Forse per questo motivo:
Spoiler:
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Mmm, è un film sicuramente interessante, per quanto nella sua forma finale convivano altissime vette di lirismo e cadute di stile e narrative veramente deprecabili. Quello che mi ha stupito è l’estrema adesione del regista alla tematica ebraica del diluvio universale in chiave moralistica, vale a dire il secondo monito ecologico in ordine di scrittura che Javhè pone all’uomo in merito alla creazione. Il primo è il vegetarianesimo su cui si basa il paradiso terrestre.
Come abbiamo detto il film è tratta da un fumetto, sceneggiato dal regista stesso. Stranamente, dopo una prima parte piuttosto pedissequa, il film se ne allontana decisamente, sia per contenuti che per filosofia. Come diceva prima CRS è cruciale l’innesto del Libro di Enoch un apocrifo tardivo dell’Antico Testamento risalente al I° secolo A.C., prima molto quotato, poi molto dimenticato e recentemente tornato in auge a causa di nuovi rilievi archeologici. Esso amplia e specifica l’oscuro racconto di Gen. 6.4, che fa da sfondo alla vicenda di Noè e in cui si parla di potenze intermedie tra Dio e l’uomo, come i giganti. Chi ha visto il film si troverà a suo agio con le figure dei vigilanti, angeli caduti sulla terra per contaminarsi con essa e con le belle figlie degli uomini, generando i nephilim. La Bibbia è (per ovvi motivi) molto sbrigativa sulla questione, invece questo libro offre molteplici spunti di riflessione e di studio per determinare eventuali verità nascoste dietro alla narrazione mitologica di questa parte delle scritture.
Chiariamo una cosa: il mito non è sinonimo di favola o leggenda, con tono spesso dispregiativo. Il mito è una delle grandi forme di manifestazione della cultura umana, è soprattutto la prima forma di riflessione sul dato antropologico. Il mito è un modo di parlare del mistero quando esso ha qualcosa di ineffabile che non può essere espresso con il linguaggio comune, e allora si ricorre alla forza del simbolo. In questo caso il mistero è rappresentato dalla tendenza negativa del cuore dell’uomo.
In questo senso il film è molto riuscito, tra visionarietà e luoghi immaginifici ben realizzati.
Naturalmente avete detto bene, troppe concessioni alla visualizzazione fantasy di stampo occidentale, a partire dai costumi fino ad arrivare alla messa in scena, in questo senso è quasi rivisitato e interpretato, per non voler cedere subito all’idea della baracconata statunitense in salsa Xena.
L’epopea di Noè tratta mitologicamente da un evento storico ben preciso della storia d’Israele. E’ scritto in ebraico e la sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, sarebbe avvenuta in Giudea tra il VI-V secolo a.C. sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte. (opera post-esilica)
Nei primi 11 capitoli (dei suoi 50) descrive la cosiddetta “preistoria biblica” (creazione, peccato, diluvio universale) e nei rimanenti la storia dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe.
Quando Israele ha iniziato la riflessione sulle proprie origini come Popolo di Dio, si è incontrato dapprima con Abramo e gli altri Patriarchi. Solo in un secondo tempo esso ha avvertito la necessità di porsi la questione sulle origini dell’uomo e dell’universo e ha creato pian piano quelle tradizioni che formano i cc.1-11 di Gen: il primo blocco di questo libro, dunque, è più recente del secondo.
Quella di Gen 1-11 è la “storia delle origini”, ma anche la storia di sempre, l’universale storia di peccato e di salvezza, la storia antropologica della tendenza dell’uomo al male.
Dio “vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità”.
L’agiografo vuol dare risposte non di carattere storico, bensì sapienziale. Leggende e miti, nell’ambito medio-orientale, sono ricchissimi circa le origini dell’uomo e dell’universo.
La fede è la prospettiva di Gen 1-11 che “non è una storia vera” come la intendiamo noi, ma una “storia che dice il vero” su determinati problemi dell’uomo. Voglio vedere chi, dopo aver visto il film, non abbia ritenuto attualissima la morale ecologica e di distruzione del mondo, e di come questa sia insita nel cuore dell’uomo. E stiamo parlando di un testo scritto 2600-2400 anni fa.
Geniale in questo senso la storia della creazione narrata da Noè all’interno dell’arca alla famiglia, la cui visualizzazione è in tutto e per tutto la teoria evoluzionistica darwiniana. Una contrapposizione che è solo nella mente di qualche credente confusissimo e di qualche scienziato ateo alla canna del gas. Gran parte degli equivoci sul problema dell’origine umana è sorta dalla pretesa di negare ciò che la scienza non può (ancora) dirci (la dimostrazione delle spirito) o di far dire alla Bibbia quello che essa non vuole dirci (contenuti di ordine scientifico, come aveva ben presente Galileo Galilei). Ai due interlocutori vanno posti quesiti che rientrino nel loro ambito. Alla Bibbia sul perché dell’esistenza, alla scienza sul dove, come e quando si è formata la vita.
La vera alternativa non è tra evoluzione e creazione ma tra la visione di un mondo in evoluzione, dipendente (per chi creda) da Dio Creatore secondo un suo disegno, e la visione di un mondo autosufficiente, capace di crearsi e trasformarsi da sé solo per eventi puramente casuali.
Il ciclo del diluvio (Gen, cc.6-9) è un complesso letterariamente molto ricco sia per la molteplicità e problematicità delle tradizioni, sia, ovviamente, per il messaggio religioso.
