Pasta reale
La pasta reale è niente di meno che una pasta di mandorle dolcissima molto usata in Sicilia. L'impasto veniva chiamato così in quanto degno di un re: nella fattispecie Ruggero II di Sicilia.
Forse la più antica e famosa preparazione fatta con questa pasta è la Frutta di Martorana, che vide la luce ufficialmente a Palermo, nel convento annesso alla chiesa eretta durante il 1143 da Giorgio d'Antiochia il quale era l’alto ufficiale del re.
In questo convento con il marzapane le suore preparavano dei piccoli dolci per la festa di Ognissanti, dolci che imitavano nell’aspetto frutti d'ogni tipo dai colori vivacissimi, ottenuti grazie alla gomma arabica la quale permetteva di fissare le tinture vegetali a quell’epoca derivanti da rose, zafferano, pistacchio ecc.
La storia del nome della frutta di Martorana: quando nel 1193 circa la nobildonna Eloisa Martorana fece costruire un monastero benedettino accanto alla chiesa ed al convento, e così in suo onore, sia il complesso edilizio che i dolci preparati dalle monache assunsero il nome "della Martorana". Con il passare del tempo ad ogni festività corrispondevano delle forme specifiche dei dolci di marzapane come ad esempio i cavallucci per Sant'Antonio o gli agnelli per Pasqua: insomma, potete anche voi sbizzarrirvi.
Per fare anche voi la pasta reale dovete seguire questi pochi semplici passi, e potrete gustare le meravigle della pasticceria Siciliana. La pasta reale ha un alto contributo calorico, essendo la frutta secca particolarmente energetica, come lo stesso zucchero, quindi non è consigliato un consumo ececssivo, anche se è davvero difficile resistere alla bontà di questo tipico prodotto.
Ingredienti: circa un chilo di zucchero, 500 grammi di mandorle dolci e 100 grammi di glucosio. Procedimento: Per preparare una buona pasta reale dobbiamo innanzitutto far bollire le mandorle per qualche minuto e poi spellarle e grattuggiarle.
In una pentola poi facciamo la glassa con lo zucchero, il quale va mescolato con li glucosio e un bicchiere di acqua. Adesso facciamo bollire il tutto per toglierlo quando si sarà addensato al punto giusto.
Versiamo quindi questa glassa sulle mandorle grattuggiate mescolando bene con un cucchiaio di legno. Aspettiamo che il composto diventi tiepido e poi possiamo dare al composto la forma che preferiamo.
Come abbiamo già detto, la forma può essere diversa a seconda della vostra preferenza, ecco perché questa pasta reale coloratissima e bella oltre che buona è particolarmente indicata per i bambini, i quali vedono in quei colori la magia del mangiare sano, e non le solite merendine del supermercato che non sanno da niente. Se potete, preparate queste bontà ai vostri figli, non rimarrete delusi dalle loro caffe contente di mangiare finalmente qualcosa di nuovo, fatto in casa ma soprattutto buono!
Arancine
Santa Lucia, il giorno dell'arancina tra devozione e scorpacciate
Nel giorno di Santa Lucia da Siracusa, che vorrebbe il digiuno dei devoti, l'eretico è chi non mangia l'arancina. O meglio chi non fa una vera e propria scorpacciata di palle di riso. A Palermo è la giornata dell'odore di fritto nell'aria. Lo senti arrivare fuori dalle rosticcerie, ma anche dalle abitazioni di chi prepara in casa il simbolo della festa. Nel capoluogo siciliano l'arancina sta a Santa Lucia come la colomba sta a Pasqua o come il panettone sta a Natale. O forse come il tacchino sta al giorno del Ringraziamento negli Stati Uniti d'America.
LA LEGGENDA. Patrona di Siracusa, Lucia, protettrice degli occhi, è una delle sante più venerate a Palermo. Così si narra che in un periodo di carestia i palermitani si affidarono proprio alla santa aretusea per interrompere il digiuno che "rispose" facendo arrivare al porto un bastimento carico di grano. Il grano non venne sottoposto a molitura per farne farina, venne bollito e condito con un filo d'olio per sfamare il maggior numero di persone nel più breve tempo possibile. Nacque così la cuccia, altra specialità gastronomica che oggi sarà su molte tavole. Da quel momento si dice che i palermitani nel giorno di Santa Lucia preferiscano astenersi dai farinacei, pane e pasta su tutti. C'è chi addirittura in questa giornata non tocca assolutamente cibo. Ma prevalgono i golosi, coloro che per un anno attendono l'arancina day.
