Autore Topic: [camorra inside] Oramai nui stamm' perz' int' a na giungla  (Letto 4002 volte)

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Offline keigo

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[camorra inside] Oramai nui stamm' perz' int' a na giungla
« Risposta #15 il: 10 Mar 2007, 18:19 »
Citazione
Non esiste nulla al mondo che possa competervi. Niente in grado di raggiungere la stessa velocità di profitto. Nulla che possa garantire la stessa distribuzione immediata, lo stesso approvvigionamento continuo. Nessun prodotto, nessuna idea, nessuna merce che possa avere un mercato in perenne crescita esponenziale da oltre vent'anni, talmente vasto da permettere di accogliere senza limite nuovi investitori e agenti del commercio e della distribuzione. Niente di così desiderato e desiderabile. Nulla sulla crosta terrestre ha permesso un tale equilibrio tra domanda e offerta. La prima è in crescita perenne, la seconda in costante lievitazione: trasversale a generazioni, classi sociali, culture. Con multiformi richieste e sempre diverse esigenze di qualità e di gusto. È la cocaina il vero miracolo del capitalismo contemporaneo, in grado di superarne qualsiasi contraddizione. I rapaci la chiamano petrolio bianco. I rapaci, ovvero i gruppi mafiosi nigeriani di Lagos e Benin City divenuti interlocutori fondamentali per il traffico di coca in Europa e in America al punto tale che in Usa sono presenti con una rete criminale paragonabile soltanto, come racconta la rivista 'Foreign Policy', a quella italoamericana. Se si decidesse di parlare per immagini, la coca apparirebbe come il mantice di ogni costruzione, il vero sangue dei flussi commerciali, la linfa vitale dell'economia, la polvere leggendaria posata sulle ali di farfalla di qualsiasi grande operazione finanziaria. L'Italia è il paese dove i grandi interessi del traffico di cocaina si organizzano e si strutturano in macro-strutture che ne fanno uno snodo centrale per il traffico internazionale e per la gestione dei capitali d'investimento. L'azienda-coca è senza dubbio alcuno il business più redditizio d'Italia. La prima impresa italiana, l'azienda con maggiori rapporti internazionali. Può contare su un aumento del 20 per cento di consumatori, incrementi impensabili per qualsiasi altro prodotto. Solo con la coca i clan fatturano 60 volte quanto la Fiat e 100 volte Benetton. Calabria e Campania forniscono i più grandi mediatori mondiali nel traffico di coca, in Campania sono avvenuti i maggiori sequestri d'Europa degli ultimi anni (una tonnellata solo nel 2006) e sommando le informative dell'Antimafia calabrese e napoletana in materia di narcotraffico, si arriva a calcolare che 'ndrangheta e camorra trattano circa 600 tonnellate di coca l'anno.


