Lucifer RingPer tutta, o quasi, l'epoca boreale PS mi sono sempre sentito dire che non esistevano hack'n slash 3D degni di nota su Playstation, e a scorrimento, s'intende. Ad eccezione di pochi selezionatissimi titoli.
Se state pensando al cubettoso
Fighting Force, di Eidos, vi fermo subito, poiché sto parlando di gente con armi bianche, non a mani nude, niente cazzottoni insomma ma spade, mazze, picche, scudi...qualsiasi oggetto in realtà purché resti saldamente collegato alla mano del nostro avatar e non si scolli, come del resto accadeva nel leggendario
Golden Axe di SEGA. Tra questi giochi "3D" non possiamo non citare alcuni tentativi, così fallimentari da conquistarsi di diritto un palco d'onore tra la spazzamonnezza digitale di sempre.
..a me FF piaceva parecchio, a dirla tutta, si menava che era un piacere.
Indimenticabile per esempio
Excalibur 2555 A.D che alcune riviste videogiocose dell'epoca definirno
"la risposta sonara allo Zelda della Nintendo" questo prima di giocarlo, s'intende, poiché sembrava casomai un'indigestione.
...che robe orrende a cui ho dedicato tempo, ma non potevo andare a giocare a pallone invece che stare in casa tutto il pomeriggio?
O ancora, non posso non ricordare anche se con un filo di nostalgia, l'orrido
Death Trap Dungeon, orripilante ibrido malsano tra Tomb Raider e un hack n'slash sfavato con collisioni così sballate, e telecamere così odiose, e nemici così micidiali, da portare ad un esaurimento anche il più devoto trash-gamer anche se lo "firmava" un certo Ian Livingstone (autentica leggenda del mondo cartaceo dei giochi di ruolo e libri interattivi...) che pure andava un po'perso nel titolo originale del gioco: Ian Livingstone's Deathtrap Dungeon.
In realtà...anche questo non è così orribile, se ne potrebbe pure parlare...aveva una atmosfera unica
In realtà Eidos, reduce dal mega successo di Tomb Raider, tentò furbescamente la triplettona, dai. Dopotutto, se era riuscita a ridefinire il platform in salsa 3D, quale problema poteva mai incontare negli altri generi da adattare come aveva fatto con Tomb Raider? Beh, le collisioni, ad esempio. Ad onor del vero, anche le pubblicità crucche dell'epoca, testimoniavano che ad Eidos ci credevano sul serio.
Lucifer Ring viene pubblicato nel 1998, lo stesso anno di Death Trap Dungeon, eppure lo anticipa di circa una decade, come minimo, nelle telecamere, nei controlli, nella reattività, nel gameplay, nella grafica e nello stile, e questo, a voler essere onesti. Già, il gioco di Soft Machine dimostra senza alcun dubbio che i dev giapponesi erano arrivati subito a capire come padroneggiare in maniera efficace l'hardware PS, erano dannatamente più abili e convincenti, specificatamente nel mondo 3D o forse erano semplicemente pippe i dev occidentali.
Ogni stage si apre con una titolazione classica, molto american
Tuttavia questo sotto-genere, che fino a quel momento sembrava quasi impossibile da rinchiudere nei fondali tridimensionali con esiti positivi, stava per essere definitivamente sdoganato, si potevano fare giochi in tre dimensioni di spadate e si poteva arrivare ad un buon compromesso.
Picchiare ninja viola non ha prezzo, anche se sarebbero cavalieri...le linee rosse nel terreno invece sono barriere. Nash non può passare finché non ha ucciso il numero di mostri segnalato nell'angolo in basso a destra.
L'azienda nipponica, che contava e conta solo 10 titoli programmati, aveva già avuto modo di distinguersi con il particolarissimo survival-horror
...iru!, anche questo in un coraggioso 3D e sempre nel 1998.
...iru era un salto in avanti non piccolo, a ben vedere.
Lavatevi le mani ragazze ma occhio a quello che avete dietro!
Non sorprende quindi la loro scelta di restare ancorati nel mondo in tre dimensioni. Tornando a Lucifer Ring, gioco full giapponese ma tranquillamente giocabile poiché fa il verso a produzioni mainstream, è una autentica manna dal cielo PS. Il gioco inizia in pieno stile fiabesco, il male sta per stendere la sua ombra oscura sul mondo, ancora una volta. L'unico modo per impedire che ciò accada è raccogliere 4 anelli magici e poi ricacciarlo nell'abisso, preferibilmente usandoli.
