che dici sembra contraddittorio. Se la laurea è solo una parte del tutto, allora qual è il problema se uno ci mette tre anni in più a laurearsi per motivi non gravi/eccezionali/nobili, ma poi è effettivamente molto bravo, molto preparato e insomma è proprio la persona giusta per quel tipo di lavoro?
Per dire, un mio compagno di corso di quelli eccellentissimi da 100 e lode e menzione d'onore si è laureato con un anno e due mesi di ritardo (sessione di settembre del 7° anno). E' uno che avrebbe potuto tranquillamente finire in tempo, anche, perché di famiglia benestante (quindi in grado di permettersi i libri e gli strumenti migliori e di non dover lavorare per mantenersi) ed è uno di quei tipi per cui le giornate sembrano durare 36 ore, capace di stare ore e ore ad assimilare poche pagine ma con una memoria di ferro. Eppure ci metteva secoli a preparare gli esami, non andava a sostenerli se non aveva studiato ogni riga possibile, e quindi i suoi tempi si dilatavano. Invece un altro mio compagno di corso, altrettanto brillante, studioso ma anche sportivo, con ragazza e vita sociale, si è laureato con uguale successo, ma alla prima sessione disponibile. Io li considero di pari valore professionale, e lo stanno dimostrando.
Altra cosa: sappiamo che esistono delle menti particolari, eccellenti nella pratica ma in difficoltà ad assimilare la teoria nei modi previsti dalla tradizione universitaria. Il tipo che ha voti nella media, ma poi sul lavoro dà la birra a chiunque. Eppure, io credo che inizialmente le selezioni di lavoro valutino molto il voto di laurea, e che il tipo geniale ma con voti solo nella media in diversi casi non verrà considerato come prima scelta per eventuali incarichi di grande prestigio o responsabilità. Invece io ho conosciuto persone (curiosamente, quasi tutte donne) che sì, si sono laureate con millemila e lode, però sono le classiche persone che quando il pezzo del puzzle è chiaramente quello sbagliato, loro lo prendono a pugni per farlo entrare di forza ^__^ Sono quelle persone che quando il caso che si trovano davanti non è esattamente come l'hanno studiato, impazziscono per ridurlo esattamente al modello che loro conoscono. Eppure sono considerate supereccezzziunali per il voto di laurea (ovviamente eccelso: il loro modo di studiare è esattamente quello che l'università si aspetta da loro). Queste però sono poi le persone che accettano supinamente qualsiasi influenza dall'alto, senza iniziativa personale. Infatti sono frustratissime già all'università.
Chi dice che studiare è più duro di lavorare non ha mai lavorato.
Ahiiiii ahi ahi, questa la boccio in pieno, almeno in base alla mia esperienza personale. Non sono uno che si ammazza di lavoro (tranne quando è necessario: allora sono pronto a farlo), ma davvero, anche la peggior giornata di lavoro che ho avuto finora non la cambierei con i periodi di studio. Perché lavorare mi dà soddisfazione, è un'attività concreta, mentre studiare per me ha sempre avuto una componente astratta troppo grande: solo in pochi casi l'ho percepita come un'attività svolta per me, per il mio interesse. Preferivo aiutare chiunque ne avesse bisogno a svolgere lavori manuali, piuttosto che studiare per l'università (a scuola era diverso), perché lo studio senza applicazione lo trovo veramente faticoso (ed è una delle ragioni per cui non concepisco tutti i segoni mentali che gli psichiatri chiamano i "modelli" della loro disciplina). Il lavoro mi dà stress solo quando: a) mi sento inadeguato alla situazione, cioè non ho ancora abbastanza esperienza di un determinato caso, e b) quando mi trovo davanti persone chiaramente inconcilianti, quelle che ogni cosa che farai per loro non andrà comunque bene. Invece lo studio universitario mi ha stressato sempre e comunque. YMMV.