Essendo un seguito diretto, sarebbe stato assurdo attendersi grandi innovazioni da Metroid Prime 2. Ecco allora che l'engine grafico e il sistema di controllo si rivelano invariati da quelli, già pressoché perfetti, di Prime; niente di ciò che c'era di buono è stato perduto, e sono state apportate alcune migliorie, ma di fatto Echoes non muove un passo in direzioni diverse da quelle che ci si sarebbe aspettati.
La primissima impressione, più che abbondantemente confermata col tempo, è che in Retro Studios non abbiano considerato neppure per un attimo che Echoes potesse essere usufruito da chi non avesse già acquisito grande dimestichezza con Prime. L'inizio ex abrupto dell'avventura e la difficoltà delle sezioni iniziali, con nemici ed ambientazioni che richiedono una capacità di controllo non indifferente, non contribuiscono certo a bendisporre il neofita; men che meno può farlo la dimensione alternativa di Dark Aether, che inizialmente sembra più una crudele punizione che un elemento portante del gioco. Persino il veterano può ritrovarsi stupito di fronte a nemici comuni che attaccano in sciami numerosissimi e che, semplicemente, non vogliono morire nemmeno colpendoli con una quantità di proiettili che in Prime era riservata agli avversari più coriacei. E subito salta all'occhio la relativa inutilità del cannone normale: il gioco è costruito sulla dualità luce/buio, e i due nuovi raggi presentati in Echoes si rivelano di conseguenza indispensabili per affrontare anche le situazioni più banali se non si vuole passare minuti interi a combattere un paio di nemici. I proiettili limitati di queste due armi non sono poi il grande impedimento che si potrebbe pensare, ma inseriti nella difficoltà generale sicuramente danno non poco fastidio.
La pratica, però, fa rapidamente piazza pulita delle legittime perplessità iniziali, e Echoes si rivela un'esperienza intensa e coinvolgente quanto il suo predecessore. La grande dispersività degli ambienti, accentuata dalla necessità di spostarsi tra le due dimensioni parallele, è ben tollerabile di fronte alle meraviglie che le varie locazioni offrono. Il motore grafico, pur non concedendo nulla ad effetti di abbellimento che vengono ritenuti indispensabili ormai per qualsiasi gioco, nella sua semplicità mette in scena ambienti straordinariamente eleganti e raffinati, dando un'anima alla pietra e al metallo; e tutto questo senza mai sacrificare, neppure per un attimo, la fluidità dell'azione. L'introduzione di enigmi e situazioni legati all'utilizzo della Boost Ball e dello Screw Attack ha poi portato ad un abbattimento dei confini della varie locazioni, cosicché in più occasioni ci si ritrova affacciati su un baratro, osservando in lontananza parti del pianeta che possiamo solo immaginare. L'atmosfera ne guadagna tantissimo, eppure la giocabilità non ne risente minimamente.
Dato che l'impatto iniziale di Echoes è decisamente spiazzante, è necessario giocare almeno due volte per rendersi conto dell'incomparabile lavoro di level design svolto da Retro Studios. I collegamenti tra le varie stanze sono molto più ragionati che in Prime, il che si risolve in una netta diminuzione del backtracking da più parti osteggiato; ma non è facile, di primo acchito, rendersene conto. E' necessario immergersi totalmente nell'ambiente devastato di Aether, basarsi sulle mappe mentali piuttosto che su quella (eccellente) offerta dal gioco. Solo così si può apprezzare al meglio la cura con cui i parallelismi tra i due mondi, e gli enigmi su di essi basati, sono stati realizzati. Di fatto, Echoes è finora l'unico gioco che abbia saputo proporre l'idea delle due dimensioni con la stessa sapienza di Zelda: A Link to the Past; ironicamente, però, ci riesce solo riproponendola quasi alla lettera, a ulteriore riprova della genialità del gioco ispiratore.
Di fatto, Echoes è un gioco privo di difetti. E' vero che i tempi di apertura di alcune porte sono inverecondi; è vero che si poteva evitare di sigillare le porte nelle battaglie con gli odiosi pirati spaziali; ed è vero che il nuovo sistema di scanning, pur beneficiando dell'efficacia del codice-colore, manca della precisione balistica di quello originale, ma sono minuscoli nei in un prodotto che è stato migliorato ovunque possibile. Echoes non è Metroid Prime all'ennesima potenza, ma è Metroid Prime perfezionato e corretto. L'opera di Retro Studios è una chiara dimostrazione di bravura, la dimostrazione che gli sviluppatori hanno saputo comprendere ed interpretare come meglio non si potrebbe l'essenza di Metroid. E hanno fatto anche di più: hanno voluto ribattere nel modo più efficace possibile alle accuse di chi non aveva capito Prime, hanno voluto dedicare del tempo prezioso allo sviluppo di una modalità multiplayer. Questa modalità, prepotentemente sbandierata ad ogni avvio e realizzata nel migliore dei modi considerata la natura del gioco, non è un quid ludico aggiunto: semplicemente, essa esiste per dimostrare in modo inequivocabile a tutti quei capacchioni che ancora non ci sono arrivati che Metroid Prime non è un FPS, né mai lo è stato. E ci riesce alla perfezione.
Metroid Prime 2 è un seguito. E' stato pensato per gli utenti del gioco originale e non fa nessuno sforzo per procacciarsi nuovi appassionati. Anzi, a volte rischia persino di alienarsi i suoi stessi fedeli. Ma nessun altro gioco dipende così tanto dall'esperienza diretta, dall'immersione totale, dalla fusione spirituale con il proprio alter ego, dalla prova sul campo di un sistema di controllo che convince e conquista come nessun altro mai, trascinando il giocatore con la forza della sua straordinaria accessibilità. Echoes non vuole e non deve convincere gli scettici, non vuole fare concorrenza a nessuno, vuole solo divertire. In questo, si rivela terribilmente superiore a quasi tutti i prodotti attualmente sul mercato. Chi non lo ama, per sua fortuna, non sa che cosa si perde.