Sul ponte si mena come sulla terraferma.
Cue Nash, ovvero un eroe creato utilizzando un generatore automatico di eroi e di nomi ("Cue Nash" WTF che razza di malsano gioco informatico...) è un classico tizio da
fintasy nipponico, simil Dart (Legend of the Dragoon) dotato di una grossa spada e di magia, beh ovvio in questi casi, si sa mai che cosa non serve.
Adesso ti sventro, disse il drago.
Cue Nash si propone quindi di portare a termine un semplice compito: affettare qualunque cosa gli si pari dinnanzi, e liberare la strada verso i 4 anelli che garantiranno - se le cose vanno come devono andare - un mondo molto più bello in cui vivere, anche se il titolo...insomma eh, non vorrei che alla fin fine...
...e adesso, la giusta ricompensa, il baule.
Il gioco è molto simile a Golden Axe ma in 3D, Nash cammina lungo un percorso piuttosto lineare ed è costantemente piazzato in mezzo a confronti serrati con un'ampia varietà di mostri che non vogliono altro che porre fine alla sua esistenza. Lucifer Ring utilizza uno stratagemma brillante per non far diminuire la fludità del gioco: muri invisibili. Barriere per costringere il giocatore allo scontro e non deficitare la velocità e la reattività del gioco, che si fissa su standard piuttosto buoni, offrendo una soluzione piuttosto godereccia, anche in termini di responsività dei controlli, è un taglia e affetta fluido. Di tanto in tanto al giocatore viene data l'opportunità di scegliere percorsi per andare dal punto A al punto B in diversi modi, in stile
Berserk (Dreamcast) o il più prosaico
D&D Tower of Doom di casa Capcom.
Alla fine di ogni livello c'è un capetto piuttosto incazzato che aspetta Nash per rendere la sua giornata un po' meno solare ed allegra, alcuni sono piuttosto forti e dovrete mazzuolarli per bene.
Golem picchia forte. Golem spacca
Nash ha due attacchi standard, uno pesante (e quindi lento) e uno più veloce (e quindi debole), ma può anche caricare colpi e migliorare la sua spada sfiammeggiante raccogliendo appositi item. Inoltre il nostro eroe ha anche la capacità di saltare per attraversare ponti rotti, scogliere, piattaforme e altri pericoli naturali, giusto per non farsi mancare nulla, anche queste sezioni sono ben fatte, con collisioni precise e bel calibrate, offrono momenti di interruzione della mattanza, funzionano bene.
La mappa del mondo della Friesia. Nash è nell'angolo in basso a destra, chibizzato.
Spesso ci sono variegate ondate di nemici, non sarà facile gestire ogni attacco, per questo, un apposito indicatore, posto in cima allo schermo si riempirà man mano che Nash uccide i nemici. Quando sarà pieno il giocatore potrà sferrare un attacco molto potente, che solitamente farà a polpette tutti i nemici presenti sullo schermo, la classica mega mossa finale di cariamento.
Un attacco speciale con risultati devastanti per i nemici.
Durante il gioco, potrete distruggere casse e barili, così come trovare tesori, pozioni, 1UP...in realtà Lucifer Ring non fa proprio niente di eclatante o di incredibile, però garantisce un'avventura ben confezionata, e questo è di gran lunga l'aspetto migliore dell'intera produzione: è un bel gioco a conti fatti. Non è leggendario, non è incredibile, non è assurdo, ma è bello.
E oltre a questo, Lucifer Ring è prima di tutto, un titolo onesto: quello che vedi, giochi. I primi secondi di gioco ti fanno subito capire di che pasta è fatto il gioco, i colpi offrono sufficiente varietà per non annoiare a morte, la sfida è ben calibrata, i nemici spingono a diverse strategie, le ambientazioni sono varie e durando relativamente poco, non sono tediose, la musica è suggestiva e accompagna il tono dell'avventura, anche gli FX sono ben fatti, restituiscono suoni di affettamento e morti brutali.
Che dire, da giocare o da provare.