B) La disputa sul Pegi non mi è piaciuta, semplicemente perchè Vito è partito da un punto di vista sbagliato cioè Pegi=Difficoltà. E mi è sembrato che si sia un po'troppo incaponito in un discorso in cui era chiaramente sprovvisto di troppe informazioni per poterlo portare avanti.
Come dice Dan, qualcosa non deve essere andato a segno. Io Pegi=difficoltà non l'ho mai detto. Ho detto invece, Coraline ed Harry Potter (+12) in mano, di aver pensato al Mediaworld che la difficoltà di un gioco rientrasse nei criteri del pegi. Ma già prima della puntata me l'ero andato a controllare e il discorso era indirizzato proprio sulla stranezza di un film adatto a tutti e un videogioco adatto ai +12. Poi Paolo mi ha interrotto nel mezzo, capita, e probabilmente è sembrato che volessi dire l'opposto.
Ma il discorso principale, e quì non è che ci volessero chissà quali informazioni, è proprio quello descritto da Dan. Nella discussione, però, mi è parso di essere stato ben compreso alla fine. Il punto è semplice semplice: come si possono giustificare dei criteri tanto severi da parte delle software house che si autocertificano? Logica vorrebbe l'opposto, ovvero che l'autocertificazione fosse a tutto vantaggio di chi i videogiochi li fa! Invece la compilazione di un modulo standard mette sullo stesso piano prodotti parecchio diversi tra loro! Perchè alle software house sta bene tutto ciò? Perchè, e questa è la mia risposta, sanno benissimo che il PEGI non influenza le vendite. Sanno benissimo che Prototype finirà sulle torrette nei centri commerciali e che i genitori non sapranno leggere quel numero in copertina (colori compresi, a mio avviso ancora poco chiari), quindi sticazzi. Culo parato e dindarolo salvo.
Il paragone con il cinema era altrettanto chiaro. Una limitazione ai botteghini di danni ne fa parecchi, e col cazzo che chi distribuisce i film le prende sottogamba.
Quindi spiegami quali erano le informazioni che mi mancavano per criticare un sistema monco e di facciata come il Pegi.