E' un'attitudine profondamente sbagliata e controproducente, che appiattisce sia l'offerta che la domanda videoludica.
Sono perfettamente d’accordo
. In sintesi, è proprio per questa ragione che trovo la lettura di
Max sui voti condivisibilissima a livello generale, ma inapplicabile alla questione
EDGE.
@
FuruPer la questione strettamente numerica concordo ancora una volta con
Bilbo:
Un gioco di qualità media per me dovrebbe prendere 6 o 7 a seconda della qualità. Un gioco che prende 5 è un gioco di insufficienza lieve...
Più in generale, ‘gioco medio di qualità’ non vuol dire un ‘gioco di qualità media’, vuol dire un titolo che non ha il production value di
Gears of War ma che presenta valori propri interessanti (i quali spaziano dall’ambito del design a quello del gampleay) e che lo rendono valido.
Oggi il videogioco è a tutti gli effetti un fenomeno pop, questo comporta da una parte la creazione di titoli ‘major’ dal budget stratosferico, dall’altra l’espandersi di una fascia di prodotti ‘medi’ assai eterogena, sia per personalità che per qualità. Saper selezionare i migliori esponenti di quest’ultima fascia di prodotti e valorizzarne gli aspetti peculiari è il fulcro della moderna rivista di videogiochi. Ricamare fraseggi stilosi su titoli che chiunque è in grado di apprezzare, risulta quantomeno scontato e non è sufficiente a dare autorità e finanche ragion d’essere a una testata di settore.
È lo stesso discorso che si può fare per l’esegesi artistica, quando la pop art ha reso evanescente il confine tra low art e high art, costringendo i relativi critici a ridefinire i parametri e l’approccio alla lettura di un’opera artistica. In questo senso
EDGE è come se applicasse i parametri estetici e critici del Vasari alle opere di un Lichtenstein o di un Pollock. I connotati dei prodotti e la loro qualità sono in intimo rapporto con il mutare dei tempi e dei lineamenti del settore mediatico in questione, la loro lettura critica, quindi, si deve appartentare con questi cambiamenti. A livello di comprensione dell’attuale panorama videoludico,
EDGE è assai dietro a realtà come
Destructoid o
Kotaku.
Tra l’altro, non è assolutamente una questione di vedere la mia passione confermata.
Shadows of the Damened è il primo esempio che mi è venuto in mente (e anche uno dei più calzanti per il discorso che sto facendo, visto che “
Shadows of the Damned is a kick to the nuts of convention” Cfr.
Kotaku), ma ci sono anche i casi di
The Witcher 2,
Alice Madness Returns,
Mortal Kombat,
Dead Island e manciate di altri titoli ad attestare la desolante piattezza e l’anacronistica prosopopea accademica di
EDGE.
Se tra i titoli citati trovi che ci sia un legame ‘stilistico’, può anche essere, in quanto sono tutti prodotti che ho giocato e di cui, altresì, posso parlare con
cognizione di causa. Tra l’altro, non è che su alcuni di questi prodotti mi sia sperticato in lodi, ci sono le prove scritte a tal proposito, però trovo ugualmente che
EDGE non li abbia trattati professionalmente.