La strada africana, la strada spagnola, la strada bulgara, la strada olandese sono i percorsi della coca infiniti e molteplici che hanno un unico approdo da cui poi ripartire per nuove destinazioni: l'Italia. Alleanze strettissime con i cartelli ecuadoregni, colombiani, venezuelani, con Quito, Lima, Rio, Cartagena. La coca supera ogni barriera culturale e ogni distanza tra continenti. Annulla differenze, nell'immediato. Unico mercato: il mondo. Unico obiettivo: il danaro. In Europa, 'ndrangheta e camorra riescono più di ogni altra organizzazione a movimentare la cocaina. Spesso in alleanza tra loro, alleanze nuove e inedite tra gruppi a cui i media italiani tradizionalmente riservano un'attenzione marginale e cronachistica, lasciando che nel cono d'ombra generato dalla fama di Cosa Nostra continuassero a migliorare e trasformare le loro capacità di importazione e gestione della coca. I giovani affiliati della 'ndrangheta, come emerge spesso dalle inchieste dell'Antimafia calabrese, ormai non la chiamano più col suo nome arcaico e dialettale, ma Cosa Nuova. E che Cosa Nuova possa essere l'adeguata definizione per un'organizzazione sempre più trasversale e in strettissima alleanza con i cartelli napoletani e casalesi della camorra è qualcosa in più di un semplice sospetto. Tra Sud America e Sud Italia sembra esserci un unico cordone ombelicale che trasmette coca e danaro, canali noti e sicuri, come se esistessero immaginari binari aerei e gallerie marine, che legano i clan italiani ai narcos sudamericani.Una volta su una spiaggia salernitana ne avevo incontrato uno. L'unico che sembrava provare soddisfazione nel farsi chiamare narcos. Stravaccato sulla sdraio, ascelle aperte al sole, raccontava di sé con i silenzi giusti per alimentare la curiosità e non saziarla. Raccontava di sé senza dare nessun dettaglio che potesse divenire prova, faceva intendere ciò che era e lasciava che su di lui fioccassero leggende. Era uno che si diceva amico di un capo guerrigliero colombiano, Salvatore Mancuso, ne parlava come di una sorta di semidio, una potenza in grado di far muovere capitali immensi e di legare il Sud Italia alla Colombia con un unico indissolubile nodo scorsoio. Ma quel nome non mi diceva niente. Un nome italiano in Colombia, uno dei molti. Poi, qualche anno dopo, venni a conoscere ogni centimetro di leggenda e di inchiostro giudiziario. Salvatore Mancuso è il capo delle Auc (Autodefensas Unidas de Colombia), i paramilitari che da decenni dominano su oltre dieci regioni dell'interno della Colombia, contendendo paesi e piantagioni di coca ai guerriglieri delle Farc. Mancuso è responsabile di 336 morti tra sindacalisti, sindaci, pubblici ministeri e attivisti per i diritti umani: secondo le sue stesse ammissioni fatte al tavolo della commissione Giustizia e pace, istituita nell'ambito del negoziato tra i paramilitari e il governo del presidente colombiano Alvaro Uribe. Salvatore Mancuso è riuscito ad evitare ogni richiesta di estradizione sia negli Usa che in Italia, dove vorrebbero che venisse a rispondere delle tonnellate di coca esportate, perché per evitarle si è fatto arrestare. Condannato a 40 anni per una delle stragi più efferate della storia colombiana, quella di Ituango, attualmente collabora al processo di smobilitazione della guerriglia e per questo la legge 975 colombiana ha ridotto la sua pena a soli otto anni che sconta lavorando in una fattoria nel Nord del paese. Ma da lì in realtà continua ad avere una nuova postazione attraverso cui gestire la diffusione della migliore coca colombiana con i cartelli italiani. Sentir pronunciare il nome di Mancuso, per molti significa far affiorare ogni volta la voce di un testimone scampato a uno dei massacri compiuti dai suoi uomini delle Auc, un contadino che stringendo il microfono come se stesse spremendo un tubetto di dentifricio per farne uscire l'ultima stilla, disse in tribunale: "Cavavano gli occhi di chi osava ribellarsi con dei cucchiaini". Migliaia di uomini al suo servizio, una flotta di elicotteri militari, e intere regioni da lui dominate, l'hanno reso un sovrano della coca e della selva colombiana. Mancuso ha un soprannome 'El Mono', la scimmia, evocato dal suo aspetto di agile e tozzo orango. L'inchiesta Galloway Tiburon coordinata dalla Dda di Reggio Calabria dimostra che con l'Italia ha il maggiore numero di affari. Possiede persino il passaporto italiano. L'Italia sarebbe la nazione più sicura per svernare qualora la Colombia divenisse troppo rischiosa. Mancuso è considerato in diverse inchieste dell'antimafia (Zappa, Decollo, Igres, Marcos) il narcotrafficante che più di tutti, attraverso le finestre dei porti italiani, riempie di coca l'Europa. Il governo italiano che riuscirà a portare Mancuso in Italia sarà l'unico in grado di poter dichiarare di aver fatto qualcosa di decisivo contro il traffico di cocaina, perché sino a quando lo si lascia in Colombia, ogni giorno sarà come giustapporre la firma ai suoi affari.

Il contributo fondamentale della criminalità organizzata italiana sta nella mediazione dei canali e nella capacità di garantire continui capitali d'investimento. I capitali con cui la coca viene comprata si definiscono 'puntate'. E le puntate dei clan italiani arrivano prima di ogni altro concorrente: puntuali, corpose, in grado di permettere ai produttori di avere garanzie di vendite all'ingrosso e persino di liberarli della necessità di trasportare il carico sino a destinazione. L'operazione Tiro Grosso coordinata dai pm Antonio Laudati e Luigi Alberto Cannavale, compiuta nel 2007 dai Carabinieri del nucleo operativo provinciale di Napoli e che ha visto la collaborazione di Polizia, Guardia di Finanza e la partecipazione di decine di polizie europee, della Dea americana e della direzione centrale per i Servizi antidroga diretta dal generale Carlo Gualdi, costringe a cambiare in maniera radicale lo sguardo sulle vie della coca. Emerge la nascita di una nuova figura, il broker, e lo spostamento dell'asse internazionale dei traffici dalla Spagna a Napoli.
(08 marzo 2007)
chi semina vento raccoglie sfaccimma
ma chi me lo fa fare?!? il petrolio è una figata.

Offline Scorreggione

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Re: [camorra inside] Oramai nui stamm' perz' int' a na giungla
« Risposta #16 il: 21 Mag 2014, 23:47 »
A me di Napoli da Napoletano l'unica cosa che mi piace è la Pizza. Per il resto non salvo nulla.
"Non è stupido avere un'opinione, è stupido convincersi sia per forza giusta quando la possibilità che sia sbagliata, soprattutto quando tratta argomenti di cui non siamo competenti, è molto alta." (cit.)

Offline Noldor

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Re: [camorra inside] Oramai nui stamm' perz' int' a na giungla
« Risposta #17 il: 21 Mag 2014, 23:51 »
I agree. (nel senso di necromancing, Napoli non la conosco)
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