DOVE MANGIARE LE ARANCINE. Ci sono luoghi cult conosciuti da quasi tutti i palermitani amanti del riso farcito da carne o burro (ma anche da pollo, salmone, cioccolato e chi più ne ha più ne metta) e ricoperto dalla sottile impanatura e poi ci sono rosticcerie di quartiere, con una clientela di nicchia. Nel primo caso da citare il bar Alba di piazza Don Bosco, il Rosanero di piazzetta Porta Reale, Massaro di via Ernesto Basile. Nel secondo caso il Gardenia, a Cardillo, Amato, in via Brunelleschi, Scatassa, in via Ammiraglio Rizzo. E poi tante altre realtà che magari a noi saranno sfuggite e che i nostri lettori potranno suggerirci. Con una mano sulla tastiera e l'altra a reggere l'arancina davanti al pc. Buon appetito!
Ingredienti:
1,300 kg di riso superfino arboreo (oggi si può reperire quello adatto per arancine e sformati). Con queste dosi si ottengono circa venti arancine
Tre litri circa di brodo di carne o vegetale
1 cipolla
100 grammi di burro
2 bustine di zafferano (meglio ancora quello in fili)
250 grammi parmigiano grattugiato
200 grammi di primosale tagliato a cubetti
Olio di semi di mais per friggere
Pangrattato abbondante
Per il ragù di carne:
400 grammi tritato di carne di manzo
1 cipolla
100 grammi concentrato di pomodoro
50 grammi di parmigiano grattugiato
2 foglie di alloro
2 chiodi di garofano
200 grammi di piselli freschi al netto delle bucce (vanno bene anche i pisellini surgelati)
Olio extra vergine d’olive
½ bicchiere di vino bianco
Sale e pepe q.b.
Preparare il risotto circa dodici ore prima di realizzare le arancine (deve essere freddo, perché per la buona riuscita delle arancine l’impasto deve essere abbastanza duro e appiccicoso).
Preparare il brodo lo nel quale scioglieremo lo zafferano.
In un tegame capiente, fare appassire la cipolla tagliata finemente (non deve imbiondire), aggiungere il riso e farlo tostare quindi, sempre mescolando, aggiungere il brodo, ben caldo, poco per volta e portare il riso a cottura, scendere dal fuoco e amalgamarvi il parmigiano grattugiato ed il burro. Fare mantecare per qualche minuto, quindi versarlo in un piatto grande e farlo raffreddare.
Prepariamo il ragù:
Soffriggere in un tegame la cipolla con l’olio. Aggiungere il tritato farlo rosolare a fuoco vivace, facendo attenzione a sgranarlo bene con un cucchiaio di legno, quindi sfumare con il vino. Unire sale, pepe, alloro, chiodo di garofano e il concentrato sciolto in poca acqua (il ragù, alla fine deve risultare denso, quasi asciutto) e, a cottura ultimata, il parmigiano.
Cuocere i piselli (se usiamo quelli surgelati, li scongeliamo in acqua salta boolente con 1 foglia di alloro e un pizzico di zucchero), scolarli e unirli al ragù freddo.
Confezioniamo le arancine:
Prendere una cucchiaiata di riso e metterla sul palmo della mano in modo da formare un incavo dove metteremo un cucchiaio di ragù e, al centro, un cubetto di primosale. Prendere un’altra cucchiaiata di riso e ricoprire molto bene il ragù, facendo attenzione a non farlo fuoriuscire. Formare l’arancina stringendo questo composto con le mani in modo da compattarlo. Passare a pangrattato sempre compattando l’arancina e mettere da parte. Procedere fin quando si esauriscono gli ingredienti.
In abbondante olio bollente friggere le arancine fin quando non saranno ben dorate (il risultato migliore si ottiene con una friggitrice).
Variante:
L’arancina tradizionale l’abbiamo appena descritta, ma un ottima variante è quella, che dalle nostre parti, chiamiamo al burro e che in questo caso assume la forma allungata (simile a una pera) per distinguerla da quella ripiena di carne.
Per prepararla il procedimento è identico, cambia soltanto il ripieno che viene realizzato amalgamando i seguenti ingredienti:
500 grammi di mozzarella tagliata a cubetti
300 grammi di prosciutto cotto tagliato a pezzetti
30 grammi di parmigiano grattugiato
100 grammi di burro.