Il diluvio non è creazione della Bibbia ma è l’eco di un qualche remoto cataclisma locale che in epoca imprecisata deve aver colpito la Mesopotamia. Come capita per quasi ogni altro mito della Bibbia, la narrazione non è originale, si prende una storia precedentemente nota e la si legge alla luce della novità di Dio.
L’ispirazione di fondo è la seguente: l’uomo è giunto ad un punto tale di perversione che è necessaria una radicale purificazione, pena la distruzione dell’umanità. E’un motivo prettamente teologico: gli eccessi esorbitanti del peccato dell’umanità provocano la reazione decisa di Dio.
La chiave interpretativa del diluvio sta tutta qui: con esso Dio viene in soccorso all’umanità che sta prendendo la strada dell’autodistruzione.
Noè “era un uomo giusto e integro”. Noè è segno e garanzia che la storia dell’umanità continua anche attraverso la catastrofe: egli sarà, come altri “santi pagani”, intercessore per l’umanità. La follia alla Shining che lo coglie all’interno è un’iniezione di modernità che ha il preciso scopo di denunciare gli isterismi interpretativi dell’uomo al cospetto dei segnali di Dio, che poi è il frutto perverso dell’esperienza religiosa organizzata della nostra specie. L’alleanza di Dio è sancito da un arcobaleno che rifulge alla fine della tempesta perché non esiste una tribolazione senza possibilità di riparazione. E’ l’unica cosa in cui può credere il popolo ebraico al ritorno da Babilonia, nel 538 a.c., si può ricominciare, si deve farlo. E così scrive di Noè.
La costruzione dell’arca è narrata secondo lo schema comando – esecuzione, tipico del sacerdotale La tradizione sacerdotale –P: ( priestercodex: codice sacerdotale) matura nel tempo dell’esilio nel 6° sec. E’ piuttosto arida, ma è accuratissima: definisce l’identità del vero ebreo attraverso il sabato, la circoncisione, la Legge.
Si tratta nuovamente di un tempo di prova, come il tempo della “crisi”, cioè della divisione, poiché con l’arca pochi si salveranno e tutti gli altri periranno.
Esso ammonisce che la terra non è eterna: come è iniziata così può finire, naturalmente a causa della malvagità dell’uomo. Il seme della speranza, però, non muore: fra tutto questo caos “rimase solo Noè e chi stava con lui nell’arca”. Un piccolo resto sarà sufficiente a Dio per continuare la storia della salvezza.
Inizia un mondo nuovo e riprende anche l’economia sacrificale: con il sacrificio offerto Noè riconosce che Dio è il padrone della terra e della vita, e Dio accetta l’omaggio e promette di non distruggere più l’uomo con il cataclisma del diluvio, ma di favorirlo con l’avvicendarsi armonico delle stagioni e con l’accettazione della sua natura violenta, solo da ritualizzare attraverso simboli riconoscibili come la caccia e la cottura dei cibi.
Il ciclo del diluvio ha un messaggio positivo, questo si rivolge direttamente al popolo dell’epoca dell’esilio. Se infatti il mondo è sopravvissuto alla catastrofe del diluvio, sopravvivrà anche Israele alla distruzione della nazione. Ma questo sarà possibile soltanto per la grazia di Dio. Ci dovrà, però, essere anche il contributo del popolo, ed esso si sostanzierà nel culto: il culto autentico che si sta organizzando nella comunità post-esilica è gradito a Dio. Rimane il problema della violenza che ha invaso l’universo: la violenza ormai si eserciterà contro gli animali, non contro l’uomo. Ma siccome Dio accetta il sacrificio di animali puri, l’atto violento contro gli animali è ritualizzato e pertanto socialmente accettabile e legittimo. Una violenza di questo tipo non è più distruttiva, bensì atta a pacificare la società perché Dio ha infine compreso che nell’idea di libertà totalizzante è insito il pervertimento dello spirito.
Il motivo della perplessità sta tutta in particolari snodi narrativi. La figura di re del popolo (non mi ricordo come si chiama) vorrebbe assurgere a figura prometeica di umanità ferita e ribelle al cospetto di una divinità ormai divenuta silente e amareggiata. Ma la messa in scena è fragile.
Mai portarsi la moglie al cinema:
Ruko, a un certo punto: “Cioè, ma sto scemo s’è nascosto 9 mesi nell’intercapedine della nave magnandose un orsetto qui, una tartarughina qua, pesce al venerdì…Ma Noè non s’è accorto che gli se magnavano gli animali???!!! MAH!!!!!” :D
Un attimo prima, quando Cam va in città a donne: “Eccerto, questo cade nella fossa dei morti e ci trova il pezzo di figa funebre che LO AMA!" :D
Bello vedere i film con Ruko! :D
Inoltre tutto quello che accade all’interno dell’arca è troppo affrettato e precipitoso, con delle scene che spesso sfiorano il ridicolo. Menzione d’onore per la scena dell’ebbrezza di Noè che è presa pari pari dalla Bibbia.
A me tutto sommato è piaciuto, temevo peggio ma il cuore concettuale c'è tutto ed è potente. Va indubbiamente rivisto e ripensato e tralasciare parte della realizzazione e della trama.
una cosa non mi è chiara
quando non dovrebbe lui rappresentare quella parte di umanità un pochino più ribelle/carnivora che in fin dei conti Dio impara ad accettare?Non si può pensare altro che alla fin fine ritorni indietro dai suoi e si riproduca con una delle due bambine in modo da proseguire la stirpe...ci sono solo loro
Questo lato dell'umanità lo vedo solo in lui...altrimenti andrebbe perso
Insomma,a livello evoluzionistico ciò che si vede alla fine,messo così, "non ha senso"