Il pomo della discordia di Dread infiamma anche TFP, molto bene.
Ho segnalato il mio poco gradimento per la soluzione adottata dal team a più riprese nel corso dei TFP Awards. Ma al netto del gradimento, strettamente personale, direi che la questione vada sviscerata un attimino.
I metroidvania, come qualunque altro gioco a mappa labirintica interconnessa ad apertura progressiva, soffrono di un dilemma: come dare al giocatore sempre più aree da esplorare, metterlo in condizione di unire i puntini tra una abilità acquisita e un gate da aprire, senza che il giocatore si perda per davvero e patisca la frustrazione del girare intorno a vuoto? Chiamiamo questo problema, per semplicità, il "Dilemma di Metroid".
Partiamo da Super, il paradigma di riferimento dei Metroid-like e Metroidvania tutti.
Super usa i celeberrimi clue visivi delle abilità mancanti e una serie di vicoli ciechi per dire al giocatore "
qui ti manca qualcosa" e per incanalarlo nella giusta e sola direzione praticabile. E quando dico "incanalare", intendo passaggi che come in Dread, impediscono di tornare indietro, oppure di risalire sopra quando il gioco ti "forza" a cadere. Una buona metà di Super blindava letteralmente il giocatore in aree strettissime per forzarlo verso il prosieguo ed impedirgli di perdersi.
La svolta arriva dopo il primo tour di Zebes, quando il level design, una volta acquisiti Bomba e Ice Beam, riporta il giocatore alla nave iniziale. Da lì il gioco si apre vorticosamente, nel senso che un mare di stanze, prima chiuse, diventano ora accessibili. In aggiunta, per ogni abilità acquisita, si rendono disponibili svariati punti di apertura ulteriori della mappa, talvolta anche molto ben distanziati gli uni dagli altri, in cui abbattere gate e avanzare.
Mano a mano che il gioco si apre, al giocatore verrà richiesto di unire i puntini, riconducendo un'abilità trovata in un punto ad un gate ben distante.
In questa seconda metà dell'avventura, il level design non incanala il giocatore su dove la ricongiuzione abilità-gate debba avvenire, ed è un bene perché ciò equivale a non precludere altre direzioni esplorative, ma allo stesso tempo è abbastanza clueless su dove la ricongiunzione "fondamentale" debba essere operata. Dico "fondamentale" perché ci sono ricongiunzioni più importanti di altre, perché che al giocatore non viene dato modo di andare a caccia dei boss liberamente come accade con i 4 Lords di un Dark Souls. Esiste il sequence breaking (spesso unintended), ok, ma esiste altresì una sequenza preferenziale verso cui il gioco instrada e che verosimilmente sarà quella percorsa da tutti in prima run. Ciò significa che il giocatore può realisticamente perdersi e spendere minuti a girare con la sola soddisfazione di raccattare, se va bene, una manciata di serbatoi salute/missili.
Quindi abbiamo i seguenti problemi:
1) poca chiarezza su come proseguire un'avventura che è in realtà a senso unico ma pretende di svolgersi in una mappa parzialmente aperta;
2) crollo del ritmo nel caso in cui ci si perda, specie a confronto con le fasi in cui il gioco ti incanala e dove si viene perciò viziati da un flusso ininterrotto di scoperte e acquisizioni di abilità;
3) mancanza di rewards sufficientemente golosi da compensare il tedio e la frustrazione da perdizione.
Quindi, non credo che Super abbia risolto il Dilemma di Metroid, ma ha centrato un compromesso tra il rischio (piacere?) di perdersi e una mappa non spudoratamente costrittiva, che la maggior parte dei giocatori ha reputato accettabile e che lo ha consegnato alla storia.
Poi arrivò il gioco che stravolse le regole della formula, quella pietra miliare che va sotto il nome di Symphony of the Night, a cui si possono imputare vari altri difetti (e noto che alcuni revisionisti sul web si danno particolarmente da fare in tal senso
, anche se molto più spesso di tratta di spocchiosetti metroidvanisti dell'ultima ora, che no, troppo facile sentenziare oggi, ma dovevate esserci nei 90' quando Igarashi spaccava il cervello con soluzioni senza paragoni).
Ora, non credo che SOTN abbia davvero risolto il problema 1 di cui sopra, ma ha sicuramente lavorato tanto sul punto 3: perdersi in SOTN non equivale davvero a mandare in pausa la progressione, perché esplori percorsi alternativi, looti, fai level up, trovi poteri/mosse e pure boss opzionali. In altri termini, il giocatore è bombardato da rewards da esplorazione di ogni forma e tipo che direttamente risolvono il punto 2, ossia il crollo del ritmo da scarso senso di progressione, e che mitigano la percezione del punto 1. Una lezione di game design fondamentale e su cui altri avrebbero poi costruito/rielaborato (Dark Souls e Hollow Knight, solo per citare quelli con maggiore riconoscimento sulla scena odierna).
