Capitolo 4: Le Donne ed i VideogiochiQuesto capitolo è stato ignobilmente “rubato” mettendo insieme estratti di un articolo che stavo preparando tempo fa per un certo portale, articolo che probabilmente non verrà mai pubblicato a causa dei contenuti estremamente discutibili (il capo ancora non l’ha visto, e meno male).
Cercate di non ridere troppo visto il cambio repentino di tono rispetto agli altri capitoli.
”Da sempre, il mondo dei videogiochi è stato quasi esclusivamente territorio maschile, sia per quanto riguarda il target del pubblico, che nella fase creativa e concettuale.
Il motivo di questo è da ricercarsi in vari fattori, riconducibili soprattutto alla natura ed alla struttura mentale dei due sessi. Il videogioco nasce infatti come simulazione ricreativa improntata all’azione e sviluppata su una base estremamente tecnologica, quindi in parole povere abbiamo tre fattori di base che sono il gioco, l’azione e la tecnologia. Tutti elementi che indubbiamente attirano più il pubblico maschile di quello femminile.
Insomma, il videogioco è più affine alla struttura mentale dell’uomo, atavicamente incentrata alle meccaniche di attacco/difesa, alla prevaricazione dell’avversario ed alla protezione del nucleo familiare. Infatti queste attività vengono anche simulate attraverso il giocare, basti pensare allo sport che non viene abbandonato nemmeno in età adulta; Inoltre la mente maschile è anche più propensa alle applicazioni tecnologiche o di natura pratica che possono migliorare la qualità della vita, e in proposito potremmo tracciare un percorso ideale che va dall’invenzione della ruota fino ai moderni computer.
Al contrario, la mente femminile è atavicamente più incentrata sullo sviluppo della famiglia, sin dalla scelta di un partner con determinati requisiti genetici e di status, fino alla gestione della prole e delle risorse a disposizione. Anche se negli ultimi decenni l’emancipazione femminile ha portato a superare in parte l’immagine della donna che si occupa esclusivamente della famiglia, non si può mai completamente reprimere la propria natura, ed è per questo che le donne hanno un approccio molto particolare al mondo del divertimento elettronico.
Mentre l’uomo ama giocare, soprattutto perché di solito il subconscio vede questa pratica come simulazione di combattimento o di prevaricazione degli avversari, e come valvola di sfogo per le inevitabili tendenze aggressive della natura umana, il mondo femminile guarda spesso con sospetto verso i videogiochi, reputandoli generalmente una perdita di tempo senza applicazioni pratiche. Tuttavia questo giudizio cambia drasticamente quando il gentil sesso viene in qualche modo preso per mano e portato a provarli, fino a divenire una vera mania in certi specifici casi: basti pensare al recente boom dei social network e dei piccoli giochi gestionali che proliferano su di essi, come Farmville e similari. Infatti la storica avversione per i computer viene messa decisamente da parte davanti ad applicazioni come Messenger e Facebook, che consentono di conoscere tanta nuova gente (quindi potenziali partners, riallacciandoci al discorso degli impulsi atavici) ed il passo successivo è proprio provare videogiochi all’interno di queste realtà digitali. Il grande successo di Farmville, soprattutto con il pubblico femminile, è da ricercarsi in un concept ed una veste grafica accattivante che attirano le potenziali giocatrici, il tutto gestito da un’interfaccia intuitiva, ma soprattutto perché si tratta di un gioco che ruota attorno all’accumulo e alla gestione di risorse, oltre che alla creazione di un ambiente confortevole per vivere, altro punto fisso nella struttura mentale femminile.
Altri titoli che attraggono il gentil sesso sono generalmente dotati di uno o più di questi tre fattori: gestione delle risorse, ricerca del partner, presenza di prole/cuccioli o animali da gestire. Non si può sfuggire alla memoria genetica e al subconscio, infatti i giochi più gettonati dalle ragazze di tutte le età sono sempre stati i vari Sims, Second Life, Nintendogs, Farmville e tanti altri più o meno simili che si basano appunto su queste meccaniche. Presso le ragazze più smaliziate hanno molto successo anche i JRPG, che offrono trame appassionanti ed una grandissima cura nel design di costumi, personaggi ed equipaggiamenti, particolari che indubbiamente attirano il pubblico femminile. Altri giochi apprezzati, anche in tempi non sospetti, sono tutti quelli che fanno uso di personaggi più o meno “kawaii”, ovvero buffi, carini o in qualche modo simili a cuccioli e bambini. Basti pensare ai classici Bubble Bobble e The NewZealand Story di Taito, che nelle sale giochi degli anni ’80 erano i favoriti dalle poche ragazze che si avventuravano in quel cubettoso mondo dei videogiochi.
Generalmente le donne evitano accuratamente i titoli con molta azione e violenza, e non sono attratte particolarmente da quelli competitivi come i racing games e simili. Tuttavia ci sono delle eccezioni, infatti è impossibile non citare lo straordinario successo del primo Tomb Raider. Tra i tanti meriti di questo storico gioco creato da Core Design, c’è anche quello di aver proposto l’immagine di una donna forte ed indipendente come protagonista, cosa che senza dubbio ha fatto leva sull’orgoglio femminile e ha portato le ragazze ad immedesimarsi maggiormente. Negli ultimi anni abbiamo visto una crescita esponenziale di protagoniste femminili nei videogiochi: negli anni ’80 si potevano contare sulle dita di una mano, ricordiamo ad esempio la guerriera spaziale Samus in Metroid, le sorelle di Great Giana Sisters o la donna lupo protagonista di Vixen della Martech; mentre oggi sono talmente tante che è impossibile tenerne il conto. Dalle protagoniste di Resident Evil come Claire Redfield e Jill Valentine, fino alle eroine dei picchiaduro come Chun-Li di Street Fighter o Ivy di Soul Calibur, le protagoniste dei videogiochi uniscono forza e fascino, attirando quindi sia il pubblico maschile che quello femminile, anche se ovviamente per motivi diversi.
Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. In casi particolari, alcune ragazze dimostrano una propensione al videogioco molto spiccata, fuori dal comune, che le porta a fruire di giochi che generalmente sono appannaggio esclusivo dell’utenza maschile. Di solito questo accade in due casi: il primo riguarda le ragazze con una ridotta propensione sociale, quelle insomma molto timide e chiuse in sé stesse che di solito prediligono i RPG ed i giochi fantasy in generale, e soprattutto i MMO come World of Warcraft, Everquest e simili. Il secondo caso riguarda le ragazze che, prive o quasi di una figura paterna presente nella loro infanzia, hanno imparato ad essere più indipendenti e forti delle loro coetanee, per sopperire a tale mancanza e poter sopravvivere. In questi casi, la ragazza è generalmente onnivora di videogiochi e apprezza tutti quei titoli che di solito sono indirizzati ai soli ragazzi. Ci sono ovviamente anche le mosche bianche, rappresentate da ragazze particolarmente intelligenti o mentalmente aperte che apprezzano tutti i generi di videogiochi pur non rientrando in queste due categorie.”
[... L’articolo prosegue ad libitum parlando dei game-designer senza il pipo e dei personaggi femminili dei VG]