Sìsì, per il Silmarillion hai assolutamente ragione, parlavo del Tolkien di LOTR e dell'Hobbit.
Per il resto, la formazione di Tolkien è squisitamente classica, di profondi studi di latino e greco e opere connesse, per poi passare alle lingue germaniche, finnico, gotico oltre, ovviamente all'inglese antico. Fu estremamente immerso nell'epica di cui conosceva a menadito ogni espressione letteraria ma di cui rifiutava le accezioni militari, la violenza, il sesso e il senso del tragico che accompagna l'epica classicamente intesa. Lui stesso parla (nella corrispondenza con Lewis) di una certa difficoltà nel coniugare il senso del fantastico che lui ricercava in ogni cosa con la malvagità esercitata dall'idea stessa di conflitto, vendetta e violenza. E da qui all'idea di focalizzarla in una forza impersonale che attingesse al concetto cristiano di malvagità come causa di affezione e successiva disposizione negativa all'azione. Una soluzione senz'altro valida per adattare il contenuto delle proprie fantasie ai figli. Per questo si percepisce il suo disinteresse (e talvolta anche difficoltà) nel presentare momenti narrativi strettamente legati a questioni più delicate o tecniche. Difatti egli stesso afferma che per lui l'epica consiste nell'esercitare il proprio potere sui condizionamenti della storia, attraverso lo straordinario e l'inaspettato, fino all'opposizione stessa. Cioè eroico, come si potrebbe dire di Frodo rispetto alla propria natura. Ma avendo declinato il suo mondo (successivamente risucchiato nel fantasy o il contrario, a detta di molti) alla stregua di un medioevo figurativo di guerrieri, maghi, streghe, cavalieri, cultura celtica e norrena, in cui ogni aspetto della storia umana è riletto e riproposto in chiave fiabesca, Tolkien decide di rimuovere molti elementi classici legati a queste tematiche presentando una narrazione più soft e drammaticamente topografica. Poi insomma, il dramma dell'appassionato di Fantasy consiste proprio nell'accettazione che si tratta sempre e comunque di suggestioni tratte dalla nostra umanità, dalla nostra geografia, dalla nostra storia semplicemente riproposti in altra veste. Sia lo stile narrativo che il carattere della narrazione non rendono la morte di Gandalf epica rispetto a quella di Patroclo oppure delle gesta di Beowulf. Perché potrà anche aver creato il suo fantasy ma dai classici pesca, in lungo e in largo, come dimostra la sua storia personale.
Poi guarda, ti direi lo stesso di un Martin, che, a prescindere dalla qualità delle "Cronache", secondo me una spada affilata non l'ha vista mai.
E tutto quello che ne consegue.