Metroid nel frattempo, a mio avviso, si è chiuso a riccio rispetto alle sperimentazioni della concorrenza, come pure accaduto a Zelda fino a BOTW, il che ha avuto i suoi pro e contro. Il pro è che per un verso Metroid è rimasto così distinto dalla ricetta Igavania/Metroidvania, da farsi porta-bandiera di un segmento a sé stante, i Metroid-like. Dall'altra, la pulsione di Sakamoto di realizzare in prima battuta un action-game, ha portato ad affrontare il Dilemma di Metroid nei modi più antipatici dal punto di vista di certa (non tutta) l'utenza.
Se il mondo vira verso l'esplorazione, e tu te ne esci con una roba blindata e lineare come Fusion, titolo quasi antitetico a Super, significa che davvero te lo sei andato a cercare il biasimo della fragia più integralista della tua fanbase.
Ma non sarebbe finita lì, con uno Zero Mission che avrebbe affrontato il Dilemma di Metroid piazzando, brutalmente, il marker sulla mappa (ferma la possibilità, talvolta, di arrivare a quel punto da più vie) e risultando in definitiva in un'esperienza agli antipodi rispetto all'idea di mondo ostile e difficile da decrittare del gioco di cui vorrebbe essere il remake, Metroid 1 (che poi Metroid 1 fosse quello che era anche per la rudimentalità delle meccaniche, per l'acerbità della formula, e per la mancanza di mezzi visivi per rendere ben distinguibili le sezioni dei livelli, quello è un altro discorso).
Glissiamo sulla parentesi Metroid 2 Remake, sicuramente castrato dal materiale di partenza, ma che tutto sommato, all'interno di una stessa area, ricordo essere spesso meno indotto e costrittivo di Dread, con possibilità di raggiungere prima o dopo svariati punti e percorrere strade alternative per arrivare ad uno stesso traguardo.
E si arriva così a Dread.
Dread all'inizio è un Super estremizzato nella quantità (e occasionalmente nella sgraziataggine) di passaggi incanalanti, e con hint molto più "in faccia" per individuare la linea tratteggiata che i designers vogliono che seguiamo: non si sfocia mai nel marker palese di Zero Mission ma, tra che la mappa traccia le abilità da acquisire e tiene in memoria i gates color/ability-coded, tra che il level design tiene vicini tra loro questi punti di interesse e piazza qui e lì delle farfalline a confermare che "
sì, stai andando nella direzione giusta", il gioco offre un hand-holding invisibile che, come detto da molti, tanto invisibile non è.
Tuttavia, terrei ben distinto questo approccio dall'esplorazione "guidata" propriamente detta, tipica dei giochi con marker o bussola. Se devo individuare degli hint visivi, riconoscere dei pattern e al contempo rapportarmi ad una mappa che traccia punti di interesse e gates, significa che mentalmente sto facendo un lavoro di unire i punti, che potrà essere più intuitivo per dei giocatori, meno per gli altri.
Esiste la possibilità - e a me è capitato - di deviare dalla linea tratteggiata per raccogliere serbatoi e finire col perdere di vista le sequenza di "briciole di Pollicino" (mi pare Panda usasse questa espressione, che trovo perfettamente calzante). Esiste la possibilità - e a me è capitato - di sperimentare in certi punti in cui il gioco si apre maggiormente, e qui è possibile imbattersi in taluni dei sequence break intended, o comunque aggiudicarsi anzitempo piccole conquiste (esempi: molti puzzle Shinespark possono essere risolti in più modi, quindi in teoria anche prima di avere aperto tutte le stanze utili a pennellare il percorso ottimale; il Super Boost è utile per attraversare anzitempo alcune zone ghiacciate, a patto di avere abbastanza salute per reggere; ecc.).
Ora, bisogna tenere presente che non tutti hanno giocato tutti i Metroid, non tutti hanno giocato vari Metroid-like/-vania, e non tutti si sono fatti un ripasso della serie giusto pochi giorni prima di Dread. Quindi, scandire in maniera inequivocabile la linea tratteggiata ha perfettamente senso dal punto di vista di un game designer, in quanto il designer DEVE essere in grado di mediare tra più tipologie di utenti, dando metodi di indagine all'interno del gioco stesso anziché fare affidamento sul pregresso background dell'utenza. Poi sì, per certi segreti ha senso parlare direttamente ai veterani, e il gioco questo lo fa chiaramente in almeno due momenti: nella boss fight con Kraid e in quella con Escue, dove le caratteristiche fisiche del boss chiaramente dicono "
Ehy, vedi questi boss... Hai capito, sì, cosa avresti potuto fare se solo avessi avuto quella abilità storica che al momento ancora non hai? Hai capito dunque che avresti potuto ottenere l'abilità prima di arrivare qui?".
Il problema di Dread a mio avviso non è la linea tratteggiata, è la pochezza di opzioni per divergere dalla stessa. Ci sono, ripeto, momenti dove il gioco da maggiori opzioni, per esempio subito dopo l'ottenimento del Grapple Beam, della Morfosfera e della Bomba, ma non c'è mai un momento a la Super, come la chiusura del primo giro su Zebes in cui il gioco chiaramente ti dice, "
Ok, sto allentando i legacci, preparati ad essere inondato da una marea di opzioni esplorative". Da qui la costrizione. Da qui la frustrazione. Da qui l'amplificato senso di linearità, che culmina nella sottovalutazione delle capacità cognitive del giocatore quando il level design ti piazza appena fuori dalla stanza dove hai preso l'abilità il Teletrasporto, ti blocca nella stanza del Teletrasporto in questione, e letteralmente ti manda coattivamente ad unire i puntini dove devi.
La conseguenza è che anche il
cognitive load domandato al giocatore si abbassa drasticamente e quindi il giocatore navigato (diverso per il giocatore medio o neofita) non si sente mai davvero sfidato dal gioco sul piano esplorativo, né proverà mai particolare sense of accomplishment su questo fronte.
Se Dread, al netto dei sequence break, avesse concesso al giocatore un pochino prima certe abilità o, all'opposto, avesse relegato meno gates all'ottenimento di Space Jump e Gravity Suit, staremmo parlando definitivamente di un altro gioco. Ma forse non del gioco che Sakamoto e i Mercury Steam intendevano realizzare. Guardiamo un attimo a dove gli sforzi sono stati profusi e a cosa il gioco offre, anziché a ciò che avremmo voluto offrisse.
Dread mostra da subito una evidente focalizzazione sul miglioramento dei controlli e in particolare della declinibilità di Samus in ottica offensiva. In nessun Metroid si combatte anche solo lontanamente bene come in Dread.
Guardiamo ancora a come il gioco capitalizza su questo focus. Se Super, nella seconda metà, letteralmente si apre in termini di esplorazione grazie alla moltitudine di stanze che si rendono accessibili, Dread, in maniera antitetica e speculare, dal momento del risveglio dei parassiti, intavola un'escalation di azione che alterna con una frequenza senza precedenti per il corso 2D della saga boss encounters, mini-boss e gli ultimi due insidiosi EMMI del gioco. Possiamo discutere di come queste cose siano realizzate, possiamo discutere della ridondanza di certi encounters, ma negare il cambio di focus equivale davvero a forzare una personale lettura su un'opera - bella o brutta che sia, non sto entrando nel merito - che chiaramente ti urla in faccia altro. E se mi dite che una struttura più aperta non necessariamente avrebbe precluso l'abbondanza di azione, è anche vero il rischio/piacere di perdersi e vagare nel nulla o quasi, che è al centro del Dilemma di Metroid, non avrebbe reso altrettanto scontato assicurare il flusso di adrenalina che Dread innesca.
Io ho sentito molte lamentele su Dread, ma d'altra parte ho osservato un consenso pressoché unanime sul fatto che il ritmo con cui Dread inanella l'ottenimento di un'abilità, l'apertura di un gate, poi un EMMI, poi un mini-boss, poi un'altra abilità, poi un big boss, e così via, è davvero vorticoso ed assuefante. Sono genuinamente convinto che se si potesse osservare cosa chimicamente accade nel giocatore quando gioca Dread, si scoprirebbe l'attivarsi di un flusso di adrenalina che droga il fruitore che gli fa dire "
ne voglio ancora", e così avanti di conquista in conquista. Non ho conosciuto praticamente nessuno, detrattori inclusi, che non abbia sbranato Dread in pochi giorni. E molti, insoddisfatti inclusi, hanno bissato con una o più run.
Penso che se raggiungi un risultato del genere, qualcosa dovrai pure averla indovinata nel punto di equilibrio che hai inseguito e nel focus che ti sei dato, a prescindere che questi scopi coincidano con quello che il giocatore avrebbe voluto trovare nel tuo lavoro.
Long story short:- non credo che Dread abbia risolto nella materia più elegante possibile il Dilemma di Metroid, perché semplicemente limita l'area esplorabile di gate in gate;
- Dread sottostima in una misura che a molti veterani potrebbe risultare antipatica la capacità del giocatore di gestire il cognative load;
- alla luce della quantità inusitata di contenuti action-based, l'incanalamento ha se non altro come effetto positivo la costruzione di un ritmo diverso da, e non meno interessante di, quello offerto da altri Metroid, Metroid-like e Metroidvania (praticamente un polo opposto rispetto al dilatato, contemplativo e letargico Hollow Knight);
- dimostra competenza e consapevolezza rispetto alla propria componente prestazionale, e sceglie di edificare coerentemente intorno ad essa;
- Dread è telefonato ed eccessivamente autoreferenziale nella misura in cui i nodi abilità-gates sono i soliti della saga, senza invenzioni che rendano il tutto più originale e interessante da scoprire.
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Ora, consentitemi una nota polemica di chiusura
Non posso fare a meno di osservare che ogni volta che esce un titolo di una certa importanza, accade che taluni che hanno criticato certi aspetti aspetti in determinati giochi, si calano le braghe di fronte al neo-pubblicato oggetto di culto nonostante quegli stessi aspetti siano presenti. Tali altri, che invece hanno glissato o finanche difeso certi aspetti in determinati titoli, sviluppano invece un accentuano un certo punta-al-cazzismo rispetto al titolone del momento.
Non sto alludendo a nessuno di questo forum in particolare, anche perché non ho fatto retroreading dei due titoli che andrò ad usare come esempi... Ma appunto, trovo sconvolgente che in giro:
- si plauda incondizionatamente la saga di Guacamelee (e a me Guacamelee piace) che è il Metroid-like più fintamente metroidiano in giro;
- si faccia la punta al cazzo alla linea tratteggiata di Dread quando un Control fa esattamente la stessa cosa coi coni da purificare, i corridoi in cui la deformazione dello scenario ti vincola, "cartelli di direzione" e la vagonata di elementi in "giallo" di stampo Naughty Dog (teli, ringhiere strisce, whatever), quasi forzati nella composizione visiva, che insistentemente tengono per mano il giocatore. E nonostante questo i designer hanno così poco fiducia (decidete voi se nel giocatore o nella ridondante e male interconnessa costruzione ambientale che hanno realizzato), da avere offerto marker attivabili ed essere intervenuti sulla criticatissima mappa con patch correttiva. Però, oh, è Remedy, best third person shooting, quindi tutti a casa contenti.
Cioè, o il cazzo lo rompiamo a tutti i giochi o non lo rompiamo a nessuno
Tollerare la pezzenteria di alcuni giochi per poi fare la punta al cazzo ai nei di opere con un game design decisamente più impegnato ed efficace, mi porta a trarre la conclusione - questa sì applicabile a tutti noi del forum, me compreso - che un buon 90% delle nostre opinioni sono mere proiezioni delle nostre aspettative. E per carità, concordo che l'etichetta di capolavoro solitamente venga attribuita a qualcosa che le aspettative è in grado di sorpassarle o addirittura sovvertirle per il meglio. E infatti, restando su Metroid, credo che la saga consti di un solo e vero capolavoro, rapportato al tempo: Super. Al massimo, ma esiterei parecchio prima di sostenerlo, si potrebbe considerare Prime 1, anche se...
Nota a margine:“
One of my core philosophies is: I wanna let you run past many gates you’ll open in the future, but I don’t want you to see them. I think it's a mediocre design choice if you see all the future problems and then start speculating about which ability you will get later on to overcome it. You all know that feeling, I’m sure.”
Di chi è questa citazione? Non ho di idea di chi abbia detto questa cosa, ma anche l'avesse detta Miyamoto in persona, gli farei una pernacchia perché:
1) allorché si parla di avventure gadget-based la stragrande maggioranza di ciò che lì fuori è considerato buon game design si basa su gates/problemi principali resi memorabili da un particolare visivo di una certa portata, perché questo aiuta il cognitive load del giocatore, permettendo da dividere i ricordi relativi ostacoli minori da quelli relativi agli ostacoli maggiori;
2) Zelda e la saga di Metroid tutta si basano esattamente sulla logica di cui al punto 1, antitetica alla roba di cui alla citazione, e come loro praticamente tutti gli adveture basati su chiavi, serrature e gadget che in media godono di buona considerazione.