Non fatevi domande inopportune.
Semplicemente sono stati gli déi a volerlo, non è dipeso dalla mia miserrima volontà mortale.
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« Bom Bom Boom...» il giovane Skirgaard aveva già sentito quel rumore, un suono tordo, ovattato, ciclico, un suono che Frejmar, suo padre gli aveva già insegnato ad evitare durante le poche battute di caccia a cui aveva potuto partecipare, vicino al lago Fiejmar, dirimpetto alla costa ovest:
«Quello figlio mio è il suono dei giganti di Yotunn, esseri enormi, dalla forza spaventosa, adirati con noi norreni, ed implacabili, quando senti quel suono, corri. Alti come montagne e con piedi grandi come tronchi»
Il giovane Skirgaard, nel mezzo del bosco di Bannoch, non dava peso alle parole di quel vecchio padre che ormai stava per scomparire dai suoi ricordi. Assieme a Frelja e Karja, il ragazzo, stava puntando un grosso cinghiale dal pelo maculato, una bestia enorme, avrebbe sfamato quasi metà villaggio, la freccia del suo arco, un costrutto di legno grezzo ma efficace, era puntata sul collo dall'animale.
« A quella distanza Skier, non lo centri di sicuro » - disse con aria trionfale e sprezzante Frelja, la giovane figlia di Osmuund, il fabbro del loro villaggio
« Taci e osserva femmina » replicò bruscamente il seccato Skirgaard
Frelja era una ragazze agile e sveglia, dai lineamenti delicati, eppure decisi. Anni addietro un orso le aveva lasciato una profonda cicatrice sulla guancia sinistra, per mesi i druidi trafficarono attorno al suo occhio. Non lo perse ma la sua faccia rimase irrimediabilmente deturpata. Non gli interessava, amava quella fanciulla dalla spalle ossute e dalle gambe nervose, a volte la chiamava con nomignoli scherzosi come "Okarstinj" - divora orsi. Perché quando quella ragazza aveva abbattuto quel mostro di pelo e zanne che le aveva portato via metà faccia, Frelja lo aveva azzannato, dopo che gli aveva spaccato la testa, colma di ira, mentre ancora la sua ferita sprizzava sangue, come se fosse un mare rosso che s'infrangeva contro uno scoglio, gli altri cacciatori erano impietriti a quella vendetta spietata, anche se avevano visto molte lune e certamente avevano assistito a prodezze di guerrieri e guerriere.
Ricordò i suoi bianchi denti piantati su quel collo peloso, gli occhi di brace, una furia esplosiva, che lui stesso vide solo una volta, in un guerriero berserk della costa nord. Non era un uomo come lui o Karja, era un mostro, un Dreugr delle antiche leggende, un essere fatto di tempesta e furia, non combatteva, stava macellando bestie.
Karja invece era un suo caro amico, un tiratore eccellente, e un pittore straordinario di pelli, era capace di immortalare scene di caccia e di guerra con un tocco unico, piaceva più di lui alle ragazze del villaggio. A volte lo invidiava per questa cosa, ma non lo dava a vedere.
Il suono si fece più vicino, dannatamente più vicino « boom booom boooom » la foresta rimbombava, era un suono minaccioso, ma la foresta era vecchia ed antica. Quei suoni forse erano solo suoni di un temporale che si scatenava all'orizzonte? magari proprio sopra il suo villaggio. Pensò a sua madre e sua sorella, chissà perché. All'improvviso venne colto da una certa nostalgia di tornare a casa. Sul suo giaciglio di strame, magari con una bottiglia di fuoco sottobraccio, buon idromele di ginepro, un focolare, una zuppa di cervo come cena.
Gli anziani avevano proibito a tutti i giovani del villaggio di cacciare nel bosco di Bannoch « È un posto vecchio, non si va in un posto più vecchio di tuo padre ragazzino » Il vecchio Torjian, il driudo più fastidioso del villaggio, li ammoniva spesso con frasi simili « È un posto antico, vi è posto vieto di andarci, non c'è niente per voi »
Schiocchezze. Tutto un mucchio di fandonie. Il Serpente del mondo, Ostramunk, Mjolthir, Thor, Skaargard. Miti, leggende, fantasie. Lui poi non aveva mai visto niente di simile, i druidi erano solo ciarlatani. Suo padre glielo aveva insegnato e già da tempo. Il capoclan e il druido. Devi credere a tutti e due. E non puoi mancare di rispetto alle loro farneticazioni, per quanto possano sembrati assurde o assennate. È uno dei ricordi più gelosi che conservava di suo padre, prima che morisse in circostanze misteriose, durante una caccia, sull'isola di Ard Skellige.
Aveva scoccato la freccia che si era inabissata in un cespuglio a quel pensiero, la freccia aveva mancato di diverse spanne la bestia.
Il suono sembrava più vicino, man mano che i pensieri sfrecciavano nella sua testa.
« te lo avevo detto! » urlò Frelja - «Che freccia sprecata»
Karja amplificò lo scherno ridendo di gusto, un corvo d'improvviso iniziò a gracchiare, volteggiando sopra i tre, sembrò piuttosto macabro a Skirrgaard.
« uh? brutto segno amico, brutto segno, gli déi non sono dalla tua, non stavolta almeno »
« A volte capita...» - replico in fretta il ragazzo mentre inforcava l'arco sulla spalla sinistra
« Ha sentito qualcosa...andiamo a casa che sta diventando buio » commentò il giovane arcere sfortunato. Lasciò cadere ogni ulteriore dettaglio specifico dettatogli dalle sue orecchie.
« Ma che dici? » - tuonò Frelja come un temporale estivo
« Andare dove? A casa? e per quale motivo? Il bosco è nostro! abbiamo provviste e frecce a volontà, questo posto è pieno di selvaggina! sei uscito di senno? »
« Già » - commentò Karja - « Sarebbe un peccato non aprofittarne, questo bosco ha pernici, cinghiali, daini e cervi, è un buon posto per cacciare, un ottimo posto »
L'animale era scappato nella selva, schizzò via come se avesse alle calcagna un predatore più pericoloso della sua pessima mira. A Skirgaard non era sfuggito. Il cinghiale aveva sentito quel suono, lo stesso suono che gli stava trapanando le orecchie, aveva capito che si stava avvicinando qualcosa, no, non era un temporale, non si trattava di una semplice tempesta, aveva già identificato quel suono.
Era il rumore di un dio.
Un dio che combatteva contro qualche gigante?
Avrebbe fatto di tutto per non vedere quello scontro.
O forse sì.
...in conclusione, mano alla scarsella e di corsa a comprarlo, che L'Edda mi sia testimone!