Per la natura stessa dell'argomento, non mi sembra possibile discutere della lunghezza di un videogico senza considerare i fattori di lui il concetto stesso di longevita è permeato.
Il numero di ore di fruizione non è mai proporzionato alla longevità del gioco. Anzi, volendo fare una analisi più profonda, nella pratica è quasi sempre vero l'esatto opposto.
Personalmete preferisco le 5-6 ore di ICO, alle decine di ore di gioco proposte da uno degli episodi della "Popputa Donzella".
Sull'argomento, a suo tempo, inviai una missiva a SPC, che fu prontamente e gentilmente pubblicata.
Sull'argomento SAVE POINT, rifacendomi alla discussione in corso ed a quella leggibile nel forum del n.004 di VG, ho da dire che "la sindrome del PCista viziato" esiste davvero. Non è una questione di tempo libero.
Concordo con chi sostiene che la possibilità illimitata (temporalmente e quantitativamente) di salvare la propria partita è in linea di principio contraria alla fruizione stessa del VG. La struttura e l’impostazione del gameplay di qualunque genere videoludico sono assolutamente inconciliabili con tale facoltà.
Si obietta a tale assunto, la necessità di evitare il tedio del giocatore, obbligandolo a “ripercorrere” ed affrontare passaggi del gioco già risolti.
Secondo me invece, concedere la possibilità di freezare i propri progressi secondo per secondo sono indice di una scarsa pianificazione delle meccaniche di gioco da parte dei programmatori. Non avrebbe senso infatti inserire nel gioco tale possibilità ove il game play permettesse di affrontare in modi diversi i medesimi passaggi...
Come potrebbero i giocatori esplorare la vastità, la complessità e le innumerevoli possibilità offerte da scenari progettatti in maniera sapiente, se al giocatore fosse concesso di "imbocare un sentiro" e percorrerlo centimetro per cntimetro avendo la possibilità di ritornare a piacimento al centimetro precedente ?!?
E’ possibile fissare un principio: Il numero di SAVEPOINT utilizzabili è inversamente proporzionale alla qualità dell’esperienza ludica, ove per qualità si intenda la profondità di gioco e delle meccaniche che lo governano.
I desiger più sapienti sanno adattare questo princio all'esigenza di evitare il più possibile la frustrazione sopraffagga il giocatore.
Ovvio che i punti di salvataggio sono parte integrante del videogioco, e che ogni gerere videoludico ha necessità di salvataggio diverse, ma qui, per evitare incomprensioni, si vuole additare in maniera assolutamente negativa il “salvataggio selvaggio”...
Vero è che i videogiochi che non contemplano tale feature possono spesso risolversi in esperienze frustranti, ma mi permetto di far notare che forse tali titoli risulterebbero altrettanto poco appetibili anche con la presenza del quick save.
A mio personale giudizio è distorto e male individuato il punto di partenza della discussione. Il SAVE POINT non dovrebbe essere considerato un elemento integrante dell’esperienza ludica, ne tanto meno un aiuto più o meno indiretto al videogiocatore; si dovrebbe considerare il punto di salvataggio nel suo senso letterale: un momento di pausa.
E’ assolutamente sbagliato e fuorviante considerarlo un’ancora di salvataggio.
Per tale ragione - e vengo all’oggetto del topic dopo aver corso il rischio di un richiamo per OT - parlando della longevità nei videogiochi non riesco a comprendere come il quick save venga puntualmente tirato in ballo e considerato come parte integrante della esperienza ludica. Non è così.
Vorrei farvi notare che per la stessa ragione per cui in un Winning Eleven qualunque no è contemplata la possibilità di salvare una partita se non alla fine della stessa, non dovrebbe essere consentito il quick save in qualunque altro gioco, se non alla fine della sessione.
Almeno in qualunque altro gioco che volesse mettere in mostra la bontà del suo concept, la libertà concessa al giocatore nell’affrontare gli ostacoli e la plausibilità (seppur in un mondo di fantasia) delle situazioni proposte al giocatore.
L’obiezione del poco tempo a disposizione, dovrebbe quindi essere indirizzata sulla lunghezza delle sessioni proposte dal testo ludico e dal gameplay e non invece sulla necessità di avere in tutti i tipi di giochi l’opzione per il quick save.
Così facendo, infatti, ho l’impressione che si spinga le software house a produrre sempre più giochi per lobotomizzati, piuttosto che per adulti con poto tempo libero.