Invasion (2006) di Albert Pyun
Da non confondere con altre pellicole con il medesimo nome e passato nei festival con il titolo Infection, tanto è vero che nei credits il film riporta ancora tale denominazione, è quell'imprevisto salto all'insù che non ci si aspetta da uno come Pyun, regista non proprio benvoluto che ha sempre fatto della serie b di bassissima lega il suo marchio distintivo, pur non avendo visto per intero la sua filmografia.
Ben prima del tam-tam scatenato da [REC] e Cloverfield (anche se ad onor del vero per i film girati in presa diretta si potrebbe risalire fino a Il Cameraman e l'Assassino, magnifico film belga che consiglio a tutti di recuperare una volta o l'altra), Invasion, con mezzi dozzinali, fx poco più che scolastici e un manipolo di attorucoli, aggrediva i sensi, in special modo l'udito (ottimo lo score musicale di sottofondo). La cinepresa stavolta non è però governata da una persona, ma è quella fissata nell'abitacolo di un'auto della polizia di servizio nelle notturne campagne statunitensi, dove, a seguito di un impatto meteorico, un virus pare aggredire la gente, rendendola schiava di una volontà extraterrestre. Ma la bontà di Invasion non si misura con risaputi spaventi, violenza e irato panico, peraltro del tutto assenti. Ancora una volta è il nascosto a fare l'esperienza, il periferico che rimane fuori dall'occhio rigido della piccola telecamera montata dietro il parabrezza, adiabatico sguardo ingannatore.
L'idea è sicuramente vincente